Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 24

N. 24 - 16 giugno 1872

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[p. 197 modifica]JAI LA N O -Ajsrisro xxvn. ^r. 2 a 16 GIUGNO 1872 PIB.ETTOP.E GIULIO RICORDI REDATTORE SALVATORE FARINA SI FEBBLICA OGNI DOMENICA IL FAUST DI GOETHE E LE SUE TRADUZIONI MUSICALI V. IL FAUST DI GOUNOD Prima del Faust di Gounod regnava felicemente il Faust di Spohr. Costui deve al maestro francese la dimenticanza che ha seppellito la sua creatura. La cosa è logica e giusta, per quanto possa parere crudele; anche il Barbiere di Rossini fece dimenticare i Barbieri di Paisiello e di Morlacchi, e la Giulietta e Romeo di Vaccai sfrondò gli allori della Giulietta e Romeo di Zingarelli, e i Caputeti e Montecchi di Bellini posero in oblio l’opera di Vaccai (1), e la Vestale di Mercadante seppellì quella di Pacini, ed è facile moltiplicare gli esempi di simili detronizzamenti artistici, provando dopo tutto che ciò non torna punto a disdoro degli artisti, ma che è una necessità del tempo. — Pur troppo anche i lavori d’arte invecchiano; la prosa, la poesia, la pittura e perfino la scultura^ hanno modelli antiquati; la musica, meno soggetta a norme fìsse del hello, più capricciosa e fantastica delle sue sorelle, è nel dominio del tempo più di tutte. Ci può essere una musica di moda meglio che un’arcadia di moda in letteratura o un colorito di moda, in pittura, meglio che un realismo di forme o uno spiritualismo scultorio di moda. Il Faust di Spohr aveva saziato il pubblico, il Faust di Gounod era il nuovo venuto; aveva meriti intrinseci grandi, bellezze di forma seducenti, più il fascino della gioventù e della freschezza che mancava all’opera incadaverita di Spohr. E poi Gounod prese l’argomento del Faust tal quale, e se non lo tradusse intero musicalmente come intendeva Schumann, fu per adattare la sua opera alle esigenze della scena; ma anche colle mutilazioni riputate (1) Meno la scena finale, che anzi si sostituisce a quella di Bellini nelle rappresentazioni. indispensabili dai librettisti, Goethe vi respira ancora per entro, vi è ancora la sua impronta, vi balena ancora il suo pensiero; e il contrasto della vacuità della scienza e dell’onnipotenza dell’amore, e il paradiso del cuore che si apre sotto i passi di una creatura infernale, e il problema terribile della vita, tuttociò, sebbene rimpicciolito, è rimasto nella tela musicale del compositore francese. Al contrario di quel che aveva fatto Berlioz, Gounod lasciò prevalere l’elemento affettuoso nella sua musica; il fantastico si raccoglie tutto nella figura sinistra di Mefìstofele, ma il drammatico ha dei momenti grandiosi, tali la morte di Valentino e la scena della cattedrale. Considerata la musica di Gounod come l’interpretazione del poema di Goethe, certo rimane infinitamente al di sotto del modello, ma considerata prima di tutto come opera scenica è una delle meglio riuscite del moderno repertorio, e il suo successo è incontrastabilmente legittimo. Quando nel 1862 Milano ascoltò per la prima volta questo lavoro che aveva già conquistato l’approvazione in Francia ed in Germania, se pure si udì qualche nota discordante., le accoglienze del pubblico e della critica furono un coro di elogi. Si disse per altro che Gounod non vi appariva con una fìsonomia propria, ma aveva amalgamato le diverse scuole, e lo si incolpò di aver fatto una concessione al gusto dei vari paesi per assicurarsi il successo. Questo biasimo, se non andiamo errati, è la sua lode migliore. Prima di tutto un lavoro che deve vivere sulla scena, che deve rivolgersi al pubblico e piacere alle masse, non è un trattato nè una rigorosa esposizione di principi!, destinati a crescere proseliti a questa o quella scuola. E poi si ha torto di credere l’eccletismo in ogni scienza biasimevole. Tale sarebbe quando fosse provato che il vero ed il bello appartengono ad una sola scuola, e che le scuole avversarie insegnano assolutamente l’errore; ma ciò se è sostenuto a spada tratta dai partigiani d’o’gni scuola, anzi appunto perchè è sostenuto per proprio conto da ogni scuola, deve essere rifiutato dal buon senso. E forse la filosofìa, la scienza, l’arte, la musica che s’industriano a raccogliere il bello ed il buono dovunque lo trova sono le più oneste e le più meritevoli di tutte. Si badi se la scelta fu ben fatta, ma non si domandi di più, e per quel che [p. 198 modifica]200 GAZZETTA MUSICA LE DI MILANO tocca l’arte scindagli! se l’indifferenza pella scuola francese o tedesca od italiana, non ha cancellato anche l’individualità dell’artista, che è ben altro, ma non si faccia colpa a chi, potendo essere francese, italiano e tedesco insieme, non scelse di essere cittadino di una sola nazione. Ora Gounod ha nella sua musica fuso felicemente le varie scuole; la meno accarezzata è l’italiana; ma la melodia abbonda, e se ha ritmi e andature qualche volta manierate, obbedisce però sempre all’ispirazione e non mai alla tormentosa ricerca di effetti strani, che, a dire di molta buona gente, è il non plus ultra dell’arte. L’opera di Gounod è prima di tutto pregevole perchè la musica si mantiene fedele alle situazioni; il duetto tra Faust e Margherita è una pagina d’amore inebbriante; la scena delle croci è l’espressione d’un terrore religioso pieno di solennità, i canti di Margherita passano dall’ingenuità leziosa della fanciulla alla passione dell’amante, al pentimento della colpevole. I pezzi caratteristici sono molti; cito la canzone Dio delVor, i bellissimi cori della Kermesse, lo stupendo walzer, il coro dei soldati, la serenata di Mefìstofele e la scena della morte di Valentino, dove il dramma musicale ha contorni giganteschi. Insomma è scenicamente un lavoro bellissimo. Il signor Jullien, che prende ad esame quest’opera rimprovera a Gounod di non aver osato abbastanza, e dice che, a costo di far gridare il mondo e la critica, egli non avrebbe dovuto rinculare dinanzi ad alcuna audacia nel trattare un soggetto di questa grandezza. Non sappiamo veramente se il tempo darà ragione al sig. Jullien che pronostica maggior severità nel giudizio dei posteri, ma affermiamo che questo della posterità è l’incubo che uccide tanti begli ingegni, e che non vi è alcuna ragione di abbandonare il criterio del gusto dell’oggi per creare lavori d’arte adattati al gusto di domani. Il quale gusto di domani (supponendo di essere fra coloro che hanno la fortuna di indovinarlo), non è provato che sia il gusto di doman l’altro, e molto meno il gusto di tutta quanta la posterità. 0 perchè sfidare l’indifferenza di una generazione viva per tentare il plauso di una generazione che ha ancora da nascere? Siamo schietti: questa menzogna dell’avvenire se ha fatto tanti geni incompresi di tanti che avrebbero potuto essere stimati e felici, serve anche a nascondere la dappochezza di una colluvie di mediocri, che vogliono parere puritani mentre non sono che impotenti. Ma ascoltiamo ciò che scrive il signor Jullien: «Malgrado il suo rispetto della situazione e dei caratteri, Gounod non ei pare abbia tradotto che ad intervalli il senso intimo della leggenda tedesca. La semplicità gli fa sopra tutto difetto, e del pari quel candore ingenuo che respirano le minime parole di Margherita e di Faust, questo sapiente dottore di cui’ la scienza, penosamente conquistata, s’invola al soffio della giovinezza, allo spettacolo della natura». E delle accuse che si muovono a questo spartito quella che ei pare più giusta o almeno più giustificabile. E vero: forse la semplicità di Margherita che vediamo nell’opera di Gounod non è la semplicità che si vede nell’opera di Goethe. È forse meno sincera, meno borghigiana, è una semplicità cittadinesca, vale a dire una maschera alla civetteria. Ma forse anche contribuisce molto a quest’opinione l’interpretazione che le cantanti sogliono dare a questo personaggio ideale, quasi sempre troppo giovane per i loro anni e troppo ingenuo per la loro esperienza. Chi scrive queste linee non ha visto la prima rappresentazione del Faust alla Scala, nè sa come la signora Bousquet si tenesse nei panni di Margherita; ma ha assistito più volte al Fau,st in Milano e altrove e di Margherite ne ha contato una dozzina, e può dire che si assomigliano tutte nel lasciar cadere le parole come fossero perle, nel canticchiare a denti stretti, e in quella indiscrezione di moine, di gesti e di canti che fa parere la Margherita di Gounod la più ipocrita collegiale di Parigi. Dove il signor Jullien scrive giustamente, è quando trova che Gounod più si avvicina al modello di Goethe e più mostra di sentire il fascino dell’ispirazione. «Egli è del resto assai curioso di notare come l’autore s’eleva a misura che si accosta al dramma originaie. Il principio, la scena di disperazione del Dottore risoluto a morire, e la fine, l’atto intiero della prigione, tutto pieno di passione e d’entusiasmo religioso e di rabbia satanica, sono pezzi da maestro. La scena del duello è pure assai drammaticamente trattata, e il musicista, a differenza di Berlioz, ha dato alla serenata di Mefìstofele un colore meno inebbriante ma più sardonico. La canzone del re di Thulé (messe in disparte le interiezioni di Margherita, delle quali non è traccia nel monologo di Goethe) è un’ispirazione deliziosa; la scena di Margherita al filatoio è piena di slancio e d’ardore ansioso; infine l’aria di Faust: Salve dimora, ecc., benché inferiore alla melodia di Berlioz, respira la calma e la pace del santuario virginale». «Che Gounod si accosti ancora al suo modello, e scriverà due pagine veramente straordinarie. Vogliamo parlare della morte di Valentino e della scena della chiesa. Qui l’autore segue passo passo il testo tedesco. A questo contatto la sua melodia s’eleva, lo stupore della folla, lo smarrimento di Margherita, tutto, fino al coro d’una brevità così terribile e così vera che chiude l’atto, rende il colore della scena originale. Si può dire altrettanto della scena della cattedrale. Certo il quadro del maestro francese non è così terribilmente grandioso come quello di Schumann, ma qual’è, merita molto riguardo...» Il signor Jullien, dopo essersi chiesto che cosai’avvenire prepara all’opera di Gounod, conchiude per avvalorare le sue supposizioni così: «La recente riproduzione del Faust all’Opéra ha cominciato a darci ragione. I pezzi, le scene che più si soleva ammirare parvero ancora belle, ma si credette di scoprirvi sotto una certa viziatura di sentimentalismo; le fine armonie del musicista, le sue cadenze preferite parvero un po’ leziose. Invece il finale della prigione produsse un effetto più grande che per il passato, le maledizioni di Valentino e la bella scena della cattedrale, che una volta si ascoltavano con orecchie distratte, fecero passare come un brivido di terrore in mezzo al pubblico... [p. 199 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 201 Non sappiamo quanta parte abbia in questo fenomeno l’illusione ottica dell’uomo che difende le sue opinioni, ma anche ammettendo il fatto tal quale, ei pare naturalissimo. La parte sentimentale fu la prima a divenir popolare per la sola ragione che il sentimento è più contagioso del terribile, del grandioso e del religioso; nulla di più naturale che le parti terribili e grandiose, divenute più famigliar!, diventino popolari alla loro volta. Ma ciò che importa per il successo e per l’avvenire d’un’opera è che nulla di ciò che parve bello alla prima udizione, sembri volgare alla seconda: e per questo rispetto l’avvenire del Faust di Gounod ei pare abbastanza sicuro. (Contìnua) Londra ha voluto andare innanzi a Vienna che prepara, come si è detto, per la prossima esposizione universale, una magnifica collezione di istrumenti a corda. Quella di Londra è già aperta al Museo di South Kensington, e si compone di antichi strumenti di ogni genere e di ogni età, fino al secolo XIX. Presieduto da S. Altezza Reale il Duca di Edimburgo, il comitato di direzione conta nel suo seno i principali membri dell’aristocrazia inglese segnalati per il loro gusto per le arti, i fabbricanti, gli artisti più celebri e più competenti, quali i signori Broadwood, Chappel, Benedict, Engel, Ella, Rimbault, ecc. Il Comitato ha fatto appello ai fabbricanti ed amatori inglesi e stranieri; la Francia occupa nel catalogo un posto molto rispettabile. Ambrogio Thomas, direttore del Conservatorio di Parigi; Vuillaume, decano dei fabbricanti francesi di strumenti ad arco e uno dei più celebri; Gallay ben noto per i suoi scritti interessanti sulla liuteria, fanno parte del comitato. Si ammireranno nell’esposizione i bei strumenti di Cremona e di Brescia, di cui essi hanno acconsentito privarsi momentaneamente; fra gli altri un incomparabile violino di Stradivarius soprannominato la Pucelle, un violoncello dello stesso, ben noto a Parigi e invidiato dagli amatori, bellissimi clavicembali prestati dalla signora Erard, curiose taschette, flauti alla Luigi XIII, cornamuse, le bacchette di direttore d’orchestra di Mozart, di Rossini, messe alla disposizione del Comitato dal signor Jubinal, di cui sono note le collezioni variate e interessanti. È la prima volta che una esposizione di questo genere permette di studiare e di confrontare, in numero abbastanza considerevole, i capilavori della fattura strumentale. Cosi il Menestrel. Sabato, 15 giugno. Per chiudere la serie dei suoi trionfi melodrammatici, il Politeama ha posto in scena il Rigolelto e ne ha affidato l’interpretazione alle signore Lezi e Giussani, al tenore Villa e al baritono Viganotti Affrettiamoci a dire che fu forse lo spettacolo migliore della stagione; tutti gli artisti vi erano a posto, nessuno ebbe a patire di improvvisi abbassamenti di voce, e tutti fecero come seppero meglio per farsi applaudire. Naturalmente a numerare gli applausi ei si deve rinunziare; immaginate il pubblico-vulcano del Politeama in uno dei suoi momenti più buoni e ponete che questo momento durasse tutta o quasi tutta la rappresentazione, ed avrete il vostro conto. Il baritono Viganotti fu l’eroe della festa; in quest’opera egli passa innanzi a sè stesso, e si fa un dito più alto della sua riputazione. Ha momenti di calore e di vera potenza come cantante e come attore; la sua voce, che non è delle più voluminose, quando sembra dovergli venir meno, si gonfia, si gonfia, acquista volume, rotondità e robustezza. Sembra un fenomeno a chi lo ascolta la prima volta, a chi lo ha udito più volte è invece la regola naturale più sicura — l’arte. Bene la signorina Lezi nella parte di Gilda, che interpreta.con passione; bene la signora Giussani nella parte di Maddalena. Il tenore Villa, che è dotato di eccellenti qualità per riuscire un ottimo tenore, fa male a fidarsi troppo del pubblico del Politeama. Quello è un pubblico che di tenori ne avea già sulla coscienza una mezza dozzina, quando portava quotidianamente il suo entusiasmo al Ciniselli, e dacché ha fatto San Michele non ha cambiato abitudini. Quegli applausi e quelle grida che rispondono alle grida, valgono assai poco e costano moltissimo; e chi sta sul palcoscenico deve cantare, se sa, anche quando chi sta nella platea urla. Il tenore Villa sa cantare, ed è perciò appunto che il consiglio non è vano. I cori fecero il dover loro, e sebbene l’orchestra fosse alquanto ribelle, tutto sommato, lo ripeto, T esecuzione del Rigolelto fu forse la migliore della stagione. Il teatro Fossati riabbellito e ringiovanitosi è aperto col Matrimonio Segreto di Cimarosa, un capolavoro venerando le cui rughe sfidano ancora il tempo. È un vecchietto amabile, un po’ ciarliero, un po’pettegolo, ma diritto ancora della persona e senza apparenti acciacchi; si ascolta volentieri, e gli si perdonano le lungaggini e le divagazioni e le ripetizioni non tanto perchè è venerando, quanto perchè è gaio ed ameno. Peccato che T esecuzione di questo musicale fenomeno di longevità abbia tutta l’aria d’un tiro degli eredi per cacciar il nonno nella sepoltura; un paio di maltrattamenti di questa fatta e il poveretto è spacciato. Si salvarono il baritono Graziosi, artista di belle maniere, il Ristori, un buffo della scuola classica, che sa far ridere la platea senza divenir egli stesso plateale, e il tenore Zanardi-Landi, il quale per altro non seppe più risollevarsi alle prime altare. Delle donne, una sola, la signora Pala-Graziosi, meritò qualche volta gli applausi; le altre furono applaudite e chiamate al proscenio, e una dovette perfino ripetere un pezzo, ma non possono [p. 200 modifica]202 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO aver preso sul serio il loro trionfo. La messa in scena è infelice; costava una bagattella fare che le signore apparissero almeno nel costume del tempo, ma si pensò che un po’ di cipria sui capelli dovesse bastare, e nel rimanente si lasciò piena libertà di scegliere fra i mille figurini del giorno. Lo stesso teatro, liberato dalla rivalità formidabile del Politeama, prepara la Cenerentola e un ballo Carotin, e annunzia altre opere e altri balli per l’avvenire. ¥ Il maestro Delfino di Napoli, sta scrivendo un’opera buffa nuova, il titolo della quale sarà: La fiera (argomento tolto da una commedia di Alberto Nota). Il maestro Natale Bertini, nella ventura stagione, farà rappresentare-, sulle scene di Odessa, la sua nuova opera Guido di Morand. Leggiamo nel Trovatore: L’operetta che l’egregio maestro F. Schira ha scritto per il grande Concerto annuale dato da mad. Puzzi a Londra nell a St. Georges Hall, ha per titolo; The ear-ring (VOrecchino). Questo nuovo lavoro del maestro Schira, come ei scrivono, è un vero gioiello ed ha avuto un successo brillantissimo. Tutta la crème della società inglese assisteva a quel Concerto. Di parecchi pezzi si volle il bis e il maestro Schira un gran numero di volte venne chiamato al cospetto del pubblico a ricevere gli omaggi. L’esecuzione è stata come meglio il maestro non avrebbe potuto desiderare.

  • E annunziata la prossima pubblicazione a Firenze d’un nuovo giornale

artistico, teatrale, letterario, ecc., col titolo Firenze Artistica. Sebbene questo giornale giunga dopo tanti altri ha fede tuttavia d’essere il primo che «uscito dalla ristretta cerchia degli artisti drammatici e di canto, possa in qualche modo destare interesse a tutti coloro che amano tener dietro allo sviluppo e al progresso del teatro Italiano «. Auguriamo al fratello nascituro successo pari alla fede e perseveranza pari al proponimento. A Londra il 25 maggio ebbe luogo nel Palazzo di Cristallo un gran concerto d’estate, a cui presero parte, fra gli altri artisti, Carlotta Patti e il baritono Francesco Mottino, appositamente scritturato. La Patti ebbe i soliti trionfi, il baritono Mottino cantò la cavatina del Barbiere, Largo al factotum, e una romanza del maestro Caldera, e si fece vivamente applaudire.

  • Reduce degli Stati Uniti d’America, dove passò alcuni anni, è fra noi

il valente maestro Bosoni già direttore d’orchestra della Fenice di Venezia, e noto, in questa qualità, assai favorevolmente al mondo musicale. Intende stabilirsi in Italia. A Nuova-York, un certo sig. Sackow da Norvegia dà fpresentemente dei concerti sopra un violino, che ha quattro corde di minugia e otto di metallo.

  • Maria Pleyel, già maestra di pianoforte al Conservatorio di Bruxelles,

ebbe dal re del Belgio una pensione di franchi 1288.

  • Il processo del pianista Dombrowski contro il fotografo Petit a Parigi

è finalmente deciso a favore del querelante. Il sig. Petit, come è noto, aveva spacciato un ritratto dell’artista per quello del generale della Comune; migliaia di esemplari servirono a questo inganno mercantile. La corte di giustizia condannò Petit a pagare a Dombrowski una somma di franchi 3000. Se si considera che oltre questa somma il processo valse all’ignoto pianista assai più rinomanza che l’arte sua, si vedrà che egli ha cento ragioni d’essere riconoscente al suo avversario.

  • Un sig. Landsberg (forse parente ed erede del cav. Landsberg di Breslavia

morto a Roma) fece dono all’imperatore di Germania delle partiture originali, magnificamente legate, delle opere seguenti di Mozart e Beethoven: Mozart: Missa, composta nel 1776; — Divertissements, composti nel 1778; Divertissements, composti negli anni 1775, 1776, 1777; — Terzetto della Villanella rapita, composto nel 1785; — Sonata per Violino et Cembalo, composta nel 1785; — Sonata per Violino et Cembalo, composta nel 1781; — Quartetto della Villanella rapita, composto nel 1785; — Beethoven: La vittoria di Wellington. S. M. inviò queste preziose reliquie alla R. Biblioteca. ¥ Col primo corrente il pregevole giornale artistico-letterario, La Scena, è entrato nel decimo anno di vita. I nostri auguri.

  • Leggiamo nell’Arte di Trieste: - Il nostro maestro sig. Guglielmo Pincherle,

inventore di un nuovo sistema d’applicazione dell’armonia a qualunque piano di già costrutto, ed il cui melo-piano figurò all’Esposizione Triestina, otteneva dall’I. R. ministero il privilegio per un anno. Il Sultano ha concesso all’impresario Naum un’area per costrurre un nuovo teatro in Costantinopoli. La Turgriie scrive che la località è a TopCoparan; Naum presenterà quanto prima il disegno dell’edifizio, che non potrà essere condotto a termine prima dell’autunno 1874.

  • Si dice che il maestro Petrella attenda a scrivere un’altra opera, in

una villa presso Ariccia nei dintorni di Roma.

  • Il concorso di composizione musicale, aperto a Parigi dall’Esposizione

Universale d’economia domestica, è prorogato fino al 20 giugno. I manoscritti devono essere indirizzati alla sede dell’Amministrazione, 23, via della Chaussée-d’Antin.

  • Il cortile del teatro dell’Opera di Parigi sarà trasformato in un ameno

giardino, ad uso degli artisti.

  • La celebre danzatrice signora Carolina Pochini abbandona definitivamente

le scene. Scrive la Revue et Gazette Musical di Parigi: «La signorina Egeria Antonini giovine violinista italiana, ha dato un concerto il 3 giugno nella sala Erard. E un talento che promette molto. Il signor Schoelcher, (un fanatico di Haendel, autore d’un libro intitolato Haendel e il suo tempo), ha fatto dono alla Biblioteca del Conservatorio di Parigi della collezione delle opere di Haendel, (circa 500 volumi) che può essere valutata 10,000 lire. Durante una recente rappresentazione dell’Ebrea al teatro di Havre, il cavallo dell’imperatore Sigismondo, spaventato dai suoni d’orchestra, s’impennò, e lo sfortunato monarca andò a misurare le tavole del palcoscenico. La sua corazza mandò il suono d’una caldaia fessa, ma rese l’urto meno pericoloso, cosicché in un momento fu in piedi; ma l’avvenimento aveva gettato lo scompiglio nella scena; le comparse si salvarono fra le quinte e i professori d’orchestra, temendo di ricevere sulle spalle un cavallo imperiale ed un imperatore corazzato, cercarono la salvezza nella fuga. Per buona sorte tutto si ridusse alla sola paura. Scrive il Gaulois: Il direttore d’un piccolo teatro... di Pekino ne ha pensato una per aumentare il suo introito. Egli vende ai giovani bellimbusti (ve ne hanno dunque anche laggiù?) biglietti d’ingresso per il palcoscenico e per il vestibolo degli artisti. L’abbonamento costa 125 lire al mese. Una bagattella!

  • Il re Don Ferdinando di Portogallo si trova a Parigi. I giornali Parigini

dicono che egli è un antico allievo di Rossini, un dilettante valente e che possiede una voce di tenore ancora fresca, sebbene Sua Maestà Portoghese abbia raggiunto la sessantina. [p. 201 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 203 La vittoria di Musella — Una diceria — Un Ballo in maschera — Un altra diceria — Il Crispino e la Comare al Filarmonico e al teatro Nuovo — Le Prè aux Clercs di Hérold. Non aveva ragione a dirvi che il nostro Municipio faceva tanto, rumore per nulla? Il consigliere Bresciamorra voleva far spendere all’erario comunale anche un milione purché il Musella fosse andato via. Nessuno più voleva saperne di D. Antonio; chiedevano che egli avesse per sempre allontanati tre suoi fidati consiglieri e fosse con loro scomparso; intendevano far cedere il teatro all’Alberti, come già vi dissi, ma poi tutto tornò nella più perfetta calma. D. Antonio Musella è sempre impresario: voleva che la 77.a recita entrasse nel novero delle 88, e in onta al parere del Sindaco, fu riaperto lo scorso sabato il Massimo, e il cartellone contava la 78.a rappresentazione di questo malaugurato corso di rappresentazioni. Debbo dirvi pertanto che il barone Nolli rassegnò la carica di sindaco, e forse per questo il Musella trovò gli animi dei consiglieri disposti meglio in suo favore. Così avesse potuto far breccia nel petto delle masse, ma queste allora risposero quando videro che l’impresario giocava denari. Da ciò v’accorgerete che anche dopo tutto quel baccano nel nostro Consiglio comunale il Musella resta lo stesso, e comincia da capo a essere inesatto. Intanto per la città si è sparsa una nuova stranissima alla quale non aggiusto fede per ora, e solamente per debito di cronista comunico. Si dice, ecco, che la Giunta proponga al Musella un accomodamento; lo si confermerebbe nell’impresa per l’altro triennio; potrebbe procedere innanzi in pace, a patto di accontentarsi d’una modesta sommetta che il Municipio, riconoscendo di dovergli danni ed interessi, gli pagherebbe. E aggiungesi che il Musella abbia chiesto centomila lire per continuare d’accordo e d’amore. E hactenus de hoc. Non farò Velogio di Ercole, dice un proverbio greco, nè io mi fermerò a commentare nuovamente un lavoro che è oggimai classificato fra’ più grandi modelli di musica drammatica. Un Ballo in maschera è un capolavoro di canto appassionato e di scienza, ma richiede per essere degnamente interpretato artisti di primo ordine e masse numerose ben disciplinate, Questa volta l’orchestra ha suonato con una svogliatezza riprovevole, ed i cori furono molto da meno del gran compito che doveano fornire. In quanto ai presenti interpreti bisogna tener conto del gran buon volere che tutti pongono nel disimpegno della propria parte, e trovo che fu molto severo il pubblico applaudendo a ben lunghi tratti e freddamente. La Blume, la Bellariva (paggio), la Tati, il Celada e l’Aldighieri infatti posero tutto il loro impegno, e spiegarono tutta la loro valentia, ma a niun prò’. Il pubblico è molto imbronciato con l’impresa, nè ha torto, e chi sa quando potrà ritornare di buon umore. Il Trisolini sperava di poter aprire il Mercadante lo scorso sabato e della Scommessa venne pur eseguita la prova generale, ma poiché egli aveva scritturato le masse del S. Carlo e queste sono ora impegnate col Musella, così prima del 22 al Mercadante non può essere inaugurata la stagione estiva, se pur non verificasi un’altra curiosa novella. Il Musella, dicesi, anch’egli vorrebbe al S. Carlo dare un corso di rappresentazioni del Roberto il Diavolo questa state, ma con prezzi democratici, 1 lira e 2 lire il biglietto di platea, 15 lire un palco di prima fila; e la sesta fila tutta aperta per fare da ventilatolo. Chi sa che non vedremo anche questa! L’esecuzione del Crispino è di molto migliorata al Filarmonico. La Sainz, il baritono Morelli, il Cappelli vanno posti in prima linea, ed ogni sera valorosamente distinguonsi; vi è un tenorino al di sotto molto del mediocre e il protagonista Tessada mi garba pochissimo; la fortuna non sempre giova agli audaci e io mi rammento che qui il Crispino fu interpretato dal Bùttero, da altri valenti e.... fo punto. Intanto mentre un mastro Crispino spuntava al Filarmonico/ un altro maturava al teatro Nuovo, eseguito da una compagnia di fanciulli bresciani. A dir vero non so se il direttore della compagnia, il maestro Pascucci, faccia distinzione tra giovani, giovinetti e fanciulli, perchè per lui a 17 e a 21 anno si è ancora fanciulli: almeno cosi sono indotto a credere vedendo che il più attempato (il buffo) è un fanciullo uscito di tutela e ammogliato. Avventurato fanciullo! Fanciulli cantanti un’opera non sono cosa nuova per noi napoletani, ma di cosi valenti non ne udimmo mai. Dopo il Crispino cantarono nei Due ciabattini, non volendo forse uscir dal genere delle lesini e dello spago. Consiglio loro a cantar sempre il Crispino, non già la seconda opera dove v’ha della musica barocca e rancida. Al teatro Nuovo per altro gli spettatori appaiono-radi, ma radi assai. Sabato, probabilmente, al teatro Filarmonico sarà eseguita per la prima volta in Italia l’opera di Hérold: Un duello {Le Pré aux clercs). Lo eseguiranno la Sainz (Isabella), la Malvezzi-Bollettini (Regina Margherita), il Montanaro (Mergi), la Correris (Ninetta), il Mastriani (Cafarelli), il Pini (Comingio), il di lorio (oste). Come vedete l’Hérold venne modificato; la parte di Cafarelli dal celebre maestro francese scritta per tenore, ora me la vedo scritta per baritono, e ne ho pena. Nè accetto scuse, quest’opera si eseguisce per la prima volta in Italia e dev’essere interpretata come venne fatta. Se poi sia bene o male uno spartito con tre tenori, è un fatto che dovrà giudicare il pubblico. Il Rossini pure scrisse per tenore la parte di Iago che oggi eseguiscono i baritoni, ma che perciò? Furono posteriori convenienze sceniche e ragioni economiche che imposero quel trasporto, ma il pubblico sulle prime udillo come nacque, con tre tenori. Spiacemi che un maestro giovine e che ha del merito come il Fornaci siasi permesso l’irriverenza di porre le mani nell’opera deli’Hérold, e non abbia consigliato i soci della sua impresa a scritturare un altro tenore. E con ciò finisco. ^CUTO. GENOVA, 12 giugno. Nulla di nuovo al mondo — Originalità genovese e i sedicenti artisti di musica — Gli applausi e le corone della claque — Il giudizio fra le pomate — Una nuova opera — Le processioni L’illuminazione e i Codini. Allorché il filosofo disse quella famosa sentenza che i nostri vecchi vanno sempre ripetendo, Nil sub sole novi, doveva trovarsi in un momento di cattivo umore, oppure doveva studiare la sua società, dal mondo del proprio cuhiculum. Ma se anche nulla vi sia di nuovo al mondo ciò che accadde a Genova a proposito dell’opera del Sassaroli è cosa talmente originale che merita essere ricordata. Come nota, nell’antecedente mia vi appresi che il Sassaroli in un comunicato aveva invitato gli artisti di musica ad andare in teatro a giudicare il suo lavoro. In seguito a ciò credevo di trovare il teatro pieno di filarmonici, ma con mio stupore, la sala era gremita di donnette nei posti liberi, ma gli scanni e i palchi perfettamente vuoti, nullameno il maestro in quella sera ebbe 24 chiamate; nelle sere successive sino alla quinta rappresentazione, che fu l’ultima, il teatro presentò sempre lo stesso aspetto, ma le chiamate al maestro erano sempre numerose e si arrivò persino all’esagerazione e fors’anco al ridicolo. [p. 202 modifica]204 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO I giornali quotidiani serbarono un assoluto silenzio e non si lesse nelle ■ cronache di quei periodici nessun cenno sulla comparsa del Duca di Jorck. Un Comunicato nel Movimento fece alcuni appunti all’opera del Sassaroli, e questi pronto il seguente giorno se ne scusò per le stampe, e finalmente il 6 giugno nella quarta pagina del Movimento, fra le pomate, i calli e le ernie, comparve una lettera diretta al Sassaroli firmata Gli artisti di musica, di cui mi piace riprodurre i seguenti periodi. «Essendo quel lavoro di un nuovo modello d’arte in cui venne» innestato lo stile germanico alle dolcezze dei canti Italiani,»tale forma di novella composizione diede occasione la prima»sera a opposti giudizi, da cui non andarono esenti coloro che»vollero battere una nuova via....» e poscia

«L’arte (Quale?) rispondendo al di lei invito, che tanto l’o»nora, concorse in gran numero in quel teatro ove Ella fu tben»giudicata col chiamarla a viva voce agli onori del palcoscenico»per ben ventiquattro volte,..» Se io fossi nel Sassaroli protesterei contro queste asserzioni di sedicenti artisti i quali illudono un galantuomo e tanto più protesterei in quanto che gl’incassi furono in ragione inversa delle chiamate avute dal maestro. La storia documentata che qui vi scrissi non ha bisogno d’ulteriori commenti. Vedremo se al maestro Emilio Bozzano accadrà lo stesso, nella rappresentazione della nuova sua opera Diem là Zingara, che andrà in scena il giorno 19 nello stesso teatro Doria. Di questi giorni avemmo due concerti, l’uno alla Sala Sivori, e l’altro al teatro Nazionale, ma non potei assistervi. L’atmosfera è troppo incostante perchè io possa affrontare il pericolo d’un reuma coll’andare una seconda volta al Politeama, e all’Arena Galeazzo Alessi, ove Rossi Mario e Guillaume attirano numeroso concorso. Si fecero varie rappresentazioni ai teatri Apollo e Falcone per beneficenza e gl’incassi furono superiori all’aspettativa. Gli spettacoli della processione del Corpus Domini ebbero luogo tranquillamente e con gran stupore dei forestieri, perchè in tali atti di culto esterno videro una sfida al progresso, come altre ne videro la sera di domenica scorsa, in cui le case dei devoti cattolici erano illuminate per la ricorrenza del Sacro cuore di Gesù, a cui Genova è sagrata. Vi parlerò nella prossima mia dell’esposizione industriale ligure aperta giorni sono. p- p- rPARIGI, 12 giugno. Il teatro Lirico e VAteneo — Fallimento del direttore — Avvenire del teatro Italiano — Z/Opéra-Comique ed il Compositore Saint-Saens — Gelmina al CoventGarden. Il povero teatro Lirico è veramente sventurato. Quando pareva aver conquistato tutta la simpatia del pubblico, quando il successo gli si mostrava più fedele, quando Gounod vi scriveva assiduamente, quando finalmente i capilavori del teatro straniero, le traduzioni delle opere italiane ed alemanne, la Traviata, Rigoletto, Un Ballo in maschera, Macbeth, ecc., s’alternavano col Freyschütz, con Obéron, con le Nozze di Figaro, col Flauto magico, ecco che il direttore, il signor Carvalho fallisce, e che il teatro è obbligato a ricorrere alla gestione provvisoria degli artisti. Quegli che è a capo di questa novella direzione temporanea, un eccellente baritono amato da tutti, il signor Meillet muore. Il Martinet, dell’Ateneo, prende la direzione del teatro Lirico, la guerra con la Prussia arriva, il teatro si chiude. Conclusa la pace, sopraggiunge la Comune, ed il teatro Lirico è incendiato, se non totalmente, almeno in modo da non poter essere restaurato che a capo d’un anno o due. Il Martinet trasporta i suoi lari alla sala dell’Ateneo, che intitola pomposamente Teatro Lirico, aspettando che al vero teatro Lirico sien fatte le riparazioni necessarie, e quando queste erano già molto avanzate, presso ad essere terminate, il Martinet fallisce a sua volta! Convenite che pesa una fatalità sinistra su questo povero teatro, quella che i Napoletani chiamano una jettatura. Bisogna dire, per esser veridico, che il fallimento del Martinet è stato opera piuttosto della malignità di un piccol numero di cantanti (quattro o cinque in tutto) che hanno ^voluto espressasamente farlo dichiarare, malgrado, l’avviso contrario, le istanze, le preghiere di tutto il personale del teatro Lirico o Ateneo, che è abbastanza numeroso, comprendendo non solamente tutti gli altri artisti di canto, ma quelli dell’orchestra, i cori, gl’impiegati, macchinisti, scenografi, lampisti, ecc., ecc. Martinet proponeva di pagar il 35 °/o immediatamente ed il resto alla riapertura del teatro nel prossimo ottobre. I quattro o cinque dissidenti non hanno voluto accettare queste condizioni, han fatto dichiarare il fallimento e non vi avran guadagnato nulla. Povero Martinet! A che gli ha servito di tener il teatro con decoro, di non farvi eseguir stupide ed inette farse o parodie indecenti? - Che gli ha servito di sceglier le più gaje e le più amene musiche italiane, Crispino, Tutti in maschera, il Marito e l’Amante, Piedigrotta, di mettere cosi bene in iscena 1 Masnadieri di Verdi, di far scrivere da Ricci Una follia a Roma ed Una festa a Venezia, di dar con tanto successo una quantità di belle opere nuove, tra le quali la più recente Silvana... per essere alla fine ridotto al fallimento? E se il Martinet desta interesse, ne desta ancor più il teatro da lui diretto, che probabilmente non troverà cosi presto un novello impresario e che era più necessario in questi tempi di penuria d’opere nuove. Quanti compositori avevano fondato la loro speranza su questo teatro che poteva rappresentare tutti i generi, dalla tragedia lirica, come fu per l’opera di Verdi, sino all’operetta comica in un atto! Quanti lavori scenici erano stati accettati e sarebbero stati rappresentati nel corpo dell’anno!... Ora tutte quelle belle speranze sono, svanite; i maestri ripigliano i loro spartiti - e dove li porteranno? All’Opéra no certo, perchè l’Opéra non può dare che produzioni colossali, grandi musiche in cinque atti con ballabili, spettacoli, ecc. ecc. All’Opéra-Comique nemmeno, perchè questo teatro ha già numerosi obblighi contratti con altri compositori, e siccome le opere nuove si succedono a lunghissimi intervalli non v’ha probabilità e neppur possibilità di accettarne altre. Che farà dunque Parigi con due -soli teatri? Non posso tener conto dei teatrini, veri casotti ove non si rappresentano che parodie o farse grottesche. Il teatro Lirico discaricava gli altri due del soprappiù, ed appagava i giusti desideri di tanti e tanti compositori di merito, che ora non sanno più dove dar del capo. E quando penso che quattro o cinque cantanti, quelli specialmente che dovevano esser più grati al Martinet per averli scritturati quando non sapevano dove andare, sono stati bastanti per provocare il fallimento d’un onesto e stimato direttore, mi veggo quasi sul punto di trovar ingiusta la legge la quale permette anche ad un sol creditore di far dichiarare il fallimento quand’anche tutti gli altri vi si opponessero. Il teatro Italiano essendo chiuso non potrò più parlarvi durante qualche mese che degli altri due grandi teatri di musica. Ma come farà per riaprir le sue porte in novembre il teatro Italiano? Ne ho le più tristi notizie. Vuoisi’ che la direzione passerà in.altre mani; e lo credo assai probabile. È stato possibile tirar innanzi per due mesi; ma quando sarà quistione di una grande stagione teatrale, non credo che il pubblico sarà cosi esageratamente benevolo da contentarsi di artisti che pagano per cantar una sera o due, o che cantano senza essere pagati. Anche da questa parte l’orizzonte appar più che buio. Il cielo gliela mandi buona; ma ne dispero. M Opéra-Comique, dopo il fiasco del Passant di Paladilhe e quello di Djamileh di Bizet, si risolve a tentar un novello esperimento con la Princesse Jaune di Camillo Saint-Saens; il quale appartiene alla stessa scuola degli altri due, di già citati; scuola [p. 203 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 205 neo-alemanna, musica ciotta (o noiosa). Questa Principessa gialla non è peraltro che un’opera in un atto, con due personaggi, un tenore ed un soprano, senza cori. Sicché, quand’anche dovesse annoiar il pubblico, non l’annoiereb.be lungo tempo. La prima rappresentazione avrà luogo questa sera. Vi spedirò forse qualche riga di proscritto, e se vi arrivo a tempo li aggiungerete alla presente, per farne conoscere il risultato. Fin d’ora son sicuro che si dirà «C’est bien écrit». Quando odo dire d’un’opera, che è scritta bene, tremo. Scritta bene, vuol dire scritta scientificamente, bene istromentata, ma senza la menoma idea, senza la più breve melodia. E come quando vi si dice che una donna è ben fatta. Nove volte su dieci avrà belle forme, ma sarà un mostro nel viso. Mi si scrive da Londra che al Covent-Garden la nuova opera del principe Poniatowski, Gelmina, la cui protagonista è l’Adelina Patti, ha ottenuto un esito molto felice, che maestro e cantanti sono stati più volte chiamati al proscenio. Ed ho letto nei giornali inglesi che mi arrivano qui articoli d’elogio pel compositore e per gli artisti, sopratutto per la Patti. fi. fi. LONDRA, 11 giugno. Gelmina del maestro Poniatowski al Covent-Garden — Il tenore Campanini. Ieri sera sulle scene del Covent-Garden ebbe luogo la seconda rappresentazione di Gelmina, nuova opera in tre atti del maestro principe Poniatowski. Il libretto è d’un tal F. Rizzelli; è tutto quello che può dirsi in merito al medesimo è ch’esso è letteralmente orribile. Il Rizzelli ama evidentemente gli orrori. Ma per darvi un’idea del dramma vi dirò qualche còsa intorno ai personaggi principali. «Il conte Adriano è un ricco signor tirolese, circondato da compagni i quali al paro di lui mettono in ridicolo la virtù della donna. Fra Giovanni è un altro birbante matricolato, il quale, dopo aver commesso delitti inauditi nella sua prima gioventù, s’ingegna di fuggire le pene meritate; e in espiazione dei medesimi va coi Crociati per ammazzare quanti Saraceni gli capitano davanti. Finita la campagna, torna al suo villaggio nativo coll’unto del signore — un monaco del modello accettato dai romanzieri di mezzo secolo fa, i quali scrivevano a edificazione dei nostri antenati! Gelmina poi è la bella del villaggio — una giovine paesana, perdutamente amata da Silvio, un altro paesano. Se Gelmina ricambi l’amore di Sivio, è quanto non posso dire; certo essa lo tratta freddamente quasi, vorrei dire, come Adina tratta Nemorino nell’A’A^zr d’Amore. Frattanto il conte Adriano, signore del villaggio, ha posto l’occhio in lei; e trovatala renitente, la fa rapire a forza dai suoi dissoluti associati e la fa trasportare nel suo castello, di dove giunta al momento critico è liberata da Silvio, accompagnato da una banda di paesani, i quali avevano risoluto di porre fine alla sua tirannia e alla vita del conte. Per conciliare Silvio e i paesani, il conte allora afferma esser suo solo desiderio quello di sposar Gelmina — ma Fra Giovanni dichiara impossibile il matrimonio. Gelmina, vista l’azione di Silvio, comincia ad apprezzarlo; ma disgraziatamente Silvio è divenuto pazzo. Il ratto di Gelmina gli ha tolto la ragione. La sua pazzia consiste nell’idea fissa d’uccidere il conte Adriano, e con tale idea prende per l’oggetto della sua vendetta tutte le persone che vede, eccettuato il conte Adriano! Certe confessioni di Fra Giovanni qui lo rivelano come il padre non solo del conte Adriano, ma anche di Gelmina, e lo mostrano anche come assassino della madre di Gelmina. Il conte Adriano, dopo tali confessioni, cambia vita; incontrasi con Silvio, ma questi non lo riconosce, e finisce per uccidere Gelmina, la quale muore d’una morte lenta. Silvio riacquista la ragione, come per incanto e il conte Adriano diventa una brava ed eccellente persona, che continua a viver felice sotto l’egida del suo strano e convertito genitore. Il principe Poniatowski ha scritto, sopra tal soggetto, musica davvero eccellente. Che tutte le melodie dell’opera suonino originali, certo no; ma ve n’ha anche di originali, e per quanto sia mal disposta la critica di certi giornali, è impossibile non riconoscere che la nuova opera del Poniatowski è piena di meriti. Mancanza assoluta1 di tempo mi costringe a rimettere i dettagli a un’altra volta, cosa che farò anche più volentieri poiché le due prime rappresentazioni hanno. lasciato non poco a desiderare. L’orchestra avea bisogno di studiare un po’ più; e gli artisti, ad eccezione della Patti, la quale ha fatto meraviglie, avevano anch’essi assoluto bisogno di rinfrancarsi nelle loro parti. Il principe e la principessa di Galles assistettero alla prima rappresentazione. Il Campanini ha nuovamente fatto chiasso nel Trovatore. A proposito di questo artista è necessario ch’io dica come non sappia dividere l’opinione altissima che ne ha la stampa locale. Nel raccontare le lodi inglesi sul suo conto non faccio che F ufficio di cronista. Il fatto è certo che in tutte le società private dove il Campanini ha cantato, esso ha perduto letteralmente tutta la popolarità. Io credo che col tempo, e forse più presto che mai, il suo vero valore sarà apparente al pubblico in generale; frattanto noterò che oltre la scrittura alla Scala, esso ne ha accettato una per l’America con Strakosh per 6 mesi, a 20,000 fr. al mese. — Al Bettini è stata offerta la somma di due mila sterline pel gran giubileo di Boston, e aneli’esso ha rifiutato, come la moglie alla quale, come sapete già, ne erano stati offerte quattro mila. £ ROMA. Ristabilito in salute il tenore Massimiliani, il Ballo in maschera ebbe accoglienze festose. Oltre il tenore vi ebbero applausi le signore Scheggi, Colariett e Morotto-Tamanti, e specialmente il baritono Ciapini, che dovette ripetere la sua romanza. PADOVA. La Dinorah, andata in scena il 12 corrente, ebbe successo felicissimo. Fu molto applaudita la sinfonia, e i singoli artisti ebbero buone accoglienze. Emerse la De Maesen che dovette ripetere il valzer dell’Ombra; ottimamente Pantaleoni (Hoel) che cantò la romanza del terzo atto con squisito metodo; esatto e disinvolto il tenore Minetti. Bene l’orchestra, diretta dal maestro Faccio. MALTA. Splendido esito eb^e il Faust, benissimo interpretato dalla Ciuti, dalla Cucchi, dal tenore Serazzi, dal basso Proni e dal baritono Carnili. Vi furono applausi a tutti, specialmente al tenore, alla Ciuti e al baritono Carnili, che fu un Valentino intelligentissimo. TRENTO. Ci scrivono: Esito lieto il Faust, eseguito dai coniugi PozzoniAnastasi, dalla sig. Beatrice Cosmelli, dal basso Moriami e dal baritono Orsi. Applausi a tutti, e specialmente al basso Moriami, un Mefistofele perfettamente in carattere, a cui fu fatta ripetere la canzone Dio delirar. [p. 204 modifica]206 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO CAMERINO. Nel P^igoletto, che ebbe un successo straordinario, furono molto applauditi la Cortesi e il tenore Vicentelli. Bene anche Rambelli e Pescolloni. L’orchestra, diretta dal maestro Bernardi, merita lode. VIENNA. Nel teatro Stampfer ottiene splendidi successi la compagnia lirica diretta dal maestro Franchetti. La Lucia, una delle ultime opere rappresentate, valse vivi applausi alla signora Fossa, al tenore Patierno, al baritono Bertolasi e al basso Milesi. Del finale del secondo atto si volle la replica. Anche Y Otello fu accolto assai bene; nell’ultima rappresentazione il tenore Patierno vi ebbe una corona con nastro tricolore e applausi infiniti. MONTEVIDEO. Nel teatro Solis si rappresentò il Trovatore; lo cantarono le signore Mollo e Mazzucco, il tenore Setragni e il baritono Bonetti; applausi entusiastici a tutti. Il maestro Protti diresse assai bene l’orchestra. — Nuova York. Leggiamo nell’Eco d’Italia: «Pare che fra breve si incomincieranno i lavori di ricostruzione del teatro Niblo, che ultimamente fu preda alle fiamme. Il proprietario milionario, Stewart, intende che sia ultimato del prossimo autunno, e ne avrà la partita della decorazione il valente artista-pittore sig. M. Bragaldi.» — Algeri. Diamo alcuni particolari sul concorso che ebbe luogo, come fu detto, il 9 maggio. I concorrenti erano: due società corali svizzere, la società corale del 4.° reggimento zuavi, le fanfare di Muret, Siers, Feniet-et-Haad, Blidoh; la musica dei Francs-Touristes di Tplone, quella del l.° reggimento tirailleurs, del l.° zuavi, della milizia Philippeville. Tutto andò benissimo, salvo che non si era pensato ad alloggiare i concorrenti, i quali rimasero un intero giorno colla prospettiva di dormire alla bella stella. Avvenne anche che una parte dei concorrenti non volle assoggettarsi al giudizio d’un giuri che non pareva loro all’altezza della missione, e rifiutò di concorrere; il pubblico e la stampa diedero ragione ai restii. Salvo queste inezie, il resto andò benissimo. — Parigi. Il celebre cornista Vivier ha dato testò un terzo concerto, in cui eseguì una nuova gemma fantastica di propria composizione, pezzo difficilissimo. e di carattere bizzarro. Fu molto applaudita la signora Ganetti che cantò l’aria del Guglielmo Teli e quella del Barbiere di Siviglia. — Bruxelles. Le due classi d’armonia pratica e d’armonia scritta al Conservatorio, furono riunite in una sola ed affidate al maestro Giuseppe Dupont. — Dyon. Il signor Carlo Poisot si dimise dalle funzioni di direttore del Conservatorio; il suo successore, nominato con decreto ministeriale del 26 aprile, è il sig. Carlo Achard. — Parigi. Il maresciallo Vaillant antico ministro di Belle-Arti morì il 2 giugno a 82 anni. — Felice-Vittore Renaud, antico maestro di cappella di molte chiese, ex direttore d’orchestra alla cappella delle Tuileries, morì il 2 corrente, a z49 anni. — Yxeuil (Alta-Saona) Michele Enjalbert, il decano degli organisti francesi, morì a 92 anni. Egli suonava l’organo alla cerimonia di consacrazione di Napoleone I, che ebbe luogo alla chiesa di Notre-Dame nel 1804. — Vienna. Enrico Esser, direttore d’orchestra e compositore, morì il 3 giugno a 43 anni. E autore di molte opere sinfoniche stimate e di eccellenti riduzioni pei1 orchestra delle opere di Sebastiano Bach. Molti secondi hanno i primier maggiori; Pochi invece gl’inter, primi minori; E primi e interi sfidano i furori D’elementi fallaci e traditori. Quattro degli abbonati che spiegheranno la Sciarada, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 22: Piccole spese stremano yran borsa. Ne mandarono la soluzione esatta i signori: Paolo Beliavite, Ernestiua Benda, capitano Cesare C avallotti, Citerio Amos, ingegnere Pio Pietra, professore Angelo Vecchio, S. Saladini, Alfonso Fantoni. Estratti a sorte quattro nomi riuscirono premiati i signori: Pio Pietra, Alfonso Fantoni, Ernestina Benda, S. Saladini. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe^ gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.