Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 31 — |
— Con tutta l’anima!... Ma è un’altra cosa, Dio, mio!
— Chi ti capisce?
Giacinta fece una mossa di dispetto.
— Mi tormenti per capriccio! Non può essere altrimenti. Tu sai che io non mento — ella aggiunse; — ti ho detto che t’amo; sei il solo a cui l’abbia detto; non lo dirò a un altro, sta sicuro!... Ma t’amo a modo mio... Lasciati amare così; non tormentarmi!
A quella dolcezza di voce che contrastava coll’altiera fierezza degli sguardi, Andrea, un po’ rabbonito, rispose:
— E l’avvenire?
Giacinta stese un braccio sul leggìo, vi posò la testa in atto di abbandono e chiuse gli occhi un istante. Andrea l’osservava, ansioso, con le labbra inaridite.
— L’avvenire? — ella disse, come destatasi da un breve sonno. — L’avvenire è... che t’amerò sempre!... Che non posso, intendi? nè voglio amare altro che te! Ma è appunto per questo, intendi? che non saremo mai sposi!... Lasciati amare così, a modo mio. Non tormentarmi!
Andrea si sentiva vincere da quella voce carezzevole, insinuante. Ma che significavano tali parole in bocca ad una ragazza da cui appena gli era stato permesso, di furto, qualche bacio sulle dita?
Non riusciva a capirlo.
— E dopo? — insisteva.
Giacinta si era fermata a riflettere.
— Dopo?... Oh, no! no! — poi disse, tristamente. — È impossibile; no! L’uomo non è mai generoso. Dimenticare, perdonare non è per lui... Ver-