Eureka/Eureka/IX.

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IX.

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Edgar Allan Poe - Eureka (1848)
Traduzione dall'inglese di Maria Pastore Mucchi (1902)
IX.
Eureka - VIII. Eureka - X.

[p. 58 modifica] IX. Ho dato qui — in abbozzo, ben inteso, ma però con tutti i particolari necessari per la chiarezza — un prospetto della Teoria Nebulare nello stesso modo in cui fu concepita dal suo autore stesso. Da qualunque punto noi la consideriamo, la troveremo magnificamente vera. Essa è veramente troppo bella per non possedere la Verità come qualità essenziale — e qui, dicendo ciò, io sono profondamente serio. Nella rivoluzione dei satelliti di Urano, pare che vi sia qualcosa di apparentemente incompatibile coll’ipotesi di Laplace; ma che quell’ unica incoerenza apparente possa rendere nulla una teoria costrutta da un milione d’intricate coerenze è un’ idea buona soltanto per gli spiriti fantastici. Profetizzando, fiducioso, che l’apparente anomalia alla quale io ho [p. 59 modifica]EUREKA 59 àiluso, venga travata, 0 prima 0 poi, lina delle più lori conferme possibili dell'ipotesi generale, io non pretendo a nessun spinto speciale di divinazione. L” Unica didicullà, invece, di questo caso sembra il non prenderla (1, 1 corpi progettati coi procedimenti descritti, cambierebbero, come si e visto, la rotazione superlieiaie dei globi da cui ebbero origine, con una rivoluzione di eguale velocità attorno a quei globi prosi come centri distanti; e la rivoluzione cosi generata continuerà finché la forza centripeta o quella con cui il corpo projettato gravita verso il corpo generatore non sia nè maggiore nè minore di quella colla quale esso venne proiettata — cioè della velocità centrifuga 0. molto più propriamente, della velocità tangenziale. Tuttavia, dall'unita di origine di queste due forze noi avremmo potuto prevedere ciò che sono in realtà — l una controbilanciante perfettamente l'altra. Si è.gia dimostrato che I atto deila projezione è, in ogni caso, semplicemente un atto per la conservazione dcH’cquilibrio. Tuttavia, dopo aver attribuito la forza centripeta alla onnipossente legge della Gravitazione, è stato di moda per alcuni trattati astronomici di cercare oltre i limiti della pura natura — cioè della Causa Secondaria — una soluzione del fenomeno della velocità tangenziale. Essi attribuiscono direttamente quest' ultima ad una Causa Prima — a Dio. Essi asseriscono che la forza che conduce un corpo stellare attorno al suo pianeta principale è originata da un impulso dato immediatamente dal dito — questa è la fanciullesca fraseologia impiegata — dal dito della Divinità stessa. In questo modo si capisce come i pianeti completamente formati fossero stati lanciati dalla mano Divina in una posizione vicina ai soli, con uno sforzo matematicamente proporzionato alle masse o capacità attrattive dei soli stessi. Un’idea cosi grossolanamente antifilosofica, sebbene così pigramente adottata, poteva nascere solamente dalla difficoltà di spiegare altrimenti l'adattamento reciproco assolutamente esatto di due forze cosi apparentemente indipendenti una dall'altra, come sono la forza gravitante e la tangenziale. Ma si dovrebbe ricordare che, per molto tempo, la coincidenza tra la rotazione della luna e la sua rivoluzione siderale — due cose apparentemente molto più indipendenti che quelle più sopra accennate — fu considerata come un fatto positivamente miracoloso; e vi fu una forte disposizione, anche tra gli astronomi, ad attribuire questo (1) Io sono pronto a dimostrare che la rivoluzione anormale dei satelliti di Urano è lina semplice anomalia di prospettiva che deriva dall’inclinazione dell’asse del pianeta [p. 60 modifica]EUREKA 6o prodigio alla diretta e continua azione di Dio — che in questo caso, si diceva, aveva trovato necessario d’interporre, specialmente tra le sue leggi generali, una serie di_ regolamenti sussidiari, collo scopo di nascondere agli occhi dei mortali le glorie e gli orrori forse dell'altra parte della Luna — di quel misterioso emisfero che è sempre sfuggito e sfuggirà perpetuamente al rigoroso esame telescopico del genere umano II progresso della Scienza, tuttavia, dimostrò tosto — ciò che per l’istinto filosofico non aveva bisogno di dimostrazione — cioè, che uno dei due movimenti non è che una parte — qualche cosa di più giusto che una conseguenza — dell’altro. Per mia parte mi sento irritato davanti a fantasie allo stesso tempo cosi timorose, oziose e sciocche. Esse appartengono alla vera codardia del