Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1878 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu sonetti Foresta Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Moniti Danza
Questo testo fa parte della raccolta XIV. Da 'Iside'
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XXVII

FORESTA

Numina per sylvam ludunt: vos carpite flores.
nymphae.


Come è fuor dell’usato
tacita la foresta!
Non allegro latrato
di cani o tibia di pastor tu senti:
5nelle sue verdi chiome
pur non giocano i venti.
Oh come strana, oh come
ell’è, senz’esser mesta!
Se tu intendi l’udito,
10mia dolce Azzarelina,
ti fere un mormorio
sottil, vago, infinito:
non altro. È la divina
Iside che s’asconde
15sotto i muschi e le fronde?
od è un piú dolce iddio

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che qui sospira? Io noi so dir, ma parmi
che una potenza arcana
è qui. Son forse i carmi,
20che il fauno e la silvana
van susurrando lieti
dentro il crin degli abeti,
o sotto le rugose
felci che il lume della luna imbianca?
25Dalle segrete cose
io qualche nota so rapir talvolta:
qui mi t’assidi a manca,
Azzarelina, e ascolta.
In questa verde selva
30tutto è laccio d’amore:
l’erba favella al fiore,
il fior favella all’albero,
e l’albero alla belva,
e la belva feroce o la gentile
35al ritornante aprile.
In questa selva bruna
le deitá piú belle
favellano alle stelle,
parlan le stelle all’etere,
40e l’etere alla luna,
e la luna alla notte e questa ai tanti
suoi pensierosi amanti.
Nell’alto verde io teco
favello, Azzarelina;
45e una cara indovina,
che ti ripete il murmure
delle mie voci, è l’Eco;
e l’Eco parla all’aura, e l’aura lieve
parla al tuo vel di neve.

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50E il candido tuo velo
parla al tuo core, ed io
parlo con ogni iddio
di questa selva, e il pelago
parla di noi col cielo;
55e, piú che giunco il rivo o foglia il ramo,
Azzarelina, io t’amo.
È questa selva eterna,
perché ritorna maggio,
perché degli astri il raggio
60molle ne irrora i cespiti,
pur quando gela e verna:
perché fresco un umor, come in noi due,
stilla nell’urne sue.
Qui sorgerá la festa
65dei bruni veltri ancora;
e alla ridente aurora,
dei mandriani il cantico
s’udrá per la foresta;
e numi e ninfe nelle consce grotte
70invocheran la Notte.
Sui talami muscosi
quanti sospir sommessi,
quanti teneri amplessi,
mentre usciran le amabili
75Ore danzando! O ascosi
baci rapiti ai sacri boschi in seno,
chi vi pon legge o freno?
Non ha dolcezze uguali
fior d’ibla o fior d’Inietto,
80o nel divin banchetto
ciò che invermiglia il calice

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al re degli immortali;
né ottien poi sempre chi ha corona e trono
d’un di quei baci il dono.
85Azzarelina, oh! bada
che alata è la terrena
letizia. A me catena
fa’ di tue braccia. È limpido
il ciel, nella rugiada
90spira l’ambrosia, son fioriti i dumi:
questa è l’ora dei numi!
Com’è, com’è profondo
il silenzio del bosco
e quel degli occhi tuoi!
95Dimmi: è scomparso il mondo
o il mondo è qui con noi?
Io piú non mi conosco,
e in me stilla un languor che sembra morte.
Le tue braccia rattorte
100al collo mio, come fiorenti rami
di mandorlo, colora
col suo raggio la luna.
ma riso o voce alcuna
sul tuo labbro non fiora.
105Giaci pallida e muta e al ciel somigli,
che è muto a riguardar l’opra sua rara.
Scomposta abbruna l’erba
la tua treccia superba;
due rugiadosi gigli
110son le tue tempia, o cara:
potessimo dormire,
senza piú risvegliarci, in questa riva!
L’anima nostra è viva,
poscia che amò, per una cosa sola,

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115alta, gentil: morire.
Però che il tempo vola,
vola e non torna piú. Svegliarsi è grave
dopo un sogno d’amore;
dormi, fanciulla mia, dormi soave.
120Come ti batte il core!
Che profondo sorriso
.ti spunta in fantasia?
Ah! tu sogni l’Eliso,
Azzarelina mia.
125O nuvole che andate
improvvise per l’aria,
la bella solitaria
vi commova a pietá. Deh! non turbate,
aquiloni del ciel, la sognatrice.
130È maligno talento
invidiar la breve ora felice
a noi schiatta percossa,
a noi che andiam, come fogliette al vento,
nella cupida fossa.
135Dormi, amor mio. Chi sa ciò che tu miri
sotto il vel delle ciglia e in che sospiri?
Tu spargi la infinita
ridente anima tua fuor della vita.