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e dormire; ma no bisogna tener gli occhi spalancati, badar non guasti i teneri arboscelli, non penetri ne’ giardini attraverso le siepi o non iscappi via. Come si può riposare ed essere allegro! Sedette e chiamati i pensieri a raccolta si pose a meditare e storiare, come potesse liberar le sue spalle da un tal peso. Per buona pezza il meditare fu inutile; alla perfine l’imbrocco. So quel che ho a fare disse, sposo la grassa Rita; ella ha pure una capra, potrà menar al pascolo anche la mia, per tal modo più non avrò a crucciarmi.

Giannotto si alzò in piedi, pose in moto le stanche sue membra, attraversò la strada ed in men che non si dice fu dinanzi la casa, ove abitavano i Genitori della grassa Rita e chiese in isposa la laboriosa e virtuosa figliola. Non istettero molto a pensare, dissero: — ogni simile ama il suo simile, e gliela concessero. La grassa Rita divenne moglie di Giannotto, conduceva le due capre al pascolo. Giannotto passava giorni felici e d’altro lavoro non avea a riposarsi che della sua poltroneria. Di rado andava pe’ campi colla moglie e dicea: — si è per meglio gustar dopo il riposo, altrimenti se ne perde ogni piacere.

Ma la grassa Rita non era meno del marito poltrona. Caro Giannotto, diss’ella un giorno, perchè dobbiamo senza motivo renderci gravosa la vita e rattristare il miglior tempo di nostra gioventù? Non sarebbe più conveniente di dare le due capre, le quali