pensiero. Che la Natura e il Dio della Natura siano distinti, nessun essere pensante può per lungo tempo dubitarne. Per Natura noi comprendiamo semplicemente le leggi di Dio. Ma con la vera idea di Dio onnipotente, onnisciente noi concepiamo anche l’idea del- Vinfallibilità delle sue leggi. Con Lui non vi è nè Passato nè Futuro — con Lui tutto è Presente — dunque non lo insultiamo noi forse supponendo che le sue leggi siano ideate in modo da non provvedere ad ogni possibile contingenza? o più tosto, che idea possiamo noi avere di una contingenza possibile qualunque, eccettuato ch’essa sia allo stesso tempo un risultato ed una manifestazione delle sue leggi? Colui che, spogliandosi dei pregiudizi, avrà il raro coraggio di pensare assolutamente per se stesso, non può mancare di arrivare in fine alla condensazione di tutte le Leggi in una Legge sola — non può mancare di arrivare a questa conclusione che ogni Ugge di Natura dipende in tutti i punii da tutte le olire leggi, e che tutte non sono che conseguenze di un esercizio primitivo della Volontà Divina. Tale è il principio della Cosmogonia, che con tutta la necessaria deferenza io oso suggerire qui e sostenere A questo scopo si vedrà che, escludendo come frivola ed anche come empia l’idea che la forza tangenziale sia stata impartita ai pianeti direttamente dal « dito di Dio », io considero questa fòrza come nascente dalla rotazione delle stelle — considero questg rotazione come causata dalla corsa precipitosa dei primitivi atomi verso i loro rispettivi centri di aggregazione — considero questa corsa precipitosa come la conseguenza della legge di Gravità — questa legge come l’unico modo per cui si deve necessariamente manifestare la tendenza degli atomi a ritornare nella imparticolarità — questa tendenza a ritornare come l’unica reazione inevitabile del primo Atto e il più sublime di tutti — quell'atto per cui un Dio esistente di per sè ed esistente solo, diveniva, nello stesso tempo e per forza della sua volontà, tutti [p. 61 modifica]EUREKA 61 gli esseri, mentre tutti gli esseri formavano così una parte di Dio. Le ipotesi fondamentali di questo discorso mi suggeriscono ed implicano in fatto certe modificazioni importanti della Teoria Nebulare corne ci fu presentata da Laplace, lo ho considerato gli sforzi del potere repulsivo come se fossero stati fatti collo scopo di prevenire il contatto fra gli atomi, e cosi come se fossero stati fatti in ragione dell’av- vicinamento verso il contatto — cioè in ragione della condensazione. In altri termini T Elettricità, coi suoi involuti fenomeni : calore, luce e magnetismo, deve procedere come la condensazione e senza dubbio inversamente come procede il destino, cioè il cessare delta condensazione. Così il Sole, nel corso della sua aggregazione deve tosto, sviluppandosi la repulsione, essere divenuto eccessivamente riscaldato — forse incandescente; e noi possiamo comprendere come debba essere stato materialmente ajutato nella emissione dei suoi anelli dalla debole incrostazione della sua superficie, conseguenza del raffreddamento. Alcuni esperimenti comuni ci dimostrano come una crosta dell'accen- nato carattere sia facilmente separabile per mezzo dell’ete- rqgeneità dalla massa interiore. Ma ad ogni successiva emissione della crosta la nuova superficie apparirà incandescente come prima; e il periodo in cui diventerà ancora tanto incrostala da staccarsi facilmente e da essere emessa, si può ben imaginare che coincida esattamente con quel periodo in cui sarebbe necessario un nuovo sforzo, per l’intera massa, onde ristabilire l'equilibrio delle sue due forze sconcertato dalla condensazione. In altre parole, noi comprenderemo che, mentre l'influenza elettrica (la Repulsione) ha preparato la superficie per Remissione, l'influenza gravitante (l'Attrazione) è appunto pronta ad emetterla. Dunque anche qui, come sempre, il Corpo e l'Anima camminano tenendosi per mano. Queste idee sono empiricamente confermate in tutti i punti. Poiché non si potrà mai considerare la condensazione come finita assolutamente in ogni corpo qualsiasi, noi siamo autorizzati a prevedere che qualunque volta abbiamo opportunità di provare la cosa, noi troveremo degl’ indizi di luminosità stabilita in tutti i corpi stellari — tanto nelle lune e nei pianeti quanto nei soli. Che la nostra luna sia fortemente luminosa di per sè, noi lo vediamo ad ogni eclisse totale, quando, se ciò non fosse, essa dovrebbe sparire. Anche sulla parte oscura del satellite, durante le sue fasi noi osserviamo spesso dei bagliori simili alle