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mendatore e la signora Marulli, passavano nel salottino accosto per prendere la solita tazza di thè e latte.
A un tratto, Giacinta cessò di suonare e piantò in viso ad Andrea quel paio di occhi scintillanti che erano la sua bellezza.
— Che pretende il capitano? — domandò Andrea seccamente.
— Nulla — rispose Giacinta, senza cessar di fissarlo.
— T’ama, te lo ha detto!...
— Sta bene. Vorresti impedirglielo?
Andrea si rizzò sulla persona come morso da un serpe.
— Per carità, non farmi scene!
E così dicendo, Giacinta lo aveva preso per una mano e gli scuoteva un po’ il braccio.
— Ho forse torto?
Andrea le si accostò col viso al viso, rabbiosamente:
— Voleva sentirselo dire in faccia, se lei ne aveva il coraggio!
— Sì — rispose Giacinta, rimanendo imperterrita, a fronte alta.
Per alcuni momenti stettero immobili, silenziosi, guardandosi fisso.
— Dunque sposiamoci! — disse Andrea risoluto. — Vo’ metterti con le spalle al muro, sbugiardarti con la prova.
— Impossibile! — rispose Giacinta, abbassando il capo.
— Ecco, dunque! Sposerai lui!
— Nè te, nè lui.
— E tu m’ami?