Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/210

204 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO I giornali quotidiani serbarono un assoluto silenzio e non si lesse nelle ■ cronache di quei periodici nessun cenno sulla comparsa del Duca di Jorck. Un Comunicato nel Movimento fece alcuni appunti all’opera del Sassaroli, e questi pronto il seguente giorno se ne scusò per le stampe, e finalmente il 6 giugno nella quarta pagina del Movimento, fra le pomate, i calli e le ernie, comparve una lettera diretta al Sassaroli firmata Gli artisti di musica, di cui mi piace riprodurre i seguenti periodi. «Essendo quel lavoro di un nuovo modello d’arte in cui venne» innestato lo stile germanico alle dolcezze dei canti Italiani,»tale forma di novella composizione diede occasione la prima»sera a opposti giudizi, da cui non andarono esenti coloro che»vollero battere una nuova via....» e poscia

«L’arte (Quale?) rispondendo al di lei invito, che tanto l’o»nora, concorse in gran numero in quel teatro ove Ella fu tben»giudicata col chiamarla a viva voce agli onori del palcoscenico»per ben ventiquattro volte,..» Se io fossi nel Sassaroli protesterei contro queste asserzioni di sedicenti artisti i quali illudono un galantuomo e tanto più protesterei in quanto che gl’incassi furono in ragione inversa delle chiamate avute dal maestro. La storia documentata che qui vi scrissi non ha bisogno d’ulteriori commenti. Vedremo se al maestro Emilio Bozzano accadrà lo stesso, nella rappresentazione della nuova sua opera Diem là Zingara, che andrà in scena il giorno 19 nello stesso teatro Doria. Di questi giorni avemmo due concerti, l’uno alla Sala Sivori, e l’altro al teatro Nazionale, ma non potei assistervi. L’atmosfera è troppo incostante perchè io possa affrontare il pericolo d’un reuma coll’andare una seconda volta al Politeama, e all’Arena Galeazzo Alessi, ove Rossi Mario e Guillaume attirano numeroso concorso. Si fecero varie rappresentazioni ai teatri Apollo e Falcone per beneficenza e gl’incassi furono superiori all’aspettativa. Gli spettacoli della processione del Corpus Domini ebbero luogo tranquillamente e con gran stupore dei forestieri, perchè in tali atti di culto esterno videro una sfida al progresso, come altre ne videro la sera di domenica scorsa, in cui le case dei devoti cattolici erano illuminate per la ricorrenza del Sacro cuore di Gesù, a cui Genova è sagrata. Vi parlerò nella prossima mia dell’esposizione industriale ligure aperta giorni sono. p- p- rPARIGI, 12 giugno. Il teatro Lirico e VAteneo — Fallimento del direttore — Avvenire del teatro Italiano — Z/Opéra-Comique ed il Compositore Saint-Saens — Gelmina al CoventGarden. Il povero teatro Lirico è veramente sventurato. Quando pareva aver conquistato tutta la simpatia del pubblico, quando il successo gli si mostrava più fedele, quando Gounod vi scriveva assiduamente, quando finalmente i capilavori del teatro straniero, le traduzioni delle opere italiane ed alemanne, la Traviata, Rigoletto, Un Ballo in maschera, Macbeth, ecc., s’alternavano col Freyschütz, con Obéron, con le Nozze di Figaro, col Flauto magico, ecco che il direttore, il signor Carvalho fallisce, e che il teatro è obbligato a ricorrere alla gestione provvisoria degli artisti. Quegli che è a capo di questa novella direzione temporanea, un eccellente baritono amato da tutti, il signor Meillet muore. Il Martinet, dell’Ateneo, prende la direzione del teatro Lirico, la guerra con la Prussia arriva, il teatro si chiude. Conclusa la pace, sopraggiunge la Comune, ed il teatro Lirico è incendiato, se non totalmente, almeno in modo da non poter essere restaurato che a capo d’un anno o due. Il Martinet trasporta i suoi lari alla sala dell’Ateneo, che intitola pomposamente Teatro Lirico, aspettando che al vero teatro Lirico sien fatte le riparazioni necessarie, e quando queste erano già molto avanzate, presso ad essere terminate, il Martinet fallisce a sua volta! Convenite che pesa una fatalità sinistra su questo povero teatro, quella che i Napoletani chiamano una jettatura. Bisogna dire, per esser veridico, che il fallimento del Martinet è stato opera piuttosto della malignità di un piccol numero di cantanti (quattro o cinque in tutto) che hanno ^voluto espressasamente farlo dichiarare, malgrado, l’avviso contrario, le istanze, le preghiere di tutto il personale del teatro Lirico o Ateneo, che è abbastanza numeroso, comprendendo non solamente tutti gli altri artisti di canto, ma quelli dell’orchestra, i cori, gl’impiegati, macchinisti, scenografi, lampisti, ecc., ecc. Martinet proponeva di pagar il 35 °/o immediatamente ed il resto alla riapertura del teatro nel prossimo ottobre. I quattro o cinque dissidenti non hanno voluto accettare queste condizioni, han fatto dichiarare il fallimento e non vi avran guadagnato nulla. Povero Martinet! A che gli ha servito di tener il teatro con decoro, di non farvi eseguir stupide ed inette farse o parodie indecenti? - Che gli ha servito di sceglier le più gaje e le più amene musiche italiane, Crispino, Tutti in maschera, il Marito e l’Amante, Piedigrotta, di mettere cosi bene in iscena 1 Masnadieri di Verdi, di far scrivere da Ricci Una follia a Roma ed Una festa a Venezia, di dar con tanto successo una quantità di belle opere nuove, tra le quali la più recente Silvana... per essere alla fine ridotto al fallimento? E se il Martinet desta interesse, ne desta ancor più il teatro da lui diretto, che probabilmente non troverà cosi presto un novello impresario e che era più necessario in questi tempi di penuria d’opere nuove. Quanti compositori avevano fondato la loro speranza su questo teatro che poteva rappresentare tutti i generi, dalla tragedia lirica, come fu per l’opera di Verdi, sino all’operetta comica in un atto! Quanti lavori scenici erano stati accettati e sarebbero stati rappresentati nel corpo dell’anno!... Ora tutte quelle belle speranze sono, svanite; i maestri ripigliano i loro spartiti - e dove li porteranno? All’Opéra no certo, perchè l’Opéra non può dare che produzioni colossali, grandi musiche in cinque atti con ballabili, spettacoli, ecc. ecc. All’Opéra-Comique nemmeno, perchè questo teatro ha già numerosi obblighi contratti con altri compositori, e siccome le opere nuove si succedono a lunghissimi intervalli non v’ha probabilità e neppur possibilità di accettarne altre. Che farà dunque Parigi con due -soli teatri? Non posso tener conto dei teatrini, veri casotti ove non si rappresentano che parodie o farse grottesche. Il teatro Lirico discaricava gli altri due del soprappiù, ed appagava i giusti desideri di tanti e tanti compositori di merito, che ora non sanno più dove dar del capo. E quando penso che quattro o cinque cantanti, quelli specialmente che dovevano esser più grati al Martinet per averli scritturati quando non sapevano dove andare, sono stati bastanti per provocare il fallimento d’un onesto e stimato direttore, mi veggo quasi sul punto di trovar ingiusta la legge la quale permette anche ad un sol creditore di far dichiarare il fallimento quand’anche tutti gli altri vi si opponessero. Il teatro Italiano essendo chiuso non potrò più parlarvi durante qualche mese che degli altri due grandi teatri di musica. Ma come farà per riaprir le sue porte in novembre il teatro Italiano? Ne ho le più tristi notizie. Vuoisi’ che la direzione passerà in.altre mani; e lo credo assai probabile. È stato possibile tirar innanzi per due mesi; ma quando sarà quistione di una grande stagione teatrale, non credo che il pubblico sarà cosi esageratamente benevolo da contentarsi di artisti che pagano per cantar una sera o due, o che cantano senza essere pagati. Anche da questa parte l’orizzonte appar più che buio. Il cielo gliela mandi buona; ma ne dispero. M Opéra-Comique, dopo il fiasco del Passant di Paladilhe e quello di Djamileh di Bizet, si risolve a tentar un novello esperimento con la Princesse Jaune di Camillo Saint-Saens; il quale appartiene alla stessa scuola degli altri due, di già citati; scuola