Frammenti (Saffo - Bustelli)/Vita di Saffo/VI
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Se vorremo acquetarci ad Ovidio (Eroidi, XV, 61-62), nel sesto anno perdette il padre; nè troppo tardi, sembra, anche la madre, sebbene di questo nome diventi più dolce il Framm. XXXII, dolcissimo; poichè la figlia, natale postuma, chiamò del nome materno. Questa figliuola ebbe dalle nozze con Cercola, andrese, ricchissimo, secondo Suida; secondo il Neue, un pover uomo e ramingo, al quale i commediografi greci, infesti alla memoria di Saffo, dessero per istrazio questo nome, che in greco bruttamente suona. Certo al marito, se ricchissimo e altero delle ricchezze, ella ricchissima dell’ingegno e del cuore, poteva alteramente dire:
- Sposo, or non v’ha fanciulla altra cotale.
- (Framm. lxxii).
Nominò la sua Clide nel Framm. lxxii, recato per Efestione senza nome d’autore, ma, come lascia intendere Suida, costantemente avuto per saffico sin dall’antichità. La ricordò, senza nominarla, nel Framm. XXVI. Giorgio Merula d’Alessandria della Paglia, il fiero avversario del Poliziano, nel commentario dell’eroide ovidiana di Saffo a Faone, anticamente stampato, pose, nè veramente so donde e’ sel cavasse, che da queste nozze uscisse un figliuolo che Saffo nominò Didan. Vissuta alquanto col consorte doviziosissimo, lo perdette: nè la vedova, quantunque giovanissima e dottissima e danarosa, consentì a nuovo connubio; e gli anni della vedovanza diede onoratamente agli studii, e, un po’ troppo liberamente, alla voluttà. Ma la voluttà non impedì lei, come suole altrui, dagli studii. A Saffo nella sollecita vedovanza e nel rifiuto di rimaritarsi e nella vedovanza spesa, comecchè meno prosperamente, nel poetare, somigliò la nostra Vittoria Colonna; che per incorrotta costumatezza forte le dissomigliò. Le rimasero Larico, Eurigio e Carasso, fratelli: al primo, perchè somministrava ai Mitilenesi il vino nel Pritaneo (cioè nella Curia), verseggiò lodi affettuose (Ateneo, x; Eustazio, Sull’Iliade, xx); a Carasso invettive. Questi, andato a Neucrati per mercanteggiare il vino di Lesbo, invaghì colà di certa mala femmina, per nome Dorica o altramente Rodopide, dal cui padrone comperolla a gran prezzo (Erodoto, II, 135, Strabone, XVII, Ateneo, XIII, Diodoro, I). Costei, trace d’origine, aveva un tempo servito con Esopo a Iadmone Samio: poi, ragunate assai ricchezze in Egitto, consacrò a Delfo, a ricordanza di sè, molte aste o pungoli di ferro da stimolar buoi. Altro narrarono di costei gli antichi, favoleggiando. Carasso, sposatala, n’ebbe prole: ma Saffo rimbrottò duramente ne’ versi Dorica e il fratello, fattosi, più che compagno, schiavo di avara e impudica e ingannatrice femmina (Erodoto ed Ateneo; Suida, Voce Ῥοδώπιδος).
Non restando memoria del maestro di Saffo, Saverio Broglio d’Ajano (Saffo di Lesbo, Par. I, Note), considerato che Terpandro d’Antissa e Arione di Metimna, illustri musici, lirici ed innografi, le fiorirono il primo un poco innanzi e l’altro contemporaneo, tenne per probabile che l’uno in sua vecchiezza, l’altro in gioventù la disciplinassero. Ch’ella studiasse in Pamfo innografo, avuto per coetaneo di Lino, fu detto da Pausania (Beotici, 29): leggermente e sicuramente possiamo conghietturare, ch’ella svolgesse e meditasse i molti e celebrati poeti che la precedettero. Ammaestrò liberamente, secondo Massimo Tirio, nelle lettere greche e nella musica, le fanciulle cittadine e forestiere, che a lei concorrevano da più bande; da Bisanzio, Rodi, Mileto, Colofone, Teo, Salamina; e d’altronde. Durano, rammemorati da Ovidio, Massimo Tirio (Dissert. XXIV), Suida (Voce Σαπφὼ) e Zenobio, e dai Frammenti della maestra, i nomi di Damofila Pamfilia, Mnaide, Dorica, Eunica, Pirino, Cidno, Amitone, Telesilla, Anattoria, Megara, Gorgone, Anagora, Gellone, Erinna, Attide, Andromeda, Gongila; tutte amiche e discepole sue. Il D’Ajano aggiunge, non so donde tratta, Cirene. Di costoro vennero in alcuna fama Eunica da Salamina, Anagora di Mileto, Damofila di Pamfilia, Gongila di Colofone; ma d’assai più l’Erinna da Lesbo (o Rodi o Teo), l’una delle nove maggiori poetesse greche: la quale attestano intrinseca della Nostra Suida (Voce Ἤριννα) ed Eustazio (Sopra l’Iliade, II). Costei, morta immatura a diciannove anni, pareggiò, per giudizio di Suida, co’ versi epici Omero, e, secondo Filostrato (Vita di Apollonio Tianeo, I, 30), lasciò poemi e famosi inni a Diana Pergea. La Grecia fiorì di poetesse, come di poeti, a ribocco: e Goffredo Oleario (De poëtriis graecis) ne computa meglio che settanta; ma valentissime le nove famose; Saffo, Corinna, Erinna, Anite, Telesilla, Mirtide, Nosside, Miro, Prassilla. «Suida, all’articolo Σαπφὼ, fa una distinzione fra le ἑταῖραι e le μαθήτριαι di Saffo: ma certamente le ἑταῖραι in principio furon μαθήτριαι (Müller).» Nominando Suida tra le costei discepole un’Anagora da Mileto e Massimo Tirio un’Anattoria, il D’Ajano ed altri le credettero due diverse alunne: se non che il Müller opinò dover esser nomi alquanto diversi d’una medesima femmina; essendo che la città di Mileto, patria della prima, fu detta prima Anattoria (Stefano Bizantino, Voce Μίλητος; Eustazio, Sopra l’Iliade, II, 8; Scoliaste d’Apollonio Rodio, I, 187). Di coteste discepole Saffo molte amò fuor di modo, altre odiò: Damofila, sua famigliarissima, spronò coll’esempio a verseggiare (Apollonio Tianeo presso Filostrato, I, 30); talune, le più care o le più nimiche, nomina o accenna berteggiando ne’ Frammenti (XIV, XXI, XXXV, XXXIX, XLI, LV, LXXXVII); e di Gellone vergine, che diede occasione a un proverbio greco, pianse forse ne’ canti la morte immatura (Zenobio, Proverbii, III, 3).