Favole scelte dalla raccolta dei fratelli Grimm/Giannotto il poltrone

Giannotto il poltrone

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Il Paesano ed il Diavolo La favola del paese della Cuccagna
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GIANNOTTO IL POLTRONE.


Giannotto era poltrone e sebbene non avesse altro a fare, che condurre una capra a pascolar pe’ campi, pure sospirava e fortemente doleasi quando ritornava a casa in sulla sera. Gli è un carico pesante davvero, diceva ed una faccenda spinosa, di menar anno per anno una capra al pascolo in sino al finir dell’autunno. Oh! se potessi sdraiarmi un po’ a terra [p. 116 modifica]e dormire; ma no bisogna tener gli occhi spalancati, badar non guasti i teneri arboscelli, non penetri ne’ giardini attraverso le siepi o non iscappi via. Come si può riposare ed essere allegro! Sedette e chiamati i pensieri a raccolta si pose a meditare e storiare, come potesse liberar le sue spalle da un tal peso. Per buona pezza il meditare fu inutile; alla perfine l’imbrocco. So quel che ho a fare disse, sposo la grassa Rita; ella ha pure una capra, potrà menar al pascolo anche la mia, per tal modo più non avrò a crucciarmi.

Giannotto si alzò in piedi, pose in moto le stanche sue membra, attraversò la strada ed in men che non si dice fu dinanzi la casa, ove abitavano i Genitori della grassa Rita e chiese in isposa la laboriosa e virtuosa figliola. Non istettero molto a pensare, dissero: — ogni simile ama il suo simile, e gliela concessero. La grassa Rita divenne moglie di Giannotto, conduceva le due capre al pascolo. Giannotto passava giorni felici e d’altro lavoro non avea a riposarsi che della sua poltroneria. Di rado andava pe’ campi colla moglie e dicea: — si è per meglio gustar dopo il riposo, altrimenti se ne perde ogni piacere.

Ma la grassa Rita non era meno del marito poltrona. Caro Giannotto, diss’ella un giorno, perchè dobbiamo senza motivo renderci gravosa la vita e rattristare il miglior tempo di nostra gioventù? Non sarebbe più conveniente di dare le due capre, le quali [p. 117 modifica]ogni mattina col belare ci disturbano nel meglio del sonno, al nostro vicino ed egli ce le ricambiasse con un alveare? Lo porremmo a solatio dietro la casa, senza averne fastidio alcuno. Non hanno bisogno di essere custodite le api, nè di essere condotte al pascolo, volano via, da sè trovano la strada per ritornare e raccolgono il miele senza che noi facciamo la più menoma fatica. — Tu hai parlato proprio da donna intelligente, rispose Giannotto, senza indugio dobbiamo eseguir la tua proposta; inoltre il miele si gusta di più, nutrisce assai meglio del latte di capra e conservasi più a lungo.

Il vicino diede di buon grado un’alveare per le due capre. Le api senza posa volavano di qua e di là da mattina a sera, riempiano il bugno del miglior miele per modo che Giannotto in autunno ne ebbe una brocca ripiena.

La posero sur un’asse attaccato in alto ad una parete della loro stanza da letto; ma siccome temevano alcuno la rubasse o vi saltassero i topi, Rita andò a prendere un nodoso bastone poselo vicino del letto per averlo pronto senza doversi inutilmente alzare e così cacciar via gli ospiti non invitati.

Il poltrone di Giannotto pria di mezzodì mai non alzavasi volentieri da letto — chi si alza di buon ora, solea dire, consuma la sua fortuna. Una volta essendo ancora in letto a giorno già innoltrato, riposava dal molto [p. 118 modifica]dormire, — disse a sua moglie: le donne amano il dolce, e tu di soppiatto mangi il miele, sarebbe meglio prima che da sola lo abbi mangiato, cambiarlo con un’oca ed un paperotto. — Ma non prima, rispose Rita, che ci sia nato un figlio per guardarli. Dovrei forse tribolarmi coi paperotti ed inutilmente stancarmi? Pensi tu, soggiunse Giannotto, che il ragazzo avrà cura delle oche? oggidi più non obbediscono i figli, fanno a modo loro, perchè si credono da più de’ genitori, appunto come quel tal servitore che mandato in cerca della mucca, correa dietro ai tre merli1. Oh! rispose Rita, male per lui se non farà quel che dico, vo’ prendere un bastone e stregghiarlo per bene. Vedi, Giannotto mio, gridò e nella foga dato di piglio al bastone con cui volea cacciar i topi, vedi, così lo voglio battere senza misericordia. Alzò in aria il bastone e disavvedutamente colpì la brocca del miele posta sull’asse, cadde giù si ruppe in mille pezzi ed il bel miele si versò tutto sul pavimento.

— Ecco, l’oca ora sta qui col paperotto, disse Giannotto, e più non ha bisogno d’esser guardata. Ma è bazza non mi sia cascata sul capo; abbiamo tutte le ragioni di essere contenti della nostra fortuna. E vedendo un coccio su cui era un zinzino di miele, allungò la mano, lo prese e tutto lieto disse: — moglie [p. 119 modifica]mia, gustiamo ancora questo rimasuglio e riposiamoci dallo spavento, che importa se ci alziamo da letto un po’ più tardi del solito, il giorno è ancora lungo abbastanza. — Già, rispose Rita, tanto fa lo stesso, arriviamo sempre a tempo.

Sappi che un dì la Lumaca fu invitata a nozze; si pose in cammino e giunse quando si teneva il bimbo a battesimo. Dinanzi la casa capitomboló dalla siepe e disse: — non è cosa buona aver fretta.


Note

  1. Vedi il Servitore prudente, pag. 95.