Fra la favola e il romanzo/Zaccaria/XII

Zaccaria - XII

../XI ../XIII IncludiIntestazione 24 gennaio 2024 75% Da definire

Zaccaria - XI Zaccaria - XIII
[p. 102 modifica]

XII.



A levante di Sebastopoli lungo il corso della Cernaja giace una valle che s’insinua fino ad un sobborgo della città verso il porto. Essa è circondata da dirupi e da burroni, che le servono di naturale baluardo. Le alture sono coronate dalle ruine del villaggio d’Inkermann, di cui la valle porta il nome. In essa avea posto le tende l’ala diritta dell’esercito inglese, improvvidamente fidando nella sicurezza del luogo.

In una notte oscurissima 50 mila russi, muniti di formidabili artiglierie, uscivano dalla assediata città e giravano dietro i burroni della valle; col favor delle tenebre ne scalano silenziosi le cime, circondano il campo inglese, ed attendono i primi albori. Il giorno 5 novembre levavasi piovoso, tetro ed oscuro per una [p. 103 modifica]foltissima nebbia. Le falangi russe precipitano inaspettate sulle milizie inglesi che corrono alle armi e danno principio ad una sanguinosa lotta. Da un lato e dall’altro si combatte con uguale coraggio, con uguale furore. Gli inglesi tentano respingere l’esercito assalitore: ma il nemico è troppo numeroso e risoluto, e piomba da ogni parte su loro come impetuosa valanga. Accorrono le milizie francesi. La battaglia diviene tremenda, gigantesca. Gli assaliti e gli assalitori fanno prodigi di valore: i capitani combattono come soldati, a corpo a corpo, alla baionetta, mentre le artiglierie coi loro lampi sinistri rischiarano l’orribile scena, e mietono a migliaia le vite. A mezzogiorno i russi erano ricacciati di là della Cernaia e 15 mila uomini morti o feriti giacevano sul campo.

La sera avvicinavasi rapida, caliginosa, glaciale: la luna pallida sorgeva dietro le torri di Sebastopoli. Gli alleati sebbene vittoriosi rientravano sfiniti e decimati nei propri attendamenti; venivano a gruppi, a manipoli, alla sbandata; alcune compagnie erano ridotte un pugno d’uomini. Zaccaria stava fisso dinanzi al padiglione di Roberto cercando fra i reduci con isguardo ansioso. A mezza mattina avea dalla baracca veduto il reggimento di Roberto dirigersi a passo di corsa verso il luogo della battaglia. Il tenente aveagli gridato da lungi: — addio, Zaccaria. — Ora quell’addio risuonavagli all’orecchio come un eco funesto. Il reggimento era tutto tornato. Tutto? No. Fatta la rassegna, mancavano parecchi ufficiali e tre centinaia di soldati. Sono morti? sono feriti? sono prigionieri? Chi lo sa!

Zaccaria era in preda ad una terribile angoscia. [p. 104 modifica]Roberto, il suo buon amico, il protettore era ferito?...Morto forse? — No, no, Dio mio! Non lo fate morire, non lo fate morire!

A mezzanotte vagava ancora intorno alla tenda in tormentosa aspettativa, quando un lungo convoglio di soldati venne a passarvi dinanzi. Alcuni di essi procedono armati e muniti di faci; li seguono altri che portano a spalla vaste barelle e comode lettighe. Poi parecchi chirurgi ed infermieri con lanterne accese; poi un cappellano militare; infine altri soldati, o armati, o con pale e picconi.

— Dove vanno essi?

— Al campo, per raccogliere i feriti e seppellire i morti.

Il fanciullo corre alla baracca, toglie un fanaletto e s’affretta per raggiungere il convoglio. — Roberto! Oh io voglio trovare Roberto.

Eccoci nella valle d’Inkermann. Dio, quale orribile vista! Il terreno coperto di cadaveri e di morenti; i cavalli ammonticchiati insieme agli uomini formano gruppi i più strani e spaventevoli; le armi abbandonate, infrante sono assiepate nel fangoso terreno; il piede sdrucciolante arrestasi inerte nelle pozze di sangue; i gemiti degli agonizzanti, i lamenti dei feriti tristamente echeggiano per la quieta aria notturna. Russi, inglesi, francesi vengono in cento strane forme congiunti, aggruppati, ammonticchiati. I soldati del convoglio pietosamente adagiano i feriti sulle lettighe, ed ai morti scavano profonda fossa. Zaccaria, vincendo l’orrore di quella nefanda scena, col suo fanaletto in mano, incede fra i cadaveri, fra i feriti, inciampa, trabocca, si rialza lurido di sangue, e prosiegue gettando appena lo sguardo sugli inglesi e sui [p. 105 modifica]russi; ma fermando i passi ogni qual volta crede raffigurare un soldato francese.

Uno, due, tre, tanti, sono tutti della compagnia di Roberto. Questi sono morti, questi altri pure.

Mossiù Roberto, mossiù Roberto, chiama tutto in angoscia il povero fanciullo.

Un ferito che carpone tenta avvicinarsi alle barelle: — chi cerchi ragazzo? gli dice, monsieur Robert, il tenente, sta più giù; non ha più l’imbarazzo di una gamba.

Il fanciullo palpitante avanza con cautela, con lo sguardo intento, gettando la luce della lanterna su d’ogni volto, su d’ogni sasso.

— Ah eccolo, ah eccolo, — egli esclama — mossiù Roberto, coraggio. Siamo salvi; salvi, mossiù Roberto.

Roberto, sfinito e per la perdita del sangue, e per lo spasimo, aprì gli occhi, ma non ebbe forza di rispondere.

Poco dopo disteso in una delle lettighe, egli era portato allo spedale, mentre il fanciullo piangente accompagnavalo da lato tenendolo per mano. La gamba era lacerata in più parti e le ossa frantumate. Non v’era altro rimedio che l’amputazione; e fu fatta. Zaccaria dipartivasi di rado dal letto del disgraziato tenente, il quale raddoppiava di tenerezza e di amicizia verso il bravo fanciullo, che, timido di natura, in quella occasione avea dato prove di un coraggio immenso.

Gli ospedali da campo, per quanto ampî e numerosi fossero, erano ricolmi di malati e di feriti; e coloro, pe’ quali non si aveva speranza di guarigione compiuta, venivano posti su di una nave a vapore e [p. 106 modifica]trasportati negli ospedali che la Francia aveva fatto stabilire a Costantinopoli, ed in cui si prodigavano ai feriti le più intelligenti ed amorevoli cure. Questa sorte ebbe Roberto: e Zaccaria, volere o non volere, decise di partire con esso lui.

In due mesi alla baracca s’erano fatti buoni guadagni, e l’ex-caporale, che in fondo non era malcontento di sbarazzarsi del fanciullo, gli consegnò di sua parte parecchie centinaia di franchi. A veder Zaccaria il giorno dell’imbarco, sarebbesi detto che il piacere di accompagnare il tenente Roberto fosse raddoppiato dal pensiero di allontanarsi dalle cannonate, dalla guerra, da quei luoghi di distruzione, dove da più settimane udiva solo a parlare di morti e di feriti. La memoria del campo d’Inkermann facealo rabbrividire e tremare come se di nuovo fosse preso dalla febbre. Ed alla certezza che fra la guerra e lui sarebbevi in breve il mare di mezzo, gongolava dalla gioia.