nostre Aurore; ed è evidente che quest'ultime insieme coi vari altri cosi detti fenomeni elettrici, senza considerare altri fulgori più costanti, debba dare alla nostra Terra una certa apparenza di luminosità per un abitante della Luna. In fatto, noi dovremmo [p. 62 modifica]EUREKA 6 2 consideraro tutti i fenomeni riferiti come pure manifestazioni, differenti di modo e di grado dalla condensazione della'Terra, debolmente continuata. Se le mie vedute sono attendibili, noi dovremmo essere preparati a trovare i pianeti più recenti — cioè quelli che sono più vicini al Sole — più luminosi che quelli più antichi e più lontani — e lo straordinario splendore di Venere (sulle cui parti oscure le aurore sono visibili frequentemente durante le sue fasi) non sembra interamente spiegabile soltanto per la sua prossimità al globo centrale. Essa è senza dubbio vivamente luminosa di per sè, sebbene meno di Mercurio: mentre la luminosità di Nettuno è comparativamente nulla. Ammettendo quanto ho già detto, è chiaro che il Sole, al momento dell'emissione di un anello, deve avere una continua diminuzione tanto della sua luce quanto del suo calore, a cagione della continua incrostazione della sua superficie; e che un periodo giungerà — il periodo che precede immediatamente una nuova emissione — in cui una diminuzione di luce e di calore veramente materiale diventerà sensibile. Ora, noi sappiamo che i segni di tali cambi sono distintamente riconoscibili. Sull' isola di Melville — per addurre semplicemente uno fra cento esempi — noi troviamo traccio di vegetazione ultra-tropicale di piante che non avrebbero mai potuto fiorire senza una luce ed un calore immensamente maggiore di quello che ci dà presentemente il nostro Sole per ogni parte della superficie della Terra. È tale vegetazione riferibile ad un'epoca immediatamente susseguente all’emissione di Venere? A quell'epoca deve essere avvenuto per noi il maggiore aumento dell’influenza solare; e, in fatto, quest’influenza deve averi-aggiunto allora il suo maximum — non considerando, naturalmente, il periodo in cui la Terra stessa fu espulsa — periodo per lei di semplice organizzazione. Di più : — noi sappiamo che esistono dei soli non luminosi — dei soli, cioè, la cui esistenza è determinata da noi per mezzo dei movimenti degli altri, ma la cui luminosità non è sufficiente ad impressionarci. Questi soli son forse invisibili semplicemente a cagione della lunghezza del tempo passato dacché hanno espulso un pianeta ? E più ancora : — non possiamo noi — almeno in certi casi — spiegare la subitanea apparizione di certi soli dove prima non se ne era sospettato alcuno, supponendo che ognuno di questi soli avendo roteato colle sue superficie incrostate durante lo diverse migiiaja di anni della nostra storia astronomica o lanciando via un nuovo astro secondario abbia finalmente potuto spiegare gli splendori delle sue parti interiori sempre incandescenti? — In quanto al fatto ben certo dell'aumento proporzionale di calore a misura che noi discendiamo [p. 63 modifica]EUREKA 63 nella Terra, naturalmente basta alludervi e nulla più ; esso diviene la più forte corroborazione possibile di tutto ciò che io ho detto sull'argomento ora in questione. Parlando, non molto tempo fa, dell’inlluenza repulsiva od elettrica, ho fatto osservare che se « noi consideriamo gli importanti fenomeni di vitalità, coscienza e pensiero, tanto ili generale quanto in particolare, essi sembrano procedere almeno in ragione dell'eterogeneità » (1). Io dicevo pure che volevo ritornare su quest’argomento — e questo c il momento conveniente per farlo. Osservando la cosa da prima in particolare, noi-vediamo che non solamente la manifestazione di vitalità, ma anche la sua importanza, le sue conseguenze, l’elevazione del suo carattere seguono di pari passo l’eterogeneità o complessità della struttura animale. Ora considerando la questione in generale e riferendoci ai primi movimenti degli atomi verso una costituzione della massa, noi troviamo che l’eterogeneità causata direttamente dalla condensazione è sempre proporzionale ad essa. Noi giungiamo cosi alla proposizione che la importanza dello sviluppo della vitalità terrestre procede in proporzione ugnale alla condensazione terrestre. Ora ciò si accorda perfettamente con quanto noi sappiamo della successione degli animali sulla Terra. A misura che la Terra procedette nella sua condensazione, apparvero razze sempre più elevate. E esso impossibile che le successive rivoluzioni geologiche che hanno, almeno, presenziato, se non causato immediatamente