Fior di Sardegna/Capitolo XXVIII

Capitolo XXVIII

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XXVIII.


Quasi nel medesimo istante vibrò in lontananza un trillo di chitarra, e una voce sonora che cantava in gallurese una bella poesia d’amore. Massimo e Lara tacquero, come immersi in un’estasi sovrumana, guardando entrambi la medesima stella. La serenata si avvicinò fermossi sotto le finestre di casa Mannu, e, per un caso assai strano, la voce cantò in logudorese una poesia adattissima ai due giovani amanti:

  Appenas chi t’appo bidu,
Su coro mi nd’has furadu.
Amore m’has promittidu,
Amore, t’appo giuradu...
Attenta! su mundu infidu,
Nos cheret contrariare...

— Senti! — disse Lara, fremendo.

— Silenzio! — rispose Massimo.

— Se sapessero che siamo qui! — disse Lara dopo qualche istante.

— Silenzio! — ripetè il giovine: sorrisero entrambi mentre nella via proseguivano a cantare. All’ultima strofa la voce si fece più dolce e flebile come una carezza, come una promessa, e si spense lentamente nel silenzio azzurro della luna e della lontananza.

  Est su nostro castu amore,
Angelicu e non mundanu,
Chi su s’opponer est vanu,
Naralis senza timore...
Demus prestu, o bellu fiore,
Su chelu in terra gosare!...

— Hai sentito?... — chiese Massimo, stringendo la mano a Lara: e a sua volta chiudendo gli occhi, appoggiò la fronte ardente sulla spalla di lei, che gli carezzò dolcemente il viso con le sue manine di bimba. Qui accadde [p. 129 modifica]un incidente curioso. Passandogli una mano sui capelli, Lara domandò: — Che c’è qui dentro?

— Semi di zucca!... — rispose Massimo scherzosamente.

— Oh! oh! questa è bella! Dunque, la tua testa è una zucca? Va’, non ti voglio più allora, vattene!...

— Davvero?

— Sì!

— Allora, addio! — Si levò e mise in piedi Lara; raccolse il cappello cadutogli per terra da vari minuti, e fè mostra di andarsene.

— E te ne vai davvero? — domandò lei, stringendosi le mani, in tono piangente.

— Ma se me lo hai comandato tu?... — rispose egli.

— Pazzerello! L’ho fatto apposta per farti levar su per rimetterti il cappello, perchè avevi la testa fredda e poteva cagionarti del male lo stare a testa scoperta! —

Massimo tornò a sedere: Lara riprese il suo posto e il mantello, suo malgrado, la ricoprì nuovamente. Ricominciarono la strana conversazione.

— Lara adorata, come sei buona! Ma tu tremi... come hai freddo, carina! Che notte infame che ti faccio passare, Lara mia!

— No, non ho freddo! — rispose ella, che pure batteva i denti — ma tu appoggia di nuovo la tua testa qui, e dormi, così va bene!... Senti, quando sarò tua moglie e tu dormirai, io verrò e per svegliarti ti dirò. — Su, Massimo! È ora di levarti! — e ti farò così! — Si chinò e lo baciò sulle gote, sul collo e finalmente in bocca... — Se a Massimo avessero schiuso il paradiso, non sarebbe rimasto più contento: quelli erano i primi baci che Lara gli dava senza esserne richiesta. Una soddisfazione mai più provata gli allietò il cuore, gli illuminò la mente: spalancò gli occhi e, stringendo quasi brutalmente al suo seno la fanciulla, esclamò:

— Celeste creatura! Mi rendi il più felice fra i mortali! Come t’amo!... ah, se tu sapessi come t’amo, Lara! Non so esprimertelo, ma vorrei aprirmi il seno, vorrei introdurti nel mio cervello, immedesimarti in me per dimostrarti tutta la forza e l’estensione del mio amore... [p. 130 modifica]E nol posso! Senti, Lara, se ti bacio così spesso e tanto a lungo, non avertelo a male; non è che per dimostrare in qualche modo il mio ardente ed inesprimibile amore. Io t’adoro, t’idolatro, morrò per te, angelo mio, Lara mia adorata... Lara mia, mia, mia!

Su questo tono Massimo parlò per un buon pezzo, mentre Lara lo ascoltava in estasi, gli occhi spalancati, fissi nei suoi, trasportata in mondi lontani, in quei mondi bianchi, dai fiori nivei, l’atmosfera argentea pregna di acuti profumi d’incenso e da melodie d’arpe invisibili che aveva sognate nella vecchia chiesetta dei monti, nè l’ora del crepuscolo e della melanconia.

Suonò la mezzanotte; ad ogni rintocco i due giovani si scambiarono un bacio, e Massimo, negli intervalli, mormorava, le labbra unite: — Cara, t’amo, Lara mia! Quando le ore cessarono di suonare, egli esclamò!

— Mezzanotte! Due ore e più che siamo insieme, e che non abbiamo detto quasi nulla! Ma no, è un quarto, è un minuto che sono con te, Lara, non è vero? Perchè quando son solo, le ore sono assai più lunghe... Di queste due quasi non mi accorsi!

— E’ ancora presto, Massimo; non temere; ci separeremo al cantar dell’allodola, come Romeo e Giulietta, nostri destini si rassomigliano. — Ritornò triste a quel ricordo; al ricordo dell’odio ignorante, vecchio, ma non dimenticato, delle loro famiglie, alla inimicizia che li divideva inesorabilmente, e chinato il capo sul seno, pianse — Lara, Lara mia! — gemè Massimo, coprendole il volto di baci e tergendolo le lagrime come lassù fra le rupi, — non piangere! Vedi, metti la morte nel mio cuore. Spera, spera, e non piangere più così! Spera! I tempi cambieranno, e tu sarai mia e saremo felici! Ma guarda, Lara, mi pare d’aver sentito rumore... vedo ombre, là, nel cortile...

Lara cessò di piangere e guardò: infatti, correvano strane ombre su e giù e strani rumori frusciavano là vicino.. Tremò tutta, ma osservando e ascoltando meglio si accorse essere quelli soltanto effetti di ombra proiettati dal lume, che aveva lasciato acceso dietro la porta, i rumori destati da un gatto che si divertiva al chiaro di luna. Finì col ridere e rassicurò Massimo, che intanto le [p. 131 modifica]fece questa domanda: — Dimmi un po’, Lara, se ci sorprendesse tua madre, che faremmo?

— È impossibile! È impossibile! — rispose lei, sbigottita, e pallida.

— Ma se accadesse?

— Ah, Massimo, io non lo so, allora...

— Io dico che inginocchiandoci innanzi a lei, la moveremmo a pietà: e allora, parte per evitare lo scandalo, parte commossa dalle nostre preghiere, acconsentirebbe a lasciarci diventar felici...

Il volto di Lara si oscurò orribilmente. — Massimo, rispose, tu dunque non conosci le nostre famiglie? Senti, se stanotte verremmo scoperti per me sarebbe finita!......

— Che vuoi dire, Lara? T’uccideresti?

— Sì, — rispos’ella con ferma convinzione.

— Anch’io, Lara!

— Se potessimo morire insieme! — mormorò lei, appoggiandosi ancora all’omero del giovine. Trascorsero un momento tremendo, terribile.

— Lo vuoi?... — esclamò lui con un lampo negli occhi, chinando lentamente la mano alla rivoltella. Lara ci pensò; fu per dire un «sì» terribile, ma in quel punto, un’ultima istintiva speranza e l’idea che la loro morte rinfocolerebbe l’odio delle due famiglie, la rese forte.

— E avresti il coraggio di uccidermi? — mormorò con un singulto.

— Sì, piuttosto che vederti d’altri.

— Mai, Massimo, mai... mai!

— Sarai sempre mia, sempre? — chiese lui, baciandola freneticamente.

— Sempre tua col pensiero, sempre, sempre!... — Rimasero a lungo stretti, ricambiandosi un bacio che tutto lor faceva scordare, mentre Massimo ricantava la sua dolce cantilena:

— Cara, cara, tu sei l’angelo mio! Ora anch’io credo in Dio e nell’angelo custode, ch’Ei pone alla destra dei credenti, degli uomini tutti. Tu sei il mio angelo custode, Lara mia adorata, ed io t’amo tanto, tanto, tanto! Come sei bella! Le tue labbra sono dolci come il miele... Lara... v’hai tu messo del miele?.. [p. 132 modifica]

— Parliamo dell’avvenire! — esclamò lei ad un tratto distaccando le sue labbra da quelle di lui inaridite dal lunghissimo bacio. Massimo la accomodò bene sulle ginocchia, la ricoprì, le fece appoggiare il suo capo sulla sua spalla, e guardandola con indicibile amore, parlò a lungo dell’avvenire desiato tanto.

Quando Lara avrebbe compiuto ventun anni, lui l’avrebbe chiesta formalmente in isposa ai suoi parenti pregando, umiliandosi, facendo di tutto in fine per ottenerla. Ma se, cosa certissima, i parenti avessero rifiutato allora, Lara consentendolo, lui l’avrebbe presa con sè e protetti dalla legge, l’avrebbe fatta lo stesso sua sposa.

— Ma come? — chiese Lara.

— Sentimi bene, bambina bella! Tu una notte come questa, o magari peggio, poco importa, verrai là al cancello, ov’io ti aspetterò. Ti porgerò galantemente il braccio e ce ne andremo tranquillamente pei fatti nostri. I giorni dopo, sarai mia...

— Sì? davvero? — riprese Lara, spalancando gli occhi — Ove mi porterai?

— Lontano, lontano! In una bella città, a Cagliari, Sassari, per lo meno, dove io avrò preparato tutto anticipatamente. Tutto, comprendi, la casetta, il corredo, l’abito da sposa, il sacerdote. Se tu lo vuoi, sarai certamnte mia moglie. Lo vuoi, Lara?...

— Lo voglio!

— Lo sarai! Verrai dunque?

— Sì, Massimo!

— Me lo prometti?

— Te lo giuro!

— Cara fanciulla!

Lara rinchiuse gli occhi: a che pensava in quel punto? Certo, era qualcosa di orribile per lei, lasciare fuggitiva la casa paterna, che amava tanto, dove aveva tanto sofferto, ma dove pure erasi svolta tutta la sua esistenza, sognando sempre di lasciarla da sposa amata e felice... dopo quella fuga, quale splendido miraggio non l’attendeva? Massimo gliene parlava sommesso, fremendo nella voce, chiudendo anch’esso gli occhi per sognare più intensamente quell’avvenire tutto rose e azzurro.

— Dormi, Lara, dormi! — mormorava, cullandola soavemente fra le sue braccia. — Dormi e sogna! con me [p. 133 modifica]sarai la più felice fra le donne! Il giorno delle nostre nozze, cioè la notte dopo quel giorno che sarà il più lungo della mia vita, io ti piglierò per mano e conducendoti alla nostra stanza nuziale, io ti dirò baciandoti:

No, non chinar pensosa,gli occhi e la fronte onesta.Ecco la stanza ascosa.L’ara d’amore è questa! — E lieve lieve ti spoglerò dei tuoi abiti bianchi, coprendo di baci le tue spalle, le tue braccia e sollevandoti fra le mie, ti deporrò sull’ara bianca e profumata, dolce e bella vittima, e... spegnerò il lume!

Lara ritornò a spalancare gli occhi e li fisse sereni in quelli di Massimo. Strana creatura! Nessun fremito l’agitava nel sentire il giovine parlare così; anzi un sorriso le sfiorava il volto freddo e bianco. Chiese tranquillamente:

— E gli stivaletti? Ti credi ch’io vada a letto calzata?

— Ma no! — rispos’egli senz’alterarsi. — Intanto però tu stai male così: Sei stanca? Ah, se fossi un mago!

— Che cosa faresti?

— Comanderei che qui venisse subito posto un divano, affinchè la mia diletta fanciulla stesse comodamente seduta, oppure che mi si presentasse un cavallo alato. Io lo monterei, ti piglierei in groppa, e ce ne andremmo fra i monti ove sono tanti bei divani di musco fiorito, e là, fra i profumi silvestri dei boschi e dei fiori autunnali olezzanti nel plenilunio bianco... oh, come ben saprei parlarti d’amore, e dirti ciò che sento per te, ma che non posso esprimerti! Baciami, Lara; s’io non ti bacio, tu te ne dimentichi. Ne hai vergogna?

Per dimostrargli il contrario, Lara dovette baciarlo: uno dei soliti baci che duravano un quarto d’ora.

— Ah, — disse lei alla fine, — come farò a confessare tutti questi bei peccati?

— Come? Vai a confessarti?

— Sicuro!

— Credi in Dio, davvero, davvero? — Lara lo guardò, sorrise e minacciandolo graziosamente col dito, gli disse:

— Sei furbo! Però io sono più furba di te!

— Queste manine, queste care manine, dammele qui, che le voglio baciare! — rispos’egli, stringendole le mani e baciandole i diti ad uno ad uno. — Come sono piccine! se potessi prenderle con me, quante volte le bacerei, [p. 134 modifica]queste manine care! dicevamo dunque che andrai a confessarti e che dirai i tuoi peccatacci ad un estraneo. Perchè non ti confessi con me! Quali sono i tuoi peccati, figlia mia?

— Cominciamo dal principio! — rispose Lara sorridendo.

— Superbia?

— No, non sono superba! Vana od avara? Neppure! pigra? assai, assai...

— Ma che! Lascia che ti interroghi io, ora, Lara. Mi ami?

— Molto, molto!

— Mi sei fedele?

— Fedelissima.

— Sarai mia sposa?

— Sì!

— Mi amerai sempre?

— Sempre, sempre, sempre!

— Eccoti confessata! — concluse Massimo. — La penitenza è un bacio.

Lara la eseguì volentieri, ma intanto diceva: — E questa parodia della confessione non è un peccato? Se ci sentisse Iddio!

— Non può sentirci, Lara, perchè parliamo così sommesso!

— Eppoi, — aggiunse lei scherzando, — credo che Dio sia sordo, prima di tutto, perchè è molto vecchio, poi perchè io gli chiesi ginocchioni, fervorosamente, tante cose, e lui non mi esaudì giammai, sicchè come non sente le buone, non sentirà le cattive parole!

— E che cosa gli hai chiesto, a Dio, Lara mia?

— Ah, tante cose, tante cose! Ma torna inutile parlarne; le buone opere non si svelano mai, e la preghiera è una opera buona.

Qui Lara si mise a narrare la parabola del Pubblicano e del Fariseo, ma in verità, la condizionò in modo tale da sembrare una favola di Esopo. Inoltre non riuscì a trovarne la fine e confuse un versetto della Bibbia con quel passo di Shakespeare nell’«Enrico VIII.» che dice: «Voi avete i volti di angeli, ma il cielo conosce i vostri cuori!». — Massimo ne sorrise di cuore; invero la [p. 135 modifica]narrazione non era il forte di Lara, del resto assai istruita per signorina di provincia. Parlarono infatti di Marradi, di Niera e di Giorgio Sand, ma soprattutto di Stecchetti, che è il poeta più conosciuto e ammirato nella gioventù sarda, ne parlarono serenamante, quasi si trovassero in una pubblica conversazione, ripetendone i più bei versi, che Massimo declamava, a voce sommessa, in un modo affascinante. — Perdettero però il sangue freddo quando, venuti al « Medio-evo,» Massimo declamò quasi in alto quel piccolo capolavoro, e Lara lo accompagnò nei due ultimi versi!

«Non sai? le scolte dormono,
Son la figlia del re: baciami in bocca!».

e naturalmente il giovine non se lo fece ripetere.

Fu il bacio più lungo ed ardente, che i due amanti si diedero in quella notte di amore.

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L’ora di separarsi si avvicinava. Un’acre tristezza si insinuava lenta lenta nell’anima di Lara, una tristezza infinita che non doveva lasciarla mai più. Massimo mormorava con dolore!

— Oh, Lara mia, quando ci sarà dato di passare un’altra notte come questa?

— Quando? — ripetè lei con malinconia. E baciandolo appassionatamente, esclamò: — Ma chi ci potrà dividere, chi?

— Chi, Lara? Nessuno!

— Solo la morte! — rispos'ella.

Rimasero a lungo in silenzio, stretti fortemente, col cuore dell’una unito a quello dell’altro, le labbra incastonate, confusi insieme i palpiti, i respiri, gli sguardi, l'anime e i pensieri.

Suonaron tre quarti. Il mantello era nuovamente scivolato dalle spalle e dalle ginocchia di Lara; un raggio della luna al declino penetrava sino al loggiato, proiettando una pallida luce su quel gruppo poetico, degno del pennello di uno dei nostri più grandi pittori moderni. Gli occhi di Lara brillavano di lagrime; il dolore e l’amore [p. 136 modifica]scolpivano una triste nota sul viso di Massimo che mormorò alfine, staccandosi da quelle braccia sottili che la mano di un bimbo avrebbe potuto troncare e che pure lo soffocavano: — Fra poco ci separeremo, Lara, fra poco; ma vivremo sempre uniti col pensiero, perchè non v’è altri al mondo che si ami come noi, non è vero, mia adorata?

— E’ vero! —

— Mi amerai sempre come ora?

— Sempre!

— Sarai mia?

— Sempre tua...

— Lara adorata!...

I minuti volavano; una mano di ferro stringeva il cuore esulcerato di Lara, che sembravale, partito Massimo, di restare sola al mondo, barcollante in un vuoto orribile e tenebroso.

Il suo viso impallidiva spaventosamente; venne a tal punto che sembrava una morta, e solo gli occhi oscuri splendevano su quel fondo marmoreo, dando un segno di vita.

Massimo ne fu spaventato; le rialzò il volto con la mano ed esclamò: — Tu soffri, Lara! che hai? Dimmelo, Lara!

Tu sembri una morta! Che hai? dimmelo! Ho un terribile presentimento; che sia questa l’ultima volta che ci vediamo...

— No! — rispose lei, sforzandosi a parer tranquilla. — A me invece il cuore dice che saremo felici...

Ancora una volta si appoggiò alle spalle di lui e lo fissò.

Si dissero con lo sguardo le ultime promesse, gli ultimi giuramenti.

— Che hai, Lara, che hai, cara e adorata fanciulla? — ripeteva Massimo baciandola soavemente.

— Le quattro!... son le quattro!... — rispos'ella con un sospiro, l’accento angoscioso e gli occhi nuovamente pieni di lagrime...

Si levarono e a passi lenti, come fantasmi, abbracciati, ritornarono al cancello. Un ultimo bacio lungo e ardente, poi il cancello si aprì; Massimo strinse le mani di Lara, dicendole: Ricordati di me! — e partì, mentre il [p. 137 modifica]mantello, frusciando fra le sue pieghe oscure, pareva ridere dei segreti che aveva intesi. E la piccola vergine bianca dai grandi occhi pensosi rimase là, muta, ferma, gelida, finchè il passo del suo adorato non si spense nella lontananza silenziosa...