Fra la favola e il romanzo/Zaccaria/V

Zaccaria - V

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V.



Intanto erano scorsi due anni. Zaccaria, oltre i sigari, aveva esteso il suo commercio alla carta, ai lapis, alle penne di acciaio, ed avea dovuto provvedersi di una cassetta più grande. I guadagni erano buoni, ed il sergente Roberto tenevagli già in serbo qualche centinaio di lire.

Era l’estate del 1854. Da più mesi durava la guerra fra la Turchia e la Russia, la quale aveva portato le sue armi nei principati Danubiani ed in Bulgaria combattendo con poco buon esito a Kalafat, a Giurgewo, a Oltewnitza, a Turtokai ed a Silistria. Ma sul mare gli Ottomani aveano avuto fortuna contraria; ed una parte della loro flotta era stata dai russi distrutta nelle acque di Sinope nel mar Nero. La Turchia, che a lungo andare non avrebbe potuto resistere alla colossale potenza della Russia, strinse alleanza con la Francia, l’Inghilterra e il Piemonte, che accorsero in sua difesa con potente navilio, e numeroso esercito.

Fra le milizie destinate per la spedizione era compreso il reggimento al quale apparteneva il sergente [p. 80 modifica]Roberto; ed in pochi giorni dovette porsi in ordine per la partenza e per l’imbarco da operarsi a Civitavecchia. Il povero Zaccaria non si attendeva a siffatto annunzio. Come coloro che trovansi soli e derelitti nel mondo, egli possedeva una sovrabbondanza di affetti che tutti avea riversati in Roberto, cui era pure riconoscente per le cure usategli; e lo amava come padre, come fratello, come amico. Quando dunque seppe dalla bocca stessa del sergente la dolorosa notizia, ammutolì; poi a lenti passi s’incamminò verso la sua casa; ascese alla soffitta, vi si rinchiuse; e immemore del suo traffico, passò tutta la giornata seduto sulla sponda del letticciuolo col capo fra le mani. Sul far della sera, all’ora della rassegna, scese giù al quartiere, aspettò il sergente, e, chiamatolo in disparte, gli disse: — Mossiù Roberto, vorrei dirti una parola. — Il sergente, maravigliato per il tono serio del fanciullo, lo fece entrare in una sala terrena, e seduto su di una panca, s’aspettava qualche scena di lagrime. Ma Zaccaria ad occhi asciutti gli si pose dinanzi, e guardandolo nel viso con accento risoluto, che in lui non pareva possibile: — Mossiù Roberto, dissegli, io a Roma solo non ci resto; se tu parti, parto anch’io, e verrò dove tu vai.

— Che ti salta mai in capo, ragazzo mio! — risposegli il sergente con dolcezza; — ma sai tu dove il mio dovere m’obbliga d’andare?

— Sì, so che vai lontano lontano: so che vai dai turchi, che vai alla guerra.

— Ma sai tu che cosa sia andare alla guerra?

— No, non lo so: ma io vengo con te.

— Anche volendo, Zaccaria, non lo potresti; e Dio ti scampi dal trovarti dove si fa la guerra. Nella [p. 81 modifica]guerra, vedi, vi sono marce, contromarce, fucilate, cannonate, e poi.... e poi...

― Sì, come quando andate alla finta battaglia. Ebbene ne ho intese tante di fucilate, e di cannonate io....

― Quelle della finta battaglia sono innocue, ma nella vera, ragazzo mio, vi sono feriti, vi sono morti, ed anch’io da un momento all’altro posso restare sul campo...

― No; lo interruppe Zaccaria quasi con un grido; no, tu non puoi morire....

Rimase alquanto silenzioso, quindi riprese: ― Senti, Mossiù Roberto, laggiù dai turchi vi saranno assai soldati i quali fumeranno ed avranno bisogno di sigari e di tutte le altre cose che io vendo. Io guadagnerò assai più di qui. Così in breve tempo mi farò ricco, e ti sarò stato vicino. Io qui solo non ci resto. Ci fosse almeno la Signora.... ma neppure lei.... fammi venire con te, fammi venire con te....

Il dialogo durò fino a che il tamburo battè la rassegna, il sergente tenendosi sulla negativa, Zaccaria pregandolo con sempre crescente insistenza.

Passarono parecchi giorni. Gli apprestamenti di viaggio erano compiuti, e si stava alla vigilia della partenza. Zaccaria era ostinatamente fermo nella sua risoluzione, sebbene non sapesse da per sè come mandarla ad effetto. E tanto seppe fare e tanto seppe dire che il sergente s’indusse ad affidare il ragazzo ad un ex caporale, che per qualche tempo era stato cantiniere del Reggimento. Costui, quantunque compiuto avesse il servizio di leva, erasi deciso di seguire l’esercito per ispeculare in vini e in proviande sotto una di quelle trabacche provvisorie che in tempo [p. 82 modifica]di guerra formano l’oasi del soldato, in ispecie dei graduati, e sono una ricchissima miniera per l’avveduto bettoliere. Zaccaria possedeva qualche poco di danaro, avea acquistato una certa pratica nel vendere; e poi era di buona volontà ed onesto, e l’ex caporale non dubitò di accettarlo come socio nella propria impresa con l’animo di valersi anche dell’opera sua. Fu per questo deciso che, potendo ottenerne il permesso, con lui si sarebbe imbarcato sopra una delle numerose navi di commercio dal governo francese noleggiate al trasporto delle munizioni da bocca e da guerra per uso dell’esercito.