queste successive elevazioni del carattere di vitalità — è esso improbabile che queste rivoluzioni siano state prodotte dalle successive projezioni di pianeti dal Sole in altri termini, dalle successive variazioni dell’ influenza solare sulla Terra? Se quest' idea fosse sostenibile noi saremmo autorizzati a imaginare che remissione di un nuovo pianeta, più vicino al Sole che Mercurio, possa dare origine anch’essa ad una nuova modificazione della superficie terrestre — una modificazione da cui può derivare una razza materialmente e spiritualmente superiore all’uomo. Questi pensieri m’ impressionano con tutta la forza della verità — però io li espongo solamente col loro evidente carattere di suggestioni. La Teoria Nebulare di Laplace ha ultimamente ricevuto una conferma molto maggiore di quanto abbisognava, per opera del filosofo Comte. Cosi questi due sapienti insieme hanno dimostrato — non già, per certo, che la Materia esistesse realmente in qualunque periodo di tempo, come fu descritta in uno stato di diffusione nebulare, ma che ammettendo che sia esistita in tutto lo spazio e ben oltre lo (i) Pag. 31. [p. 64 modifica]EUREKA 64 spazio ora occupato dal nostro sistema solare e che essa abbia cominciato un movimento verso il centro — deve gradatamente aver assunto le varie forme ed i vari movimenti che si vedono ora stabiliti in questo sistema. Una dimostrazione come questa — dinamica e matematica per quanto Io può essere una dimostrazione — indiscutibile e indiscussa — eccetto che, in vero, da quella inutile e screditata tribù dei dubitatori di professione — semplici mentecatti che negano la legge di Gravitazione Newtoniana su cui sono basati i risultati dei matematici francesi — una dimostrazione, io dico, come questa dovrebbe essere, per la maggior parte delle intelligenze, esauriente — e confesso che lo è per la mia — sulla validità dell'ipotesi nebulare da cui dipende la dimostrazione.- Che la dimostrazione non provi l'ipotesi secondo il comune significato attribuito alla parola « prova », io, naturalmente, lo ammetto. Dimostrare che certi risultati esistenti -=r che certi fatti stabiliti — possono essere anche matematicamente spiegati ammettendo una certa ipotesi, non è stabilire l’ipotesi stessa. In altri termini: — dimostrare che certi dati potrebbero, anzi dovrebbero generare certi risultati esistenti, non è sufficiente per provare che questi risultati furono generati dai dati medesimi, fino al momento in cui si potrà dimostrare che non vi sono e non vi possono èssere altri dati da cui il risultato in questione possa essere stato egualmente generato. Ma nel casa ora discusso, quantunque tutti possano ammettere la deficienza di ciò che npi abbiamo l’abitudine di chiamare una « prova », pure vi sono molte intelligenze anche fra le più eccelse, a cui nessuna prova potrebbe aggiungere un jota di convinzione. Senza entrare in particolari che possono colpire nel Regno Nebuloso dei Metafisici, io posso però osservare che la forza di convinzione, in casi simili a questo, sarà sempre, per i veri pensatori, proporzionale alla somma della complessità che sta tra l’ipotesi ed il risultato. Per essere meno astratto: La grandezza della complessità che esiste fra le condizioni cosmiche, rendendo grande nella stessa proporzione la difficoltà di spiegare tutte queste condizioni, rinforza contemporaneamente, pure nella stessa proporzione, la nostra fede in quell’ ipotesi che le spiega per tal maniera soddisfacentemente; e siccome non si può concepire una complessità maggiore di quella delle condizioni astronomiche, cosi nessuna condizione potrà essere più forte, per la mia mente almeno, di quella che si è impressa in me per mezzo di un’ ipotesi che non solo riconcilia queste condizioni con matematica esattezza e le riduce in un tutto consistente ed intelligibile, ma è allo stesso tempo la sola ipotesi per mezzo della quale l’intelletto umano abbia potuto spiegarsele completamente. [p. 65 modifica]

Un’opinione molto infondata circolava ultimamente nei ritrovi mondani ed anche negli scientifici, l’opinione che la così detta Cosmogonia Nebulare fosse stata rovesciata. Quest’idea è nata dalla relazione delle ultime osservazioni fatte su tutto ciò che fino ad ora è stato chiamato «nebulosa», per mezzo del grande telescopio di Cincinnati e del rinomatissimo istrumento di Lord Rosse. Alcune macchie del firmamento che apparivano, anche ai più potenti dei vecchi telescopi, come nebulosità o nebbie sono state considerate per molto tempo come una confermazione della teoria di Laplace.

Esse venivano considerate come stelle precisamente soggette a quel processo di condensazione che ho tentalo di descrivere. Così si supponeva che noi «avessimo una prova oculare» — una prova che per il metodo è sempre stata trovata molto discutibile — della verità dell’ipotesi, e, sebbene alcuni perfezionamenti telescopici ci permettessero di quando in quando di osservare or qua or là che una macchia, che noi avevamo classificato fra le nebulose, non era realmente che un gruppo di stelle il cui carattere nebulare derivava solamente dalla sua immensa distanza, pure si credeva che non vi fosse nessun dubbio relativamente alla nebulosità positiva di altre numerose masse, vere fortezze dei nebulisti, le quali sfidano qualunque sforzo di segregazione. Di queste ultime la più interessante era la grande nebulosa nella costellazione di Orione, ma questa, come innumerevoli altre impropriamente chiamate «nebulose», quando fu osservata per mezzo dei magnifici telescopi moderni si spiegò in una semplice collezione di stelle. Ora questo fatto è stato generalmente accettato come concludente contro l’Ipotesi nebulare di Laplace, ed all’annunzio delle scoperte in questione il più entusiastico difensore e il più eloquente popolarizzatore della teoria, il dottor Nichol. arrivò fino ad «ammettere la necessità di abbandonare» un’idea che aveva formato il materiale del suo più lodevole libro1.

Molti dei miei lettori inclineranno, senza dubbio, a dire che il risultato di queste nuove investigazioni ha, almeno, [p. 66 modifica]EUREKA 66 una forte tendenza a rovesciare l’ipotesi, mentre altri più rillessivi insinueranno che, sebbene la teoria non sia in verun modo distrutta per la segregazione delle particolari nebulose alle quali ho alluso, pure l'impossibilità di segregarle con tali telescopi può ben essere considerata come una trionfante corroborazione della teoria, e questi ultimi saranno forse sorpresi di sentirmi dire che anche con essi non sono d'accordo. Se le proposizioni di questo Discorso sono state ben capite, si vedrà che dal mio punto di vista l’impossibilità a segregare le nebulose avrebbe servito a confutare più tosto che a confermare l'Ipotesi Nebulare. Lasciate che mi spieghi: — Noi possiamo, senza dubbio, considerare come dimostrata la legge della Gravitazione Newtoniana. Questa legge, ricordiamolo, io 1’ ho attribuita alla reazione del primo Atto Divino — alla reazione di un esercizio della Divina Volontà che deve temporaneamente sormontare una difficoltà. Questa difficoltà è di forzare il normale in anormale — di costringere ciò che era originale e la cui vera condizione. era 1’ Unità a subire la falsa condizione della pluralità. E solamente supponendo questa difficoltà come temporaneamente superata che noi possiamo comprendere una reazione. Se l'atto avesse continuato al- l'infinito non vi sarebbe stata alcuna reazione. Senza dubbio, finché l’atto continuava, nessuna reazione poteva cominciare; in altri termini, nessuna gravitazione poteva avere luogo, giacché noi abbiamo considerata l’una come la manifestazione dell'altra. Ma la gravitazione ha avuto luogo, quindi l'atto della Creazione è cessato, e la gravitazione si è manifestata da lungo tempo, quindi l'atto della Creazione è da lungo tempo cessato. Noi non possiamo più sperare, dunque, di osservare i primitivi procedimenti della Creazione, c la condizione di nebulosità, come si è già detto, appartiene a questi primitivi procedimenti. Per mezzo di ciò che sappiamo della propagazione della luce, noi abbiamo una prova diretta che le più remote stelle esistono sotto la forma in cui noi ora le vediamo da un inconcepibile numero di anni. Dunque al meno tanto tempo addietro quanto l'epoca in cui queste stelle subirono la condensazione, deve esservi stata l’epoca in cui cominciarono i procedimenti per costituire le masse. Allora, se noi possiamo ammettere che questi procedimenti continuino ancor sempre, nel caso di certe nebulose, mentre in tutti gli altri casi noi li troviamo perfettamente finiti, noi siamo forzati a fare delle supposizioni che non hanno realmente base alcuna — noi siamo obbligati di imporre alla Ragione che si è ribellata l'idea bestemmiatrice di una interposizione speciale. — Noi dobbiamo supporre che nei casi particolari di queste nebulose un Dio infallibile.trovò necessario d’in- tfouurre certe regole supplementari, certi perfezionamenti [p. 67 modifica]EUREKA 67 generali della legge, in una parola, certi ritocchi e correzioni che avessero l'effetto di differire il compimento di queste stelle particolari per secoli e secoli al di là dell'èra durante la quale tutti gli altri corpi stellari ebbero tempo, non solo di essere perfettamente costituiti, ma di diventare canuti e di una età indicibilmente avanzata. Senza dubbio si obietterà tosto che, giacché la luce per mezzo della quale noi riconosciamo le nebulose deve essere semplicemente quella che lasciò la loro superfìcie da un grande numero di anni, i progressi osservati attualmente, o che crediamo di osservare, non sono in realtà dei progressi che avanzino positivamente, ma dei fantasmi di progresso completati da lungo tempo pel passato, appunto come io ho sostenuto che devono essere stati tutti quei progressi che costituiscono la massa. A ciò io rispondo che la condizione ora osservata degli astri condensati non è la condizione attuale, ma una condizione già adempiuta nel Passato, cosicché il mio argomento tratto dalla condizione relativa delle stelle e delle nebulose non è in nessun modo disturbato. Di più, coloro che sostengono l'esistensa delle nebulose non attribuiscono la nebulosità all’estrema distanza e dichiarano che è una nebulosità reale e non semplicemente prospettiva. Affinchè noi possiamo concepire una massa nebulosa veramente visibile, noi dobbiamo concepirla come mollo vicina a noi in confronto cogli astri condensati che ci presentano i telescopi moderni. Affermare, dunque, che le apparenze in questione sono realmente delle nebulose è un affermare, dal nostro punto di vista, la loro vicinanza relativa. Così la loro condizione, come noi la vediamo ora, sarà attribuita ad un’epoca molto meno remota che quella alla quale noi possiamo attribuire le condizioni attualmente osservate della maggioranza, almeno, delle stelle, in una parola, se l’Astronomia dovesse sempre dimostrare resistenza di una nebulosa, nel senso che ora si dà a questa parola, io dovrei considerare la Cosmogonia Nebulare, non come rinforzata, in vero, da questa dimostrazione, ma in vece come irreparabilmente rovesciata da essa. Però, per non dare a Cesare più di ciò che è dovuto a Cesare, lasciatemi osservare qui che l’assunzione dell’ ipotesi che condusse Laplace ad un risultato cosi glorioso sembra gli sia stata suggerita in gran parte da una concezione erronea — da quella stessa concezione erronea della quale noi abbiamo appunto parlato — dal preconcetto che prevale generalmente sul carattere delle nebulose, cosi impropriamente chiamate. Egli suppose che queste fossero in realtà ciò che implica la loro designazione. Il fatto è che questo grande uomo non aveva, molto giustamente, una piccola lede nelle sue facoltà puramente percettive. Quindi per quanto [p. 68 modifica]EUREKA. 68 riguarda 1’esistenza positiva delle nebulose, un'esistenza tanto confidentemente sostenuta dai suoi astronomi contemporanei, egli faceva minor assegnamento su ciò che vedeva che su ciò che udiva. Si vedrà che le sole objezioni valide contro la sua teoria sono quelle fatte contro la sua ipotesi considerata come tale contro ciò che la suggerì e non contro ciò che essa suggerisce, contro le sue proposizioni più tosto che contro i suoi risultati. L’ipotesi meno giustificata di Laplace era quella di dare agli atomi un movimento verso un centro, malgrado che egli comprendesse evidentemente che questi atomi si estendono in una successione illimitata in tutto lo spazio Universale. Io ho già dimostrato che in tali circostanze non poteva succedere alcun movimento, e per conseguenza Laplace ne ammetteva uno su di una base tanto poco filosofica quanto poco necessaria per stabilire ciò che voleva stabilire. La sua idea originale pare sia stata un composto dei veri atomi di Epicuro colle pseudo-nebulose dei suoi contemporanei, e cosi la sua teoria si presenta a noi colla singolare anomalia della verità assoluta, dedotta come risultato matematico da un ibrido datum dell'antica imaginazione intