Firenze sotterranea/Capitolo VII

Capitolo VII

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VII


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Io vi ho accennato più volte alla questione dei bambini, e la vedrete uscire spiccata, con conseguenze spaventose, da ciò che mi resta a dirvi sul Ghetto.

Anni sono fuggiva dall’ergastolo il galeotto Ron.... Subito venne a nascondersi nel Ghetto dove avea i suoi amici migliori; que’ bricconi fecero una colletta in suo favore: il ritorno di un sì ottimo cittadino dovea esser celebrato! Lo riseppe la Polizia, tentò una sorpresa, ma il galeotto stava sull’avviso, e avvertito da’ suoi potè sempre mettersi in salvo. Non lo arrestarono sin che rimase nel Ghetto: ma uscitone chi sa come, e sotto quali panni, fu preso da un bravissimo agente verso la chiesa di Sant’Ambrogio, dove apparecchiavasi a nuovissime gesta. [p. 110 modifica]

Costui era nato nel Ghetto. Sua madre (come ve ne ha tante tra la popolazione dissoluta, corrotta, scellerata, che vive tra quelle macerie, sotto quegli arcacci diruti, nel casale più fosco e più lurido, che possa vedersi in una città d’Europa) da bambino lo mandava per pretesto a bottega, ma — Indùstriati... - le diceva quella buona madre... - cerca di fare! guarda se ti riesce portar a casa qualche coserella. —

Il bambino, seguendo i precetti della donna iniqua, rubò una, due, tre volte: fu scoperto, punito. Abbiamo due specie di maternità: quella della madre, eroica, che succhia la ferita del bambino, e muore in un tale slancio di sacrifizio: abbiamo la madre, che dà a’ figliuoli il latte del suo seno, il sangue del suo cuore: la donna santa, eroica, che tutti adoriamo, la più divina immagine dell’amore sulla terra... Abbiamo poi le madri, che commettono il più atroce degli infanticidii: uccidono le anime de’ loro piccini: uccidono in essi l’innocenza, che è la luce degli anni primi, l’onore, che è il faro di tutta la vita!

Il bambino Ron... diventò ladro per gl’insegnamenti di sua madre; fu ladro da adolescente: quindi capo di una brigata di ladri. Nel suo ultimo interrogatorio, prima di esser condannato alla [p. 111 modifica]ga-lera, espose tutto. — Debbo la mia disgrazia — egli ripeteva — a mia madre. —

Avea un figliuolo: la carità di gente pietosa lo raccolse, fu vigilato, educato in un istituto: ne uscì un bravo operaio. Lasciato nel Ghetto, in mezzo alle congreghe di tanti furfanti, egli avrebbe seguito la strada del padre. Vedete miracolo della provvidenza sociale! E però è nostro debito vegliare: è colpa attenuare miserie, che esistono, per egoismo di non soccorrerle, palliare una nefanda corruzione, che si propaga, per non faticare ad emendarla.

Nel Ghetto sono varii ripari, non sta bene chiamarli alberghi, dove dormono a diecine ladri, pregiudicati, tristi di ogni specie. La Polizia, come sapete, vi entra ad ogni ora della notte. E vi sono entrato anch’io per vedere, osservare. Qual gran pericolo ci è lì per l’igiene, la morale, la sicurezza di Firenze! È difficile trovare spettacolo più disgustoso, e di una maggior abiezione.

Uno di questi fu tenuto da una donna che avea passato varii anni nelle carceri, e avea per drudo un ex galeotto. Miser su una famiglia: dalla triste unione nacquer figliuoli. Oggi son tutti nelle Case di forza: donna, drudo, figliuoli, e gl’inquilini, che andavano a dormir nell’albergo. [p. 112 modifica]

Ci fu pure un tedesco, tra’ padroni di que’ sucidi raddotti. Aveva due bambini d’indole buona. Tutto il giorno bazzicavano ladri per casa: il padre era ladro e manutengolo. Volevano i figliuoli imparare un mestiere, ma gli esempi perversi li distornarono. Furon prima borsaiuoli, poi si strinsero in associazioni per imprese di più rilievo e più lucrose. Dal Ghetto sbalestrarono in galera. Il padre, zoppicante, con le grucce, accasciato dagli anni, vende i fiammiferi per le strade e chiede l’elemosina.

Vi ho già parlato di un bambino di quattordici anni, da me incontrato nel Ghetto, e che alla sua età ha subito ben dodici condanne.

Dacché siamo su tale argomento, eccovi un altro fatto.

Presso al Ghetto, nel vicolo del Fuoco, vi è un casone, composto di due immense stamberghe. Lì stanno insieme un trentadue famiglie, che vivono all’animalesca. È questo il ricettacolo di ladroncelli di notte, che esercitano un solo genere di furti. Portano una corda attortigliata al braccio, da un’estremità la tengono ferma alla mano, dall’altra pende un grosso gancio. Con mirabil destrezza lancian le cordicelle, come un laccio, alle finestre ove di notte son lasciati panni ad [p. 113 modifica]asciugare in certe piccole strade, tirano a sè la roba e fuggono.

Tra costoro vi è un ragazzetto mingherlino, svelto, che adoprano per farlo passare da’ più piccoli pertugii nelle case: e aprir loro le porte. Ha quattordici anni ed egli pure va già onusto di diciassette condanne.

Per tutto trovate il bambino in questi luoghi di contaminazione: il bambino, che nasce malato per la umidità, la insalubrità della stanza in cui può dire di non veder mai la luce: che nasce per esser corrotto, tradito, venduto, se appartiene ad un certo sesso: che è destinato a non esser mai innocente: a avere per genitori dei mostri, che voglion vivere ad ogni patto del suo disonore.

E non dite, per mercè, che io esagero. Vi posso dar le prove, e assolute, di tutto quello che io dico.

Sapete ciò che accadde, mesi or sono, nel Ghetto? Un bambino, che dormiva in uno di que’ letti ove stanno accovigliate cinque o sei persone di vario sesso, fu trovato soffocato. Due giorni dopo io entrai in quella stanza. Non potei andar più oltre della porta. Il puzzo ci asfissiava. Ed eravamo tutti agguerriti da lunghe escursioni [p. 114 modifica]in quelle gemonie. E pure in quel tanfo, in quella muffa, su que’ giacigli purulenti, vivevano varie persone, scialbe, scrofolose, anemiche, malate.

Potremmo esser noi più crudeli, più spensierati, più incauti?

Ma il bambino importa a me sopra tutto e su di esso insisto: la società ha verso di lui diritti, e altresì doveri imprescindibili; i suoi diritti gravano sul fanciullo come una verga di ferro, ed è troppo smemorata de’ suoi doveri. Il bambino porta in sè il nostro avvenire; non ha forza da opporre a’ suoi soverchiatori, nè ragione da resistere a’ suoi corruttori. Da ciò il dovere nella società di proteggerlo. Il bambino ha i diritti dell’animo: diritto alla educazione, alla istruzione, ad esser protetto. La società, che trascura di esser madre a questi infelici, un giorno si trova a essere da loro avuta in conto di nemica. L’avrebbero amata e la combattono. L’odiano e avrebbero potuto esserle utili!

Il bambino è fatto bersaglio a tutte le sevizie; espia tutte le malvagità. Dal Ghetto, dalle strade oltr’Arno, che vi ho descritte, dai vicoli immondi, che sono vicini al Ghetto, escono que’ bambini che la sera si trascinano per tutto, spesso febbricitanti, a piedi nudi, scherniti, abbrutiti, percossi, [p. 115 modifica]digiuni, perchè altri divora il pane, che è loro dato, altri arraffa i pochi centesimi, che ricevono. Il bambino in que’ ricoveri di ogni turpezza deve servire a tutto. Intendete bene! - Una notte abbiamo sorpreso una madre, che faceva questo giuochetto al figliuolo per cavarne denari e impietosire la gente. Aveva cercato dei ragni, e prima che il bambino si addormentasse, glieli metteva sugli occhi chiudendo glieli con gusci di noce, che gli legava sopra le palpebre. Tale spetta colo abbiamo veduto, e non è quello che ci ha più sdegnato. Se tutto potessimo raccontare!

Noi siamo teneri, è vero, pieni di cuore: abbiamo spinto la squisitezza del sentimento fino a istituire premii per... le asine più grasse. Ci e una Società protettrice degli animali, la quale pare abbia molta cura che gli asini sieno grassi: [p. 116 modifica]a proteggere i poveri, grami bambini penseremo ora, credo assai debolmente, e dopo aver pensato a proteggere gli animali! E sì che a ingrassare, in generale, gli asini pensano da sé, e la egregia Società protettrice, se volesse premiarli tutti, sarebbe forse esposta a una spesa, che eccederebbe le sue forze... Ma poniamo anche in altro, e più in alto, la nostra attenzione.

Nella loro adolescenza que’ bambini di cui parlo sono spinti alla mendicità, al furto dagli stessi loro genitori, e ne abbiamo in Firenze in tal condizione qualche centinaio: cresciuti un po’, si emancipano, vogliono vivere in ozio, poiché nulla hanno imparato della vita, si mutano in sostenitori di baldracche, campano sui rimasugli di luoghi infami, come animali che non sanno pascersi d’altro che di lordure. Un giorno si mescolano ad una rissa, si azzuffano, brandiscono un coltello, o muoiono, o uccidono! La pessima educazione li ha rovinati per sempre.

Cosa ha fatto per loro la società? Un giorno potrà condannarli a morte: e si anfanerà perchè sia loro largita la grazia. Ma piuttosto che difenderli tanto il giorno in cui dovrebber morire in modo sì violento, non sarebbe stato meglio assisterli, ricordarsi di loro il giorno in cui nacquero? [p. 117 modifica] [p. 119 modifica]

Voi, signora, cercate ne’ romanzi le commozioni: seguitatemi ne’ luoghi, ch’io vi descrivo: studiate con me il romanzo di miseria e di dolore, che io ho veduto svolgersi sotto i miei occhi. Proverete commozioni, palpiterete per abbandoni, per sventure, per ingiustizie, che pur troppo sono vere, e atte a temprar di molto quel vanto di carità, di civiltà, che noi ci diamo!

Fondate asili, fondate scuole! Intanto vi sono nel quartiere de’ ladri oltr’Arno e nel Ghetto scuole dove i bambini sono addestrati a fare i borsaiuoli. Entrate in una specie di soffitta: cinque o sei bambini, grami, macilenti, con occhietti furbacchioli stanno attorno a un orrido vecchio. Egli è in mezzo alla stanza, ora in piedi, ora seduto, i ragazzetti, uno dopo l’altro, se gli [p. 120 modifica]debbono accostare, debbono cavargli il fazzoletto, o altro oggetto di tasca, senza che egli se ne avveda...Se lo urtano, se mostrano non aver la mano assai leggera... sono sferzati, martoriati. Que’ ragazzetti son figliuoli di ladri! Il babbo o la mamma li affidano al maestro, che li paga per ogni scolare, da essi presentato. E di questi scolari egli poi si serve, e li manda attorno, a tutto suo beneficio. Le creature tenerelle, innocenti mi direte - non parlano, non fanno rivelazioni?