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— Nulla, babbo — rispose Giacinta frenando a stento le lagrime — Tu lo sai bene... la mamma!

E si sforzava di sorridere.

III.

Quella figliuola venendo al mondo, non avea fatto gran piacere alla sua mamma. Infatti essa n’era presto sbarazzata, dandola a balia in campagna e andando a vederla il meno possibile.

Nella rare visite, anticipatamente annunziate, la signora Marulli trovava la bambina lavata, pettinata, ravviata di tutto punto, con la biancheria di bucato; e le bastava. La toglieva in braccio, la baciucchiava, le faceva un po’ il solletico sui labbrini e sul mento per vederla ridere; poi la rendeva alla balia o la metteva in culla ella stessa.

La Marulli arrivava lassù sempre accompagnata ora da uno, ora da un altro signore che chiamava cugino.

— Muta cugino quasi ogni anno! — diceva la balia, sorniona, a quell’altro sornione di suo marito.

Dopo la corta visita, la signora Marulli e il cugino si perdevano pei campi, fra gli alberi, fra le macchie, e tornavano alla cascina sul tardi. Allora ella dava in fretta un paio di baci freddi alla bambina, montava in carrozza col cugino, e nemmeno affacciavasi allo sportello partendo.

Anche quando arrivava lassù col marito, il cugino non mancava mai per la passeggiata pei campi. Il signor Marulli rimaneva alla cascina, a cullar la bimba, a dondolarsela fra le braccia, attaccando discorso col marito della balia, raccontandogli tutte le faccende di casa sua: