Galateo insegnato alle fanciulle/Lezione X - Dignità e pudore
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LEZIONE X.
Dignità e Pudore.
Il pudore e la dignità negli atti, nelle parole, negli sguardi stessi, che ci vengono imposti dalla religione, pure ci sono raccomandati dal Galateo, mia cara figliuoletta. Vi sono nella vita azioni naturalissime ed affatto innocenti, ma che non debbonsi compiere alla presenza di chicchessia e tanto meno poi di persone a noi superiori od estranee o di altro sesso.
Non solo non è male, ma è un dovere il lavarsi tutto il corpo per nettezza e per igiene, il mutarsi spesso gl’indumenti; ma dobbiamo compiere questi ed altri simili atti, ritirandoci e chiudendoci nella nostra camera, e non mai in presenza di altri. Una fanciulla ben educata deve avere spontaneo questo pudore e non mai offendere l'altrui con discorsi od atti poco decenti, come sono p. es., il legarsi le calze, le scarpe, le sottane; l’abbottonarsi le vesti per istrada, in una sala, o comecchessia alla presenza d’altri; il nominare parti del corpo e bisogni sconci; il fare certi giuochi ginnastici troppo arrischiati, come sono l’alzare o l’allargare le gambe, il far capriole e simili; lo snudarsi il petto, le spalle od altre parti per caldo o per vanità, ravvicinarsi troppo parlando o buttarsi addosso alle persone, baciuzzandole, accarezzandole di continuo ecc. ecc., atti tutti contrarii alla riservatezza. E questi falli, che sono considerati lievi in una fanciulletta di poca età, diventano gravissimi per un’adolescente, la quale è come uno specchio, che un nulla l’appanna. Vi sono fanciulle, le quali avvezzate nell'infanzia a parlare e ad agire senza ritegno, giunte poi ai dodici, ai quattordici, ai sedici anni, senza che nessuno le avverta delle loro mancanze, credono lecito di bamboleggiare, di ripetere atti e moti infantili e sguaiati, di scherzare liberamente colle donne come cogli uomini d’ogni condizione ed età, canzonando l’uno, strapazzando con parole virulenti ed insultanti l’altro, slegando la cravatta ad un terzo, tirandolo pei baffi, scomponendo la pettinatura ad un quarto, o spruzzandogli addosso acqua od altro, provocandolo a giuocar di forza, d’astuzia con esse e permettendo che altrettali modi, soverchiamente confidenziali e sconvenienti, vengano ad esse ricambiati. Queste povere ed incaute fanciulle credono per questo loro brio di rendersi interessanti, mentre invece urtano la delicatezza, il senso del pudore delle persone riservate e distinte, e sono per tal modo giudicate noiose, civettuole, sfacciate.
Una giovinetta non è mai troppo dignitosa e riservata. Anche colle persone che più ama se vuol conservarne la stima ed alimentarne l’affetto, ella deve non mai trascendere in troppo intime e svenevoli tenerezze. E queste raccomandazioni meglio a voce che per iscritto una madre può fare alla propria figlia, ogni qualvolta se ne presenta l’occasione.
Tu sei piccoletta ancora, cara Maria, ma fin d’ora desidero che tu ti armi contro certi pericoli, che potrebbero diventarti fatali, se tu non ne fossi in tempo prevenuta.
Finchè vivi al fianco di tua madre, ascoltandone il consiglio, od il rimprovero, o l’affettuosa parola d’approvazione, non v’ha pericolo che il tuo cuore si guasti. Tra le cure domestiche, i tuoi lavori, lo studio, le istruttive e morali letture, i tuoi fiori, le tue bambole, ti conservi ognora pura, calma e lieta. Ma se le circostanze porteranno che tu t’abbia ad allontanare da lei, è bene che tu sappia, che non tutte le compagnie sono buone, non tutti i discorsi leciti, non tutte le letture convenienti, non tutti gli alti, e le celie adatti ad una fanciulla. Vi sono nelle scuole od in certe famiglie delle ragazze buone, pudibonde, ingenue, ben educate, la cui compagnia è piacevole e carissima. Queste tu devi imitare, stringendoli ad esse in amicizia. Ve ne sono poi disgraziatamente di quelle prive d’ogni buon principio morale, ignare di tutto ciò che è bene, gentilezza; — meglio è chiudere l’orecchio ai loro discorsi insulsi, maliziosi, sconci, i quali offenderebbero la tua innocenza, la tua onestà e modestia, e turbandoti la mente, guasterebbero il vergine tuo cuoricino. Guardati dalla loro intimità, dalle loro confidenze pericolose, come da un serpe velenoso. — Non meno dannose dei discorsi di tali compagne sono certe letture, a ben giusto titolo, poste all’indice. — Non leggere perciò mai ciò che la mamma od altra persona saggia ed autorevole non ti consigli e permetta. — I libri sono per l’anima, ciò che il cibo è pel corpo. Un cibo od un libro sano ti nutre ed invigorisce; un cibo od un libro malsano t’ammala, ti snerva e ti fa più danno dello stesso digiuno, ossia dell’ignoranza. Le fanciulle talvolta perdono quel soave riserbo, che tanto le rende amabili e care, a cagione delle cattive relazioni che coltivano, delle troppe lodi che ricevono dall’uomo, assai spesso non sincere. — È usanza di molte persone complimentose il lodare gli occhi, i capelli, il sorriso, i denti, il colorito, le movenze, lo spirito di qualsiasi fanciulla vedano, e molte volte tu stessa dovrai sentirti a dire di essere bella, simpatica, seducente, spiritosa, benchè nessuno ravvisi in te nulla di straordinario. Guai, o mia povera Maria, se t’illudi di essere veramente una Venere od una Minerva, se credi di far colpo quando entri in una sala, o quando guardi qualcheduno! Guai a te se pensi alla posa più artistica, che meglio ti si adatta, se fissi lo sguardo sugli uni o sugli altri per essere guardata, se credi che ti si dica bella, cara, interessante per puro amore! Il vero amore, figlia mia, è riservato, e teme sempre d’incontrar disistima. Le enfatiche proteste amorose, che si profondono alle prime venute, credilo, sono sempre fallaci, e devi prenderle come un complimento d’uso, forse un po’ spinto, per difetto di riserbo o di buon gusto in chi lo proferisce e non dargli alcun valore. — Abbi sempre presente che la più bella tra le fanciulle è quella che non sa di esserlo, che non si studia di apparirlo, e che ha il candore dell’anima dipinto sulle rosee e pudibonde gote.
E con Pizia, figlia del gran filosofo Aristotile, dirò: che il colore che più mi piace è quello che il pudore cosparge sulle guance di una virtuosa fanciulla.
Ricordati, mia cara, che il pudore e la dignità saranno un giorno la migliore salvaguardia del tuo onore, sul quale una donna non può, non deve mai transigere.
Per salvar l’onore di sua figlia Virginia, tu lo sai, Virginio Centurione, preferì darle di sua mano la morte. Per aver suo malgrado, perduto l’onore Lucrezia, moglie di Collatino, da sè stessa s’uccise. E le leggi di tutti i tempi e di tutti i luoghi hanno sempre punito, persino crudelmente, le fanciulle e le spose, che peccarono contro la pudicizia. Le Vestali ree erano sepolte vive; le sacerdotesse di Diana impudiche arse sul rogo; le adultere lapidate presso gli antichi Ebrei e decapitale presso gli altri popoli. Oggidì più miti si sono fatte le leggi; cionondimeno l'opinione pubblica censura severissimamente la donna non casta, ed il codice del pari la punisce con rigore in certi casi speciali, mentre la pura e riservata spande intorno a sé un sì soave e celestiale profumo, che le ottiene la stima, il rispetto, e, direi quasi, la venerazione universale. Ella è la gioia dei genitori e dei fratelli, l'orgoglio, l'amore del marito, de’ figli; mentre l’invereconda è mostrata a dito, è esclusa o mal accolta dalle distinte società, è disprezzata come il fango che si calpesta, e dopo una breve gioventù di febbrili e vane emozioni, non ha che la prospettiva d’una prematura vecchiaia, tormentata dal rimorso d’una vita infruttuosa e biasimevole, e dalla noia della solitudine; imperocché chi non ha seminato stima ed amore in primavera non li può raccogliere in autunno.