Faust/Parte seconda/Atto secondo/Un laboratorio

Atto secondo - Un laboratorio

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Parte seconda - Atto secondo Atto secondo - La notte classica di Valburga

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UN LABORATORIO

secondo il gusto del medio evo; apparecchi confusi ed informi per esperimenti fantastici e bizzarri.

Wagner, al fornello.1 Il campanello manda un suono che stordisce, tale da scuotere i muri anneriti dalla fuliggine; la incertezza di un attendere tanto solenne non può durare più a lungo. E già il buio si schiara, e già in fondo alla guastada v’ha non so qual luccichio2 come d’un tizzo acceso, meglio, d’uno splendido carbonchio che tramanda nell’oscurità mille sprazzi di fiamma. Ve’ comparire una luce vivida e bianchiccia! Purchè adesso non m’abbia la sventura di perderla! – Dio mio! qual fragore improvviso vien ora dalla parte dell’uscio!

Mefistofele entrando. Buon dì, amico!

Wagner con ansietà. Ben venga la costellazione di questo momento! (Abbassando la voce.) Per carità [p. 288 modifica]rattenete diligentemente in bocca le parole non solo ma financo il respiro: una grand’opera sta per compiersi.

Mefistofele con voce anche più bassa. Che c’è egli di nuovo?

Wagner sempre più basso. Un uomo è sul nascere!

Mefistofele. Qual coppia d’amanti avetevi dunque serrata per entro al cammino?

Wagner. Guardimi Dio! la vieta maniera di generare s’è oggimai conosciuto essere proprio una buffoneria. Il punto dilicato donde scaturiva la vita, quella dolce virtù che interiormente spandevasi, e data e ricevuta apprestavasi ad informare di sè e a nutrire le sostanze omogenee da prima, e poscia quelle pareano esserlo meno, tutto ciò ha perduto ora affatto affatto ogni credito! Che se gli animali bruti vi trovano ancora un qualche diletto, l’uomo — quest’essere dotato di nobili inclinazioni — dee assolutamente cercarsi un’origine più dignitosa e di maggiore purezza. (Voltandosi verso il focolare.) Oh! ve’ come brilla! — Quind’innanzi possiamo propriamente darci a sperare che se di cento materie, rimescolandole insieme chè da ciò appunto ogni cosa dipende — giungasi a comporre con lieve briga la materia umana, e a chiuderla in un lambicco, a rimescolarla, perchè sia da ultimo distillata nel debito modo, la fattura si condurrà a termine nel silenzio. (Rivolgendosi al fornello.) Tullo procede a meraviglia! S’agita la massa più e più luminosa, e ad ogni istante cresce in me e si rafferma il mio convincimento. Cerchiamo noi di fare assennate [p. 289 modifica]sperienze sopra tutte quelle cose che misteri appellavansi della Natura, e gli esseri ch’essa produceva un tempo organati, noi altri vogliamo farli cristallizzati.

Mefistofele. L’esperienza vien sa cogli anni; per chi ebbe a vivere lungamente, nulla di nuovo accade in sulla terra; ed io medesimo che ti parlo, ricordomi di avere riscontrato ne’ miei viaggi parecchi individui cristallizzati.

Wagner che tenne gli occhi sempre fissi alla guastada. Il mescuglio sale, si dilata, brilla, gorgoglia; a momenti l’opera toccherà il suo fine! Un gran progetto sembra a prima giunta essere un’utopia, una balordaggine; d’ora innanzi però sfidar vogliamo il caso, talchè un pensatore potrà a suo talento da oggi in poi formare un cervello di pensar retto e aggiustato. (Osservando la guastada tutto giubilante.) Il cristallo risuona ed oscilla, mosso da una forza dolce e soave;3 è la mistura si conturba, indi si [p. 290 modifica]schiara; va tutto a seconda. In quella forma elegante un piccolo uomo io ravviso che gestisce con grazia. Che vogliam noi di più? E che mai potrebbe ora il mondo aspettarsi di meglio? Ecco il mistero che in pieno dì si rivela; porgiamo attenti l’orecchio, perocchè quel tintinnire mutasi in voce, e la creatura favella!

Homunculus dalla guastada a Wagner. Buon dì, babbo! Ebbene! fia dunque vero? Appressati, e stringimi al tuo seno teneramente, non troppo forte però, che potrebbe il vetro andarne in minuzzoli. Tale è la condizion delle cose: alle nalurali, appena è che basti l’universo; alle artificiali per contrario vuolsi uno spazio limitato e ristretto. (A Mefistofele.) Ah! tu se’ qui, bricconcello di cugino! L’istante è favorevole, ed io te ne ringrazio; avventurato il destino che vêr noi l’ha condotto.4 [p. 291 modifica]Poi che mi trovo nel mondo, sono smanioso di agire, e vo’ di tratto dispormivi; tu ne sai quanto basta per accorciarmi il cammino.

Wagner. Ancora una parola! Finora sommi sentito compreso da confusione, quantunque volte giovani e vecchi trassero ad assalirmi con loro problemi. E per accennarne alcuno, non v’era chi valesse a comprendere come l’anima e ’l corpo, che insieme s’accordano a meraviglia, e l’uno all’altra si tiene così strettamente congiunto da parere al tutto inseparabili, si facciano poi senza posa una guerra così accanita da doverne andare attossicata la esistenza; inoltre...

Mefistofele. Taci una volta! Io vorrei piuttosto chiedere come mai l’uomo e la donna così poco se la intendano; eccoti, mio caro, una questione, che a volerla sciogliere, proverai non lieve imbarazzo. Quivi s’ha da operare, chè ciò appunto l’omiciatto desidera.

Homunculus. Che debbo io fare?

Mefistofele addilando una porta laterale. Mostra colà ciò che possa il tuo ingegno.

Wagner, fissando sempre la guastada. In fede mia, che tu se’ un grazioso monellino! (La porta laterale si apre, e lascia vedere Fausto supino sur un letto.)

Homunculus tutto attonito.

   Oh vista! Oh meraviglia!
(La guastada scivola di mano a Wagner, e aggirandosi sul capo di Fausto, lo illumina.)
                                        Ecco un ricinto

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Pien di care armonie! Di spesse piante
Al rezzo amico che da’ raggi ardenti
Lo ripara del Sol, limpido stagno! —
Fanciulle — oh come belle! — crëature
Celesti! al margo, di slacciar in atto
Le virginee lor zone: — una fra quelle —
Bene stà! bene! sempre meglio! — porta
Alla via più la fronte incoronata
Di tutte grazie; ell’è per certo donna
Dal sangue uscita degli eroi, de’ numi!
Entro all’onda gentil le piante immerge,
E del nobil suo velo il sacro in quella
Ardor vitale ammorza. Oh! zitto! udite!
Qual d’ali scosse strepito improvviso!
Qual repentino suon del chiaro in seno
Speglio si desta! — Qual non aspettato
Rumor! — Da tutte parti seminude
Sotto all’ombria degl’intrecciati rami
Fuggon le forosette alla ventura.
Sola rimansi la reina, e intorno
Studiosamente altero e insiem tranquillo
L’occhio rivolge per veder leggiadro
Cigno regal che palpita fra l’erbe.
Mesto e dolce ad un tempo ecco s’avanza,
E vagheggia, e s’accosta, ed a’ ginocchi
Fin le si reca. Oh! ve’ come s’accende
La sua pupilla! Oh! come il manto spiega!
Lussurioso augello, egli osa, ei preme....
Ahimėl che il cigno, e la donzella, e il molle
Seno di lei totto dilegua, e denso
Vapor dall’acque esala che de’ suoi
Tepidi fiati l’aura imbalsamando

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La sì cara apparenza agli occhi vela.

Mefistofele. Nel raccontare vali proprio un tesoro! Avvegnachè sì picciolo ancora, va! che tu sei un gran visionario. Io veggo un bel nulla.

Homunculus. Non duro fatica a crederlo: tu, uomo del Settentrione, cresciuto in un’età oscura e nebulosa, fra la zotichezza della cavalleria e del monachismo, come mai l’occhio tuo potrebbe qui spaziare in libertà? Luogo acconcio per te non evvi che il buio e la notte. (Volgendo intorno lo sguardo). Un ammasso di pietre bigie, muffate, nauseanti, che ti danno una volta scabra, bassa ed angusta!... — S’egli venisse mai a svegliarsi, sovrappreso da novelle angosce, vedriasi forse a cader morto di tratto! Dopo le vive scaturigini nel fitto de’ boschi, e i cigni, e le bellezze senza velo, visione che suscita le più calde fantasie, or come saprebb’egli fracotesti orrori a usarsi! Appena è che io, il più corrivo degli esseri, vi resista. Via di qua! all’aperto con lui!

Mefistofele. Quel fare spacciato mi giova non poco.

Homunculus. Traggi il forte in battaglia, la fanciulla alle danze, e ogni cosa va di concerto. La notte classica di Valburga, la sarebbe, or ch’io ci penso, opportunissima più che altro a trasportarnelo nel suo proprio elemento.

Mefistofele. Non intesi mai por un motto di tutto questo.

Homunculus. Come dunque l’avreste potuto intendere voi? — Voi che altro non conoscete, tranne gli spettri romantici? Eppure un vero spettro ha di necessità da essere classico. [p. 294 modifica]

Mefistofele. E qual è il cammino che vi mena? Sento già che i miei vecchi sozii mi vengono a noia.

Homunculus. La contrada che fora a te prediletta, stendesi, o Satanno, a Maestro, e questa fiata noi facciam vela verso Scirocco. In mezzo a vasta pianura scorre libero e sciolto il Peneo, ricinto da piante e cespugli, per valloncelli umidi e silenziosi; e detta pianura si allarga per insino ai burrati delle montagne, sulle quali campeggiano l’antica e la nuova Farsaglia.

Mefistofele. Puh! indietro! e lascisi da banda, per carità, codesta lotta sanguinosa fra la schiavitù e la tirannide. Essa m’è insopportabile; chè appena ha luogo un po’ di tregua, si torna con più di accanimento da capo, nè alcun di loro s’accorge come sieno tutti quanti uccellati da Asmodeo che li segue per tutto. Ei si battono van dicendo pel dritto di libertà, e ben contrappesate le cose, sono schiavi a rincontro di schiavi, e nulla più.

Homunculus. Lascia che gli uomini rinneghino a lor posta la natura; gli è d’uopo che ciascuno pigli a difendersi com’e’ puo; il fanciullo terminerà col diventare uomo fatto. Trattasi or di sapere per qual via possa guarire costui: se ti è nota, fanne subito lo sperimento; se no, lasciane a me solo il pensiero.

Mefistofele. Ci sarebbero ancora parecchi tentativi da fare sul Brocken, ma i chiavacci del paganesimo sono di bel nuovo strappati. Il popolo greco non valse mai gran fatto; e se vi abbarbaglia, ciò avvien solo per la sua libertà ne’ diletti sensuali, e perchè attira il cuor dell’uomo sul ridente pendìo [p. 295 modifica]de’ piaceri, mentre fra noi cupo sempre e annebbiato si mostra. E adesso, a che perdiamo qui il nostro tempo?

Homunculus. Tu non se’ tanto per indole sempliciotto; e quando ti parlo delle maghe di Tessaglia, parmi d’aver detto abbastanza.

Mefistofele con trasporto. Le maghe di Tessaglia! Bene sta! Le son note a me da lunga pezza. Non so troppo se mi converrebbe consumar più notti con esse; tuttavia son lentato di far loro una visita.

Homunculus. Vien qua dunque col mantello, e stendilo sul cavaliere! Codesto cencio vi porterà l’uno e l’altro come appunto fece sin qui, ed io vi precedo per ischiarirvi il sentiero.5

Wagner, con voce affannosa. Ed io?

Homunculus. Oh! tu rimani a casa a compiere un’opera ben altrimenti importante. Seguita a squadernare le vecchie pergamene, raguna, giusta quello che troverai detto, gli elementi vitali, e fa di classarli con diligenza; nė tralasciare di attendere alla investigazione delle cagioni, e, che più rileva, a quella de’ mezzi. Ed io frattanto, recandomi a scorrere un po’ di mondo, farò di scoprire il punto sull’i; di che il grande scopo prefissoci, vedrassi perfettamente raggiunto. Una cotale intrapresa merta bene un guiderdone siffatto; oro, onori, gloria, [p. 296 modifica]vivere lungo prospero, ci toccheranno; e fors’anco scienza e virtù per soprammercato. Addio!

Wagner, turbato ed afflitto. Addio! Il cuor mi si spezza, e temo forte fin da questo punto di non avere a rivederti mai più!

Mefistofele. Oramai, andiamcene ratto laggiù al Peneo; messer nostro cugino va rispettato. (Ad spectatores.) Noi terminiamo sempre col dipendere dalle creature a cui abbiam data la vita.


Note

  1. Mentre Fausto correva in volta pel mondo, travagliato dall’instancabile sua smania d’agire, Wagner s’immerge in elucubrazioni trascendentali. Ritroviamo il gaglioffo stabilitosi questa fiata nel laboratorio del dottore, che maneggia a suo grado gli strumenti cui solo un dì apparecchiava. Egli concepì il progetto di creare un uomo fuor d’ogni legge naturale, e col mescolamento de’ contrarj, ex contrario et incongruo. Mefistofele ch’ebbe alcun sentore di ciò, recasi ad invigilare l’operazione della quale conta di trarre partito a suo pro’. Il gatto spia i marroni che stanno nella brace. Il povero Wagner ha da sudare per gli altri; e sia pur poca cosa l’opera sua, non fia che ne goda. Nato appena, Homunculus, il piccolo aborto, schernisce il proprio creatore, e sfuggitogli di mano, sommettesi all’arbitrio di Mefistofele, a cui dalla sua natura demoniaca sentesi attratto.
  2. Quest’idea di rinchiudere nelle ampolle gli spiriti è non poco famigliare nella stregoneria del medio evo.
  3. Questo suonar del cristallo, lo udimmo già nella cucina della strega, dove i fantastici s’urtano fra loro appena comincia a bollire quella mirabile pozione. Goethe non lascia sfuggire l’occasione di fare accorto il lettore della unità del suo lavoro fra le mille apparizioni che possono distrarnelo, e di rammemorargli siccome il mondo, nel quale, come Virgilio e Dante, viaggiano insieme, per aggrandirsi ch’e’ faccia punto non muta. Questi leggieri suoni cristallini, indifferenti da prima, contribuiscono inoltre nel loro modo a tenerci vivo dinanzi lo stupendo motivo della sinfonia. Questa proprietà di ripercuotere i suoni concessa al vetro, al cristallo, a’ metalli esalta tutte quante le immaginazioni poetiche della Germania. Dovunque, su quel suolo vaporoso, la Poesia muove a collegarsi colla Musica, e il leggiadro imeneo si celebra mai sempre nell’azzurro del firmamento, o delle acque, ne’ boschi fronzuti, o in fondo a un vaso di metallo o di vetro. Vedi Novalis, Hoffmann, Gian Paolo, Rückert, tutti a dir breve, non eccettuato lo stesso Uhland, il quale tuttochè palese entusiasta della realtà, cesse alla influenza musicale della terra di Mozart, di Beethoven, e di Weber.
  4. Mefistofele trovasi qui al suo posto, nè è punto estraneo alla buona riuscita dell’esperienza. Difatti lo stordimento di Fausto ha da durare necessariamente fino a tanto ch’ei sia tratto in Grecia da Elena. Mefistofele spinge a tutta possa una prova cosiffatta verso il felice suo termine, calcolando che il diavoletto abbia ad essergli guida e compagno nel viaggiare in mezzo alla classica antichità, dove è non poco restio di avventurarsi egli stesso. Homunculus nasce insieme col progetto d’una passeggiata in Grecia, cambiatosi in necessità nel cervello di Mefistofele; e questo fa che la creaturina abbia fitto in mente sola una cosa, non avendole dato il signor suo altro impulso salvo che questo. In ambedue quindi rimane fissa una tale idea, se non che Mefistofele dura fatica ad acconciarvisi: una simile escursione nell’antichità lo impaura, incerto essendo di quanto ha da succedere. Frattanto Homunculus, o la personificazione di codesta idea, piglia dominio sopra di lui, e poco andrà ch’ei le terrà dietro alla cieca. Homunculus sveglia in esso lui una viva passione per le Maghe di Tessaglia; in una parola, Mefistofele termina col dipendere in tutto e pertutto da questa idea, avvegnachè idiosincratica. Di là quelle parole che indirizza a sè medesimo, sebbene accenni ad Homunculus, sua idea incarnata nel cristallo, e che va aggirandosi per l’aere trascinandoselo addietro: «Noi terminiamo sempre col dipendere dalle creature a cui abbiam data la vita.»
  5. Le evoluzioni aeree e luminose della guastada di Homunculus ne ricordano il fuoco fatuo, che nella Prima Parte rischiara Fausto e Mefistofele, e viaggia con loro traverso agli scabri sentieri del Brocken. «Mefistofele — Va via dritto in nome del diavolo, o ch’io ammorzo d’un soffio quel tuo piccol guizzo di vita.» (Fausto, Parte Prima.)