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saffico sin dall’antichità. La ricordò, senza nominarla, nel Framm. xxvi. Giorgio Merula d’Alessandria della Paglia, il fiero avversario del Poliziano, nel commentario dell’eroide ovidiana di Saffo a Faone, anticamente stampato, pose, nè veramente so donde e’ sel cavasse, che da queste nozze uscisse un figliuolo che Saffo nominò Didan. Vissuta alquanto col consorte doviziosissimo, lo perdette: nè la vedova, quantunque giovanissima e dottissima e danarosa, consentì a nuovo connubio; e gli anni della vedovanza diede onoratamente agli studii, e, un po’ troppo liberamente, alla voluttà. Ma la voluttà non impedì lei, come suole altrui, dagli studii. A Saffo nella sollecita vedovanza e nel rifiuto di rimaritarsi e nella vedovanza spesa, comecchè meno prosperamente, nel poetare, somigliò la nostra Vittoria Colonna; che per incorrotta costumatezza forte le dissomigliò. Le rimasero Larico, Eurigio e Carasso, fratelli: al primo, perchè somministrava ai Mitilenesi il vino nel Pritaneo (cioè nella Curia), verseggiò lodi affettuose (Ateneo, x; Eustazio, Sull’Iliade, xx); a Carasso invettive. Questi, andato a Neucrati per mercanteggiare il vino di Lesbo, invaghì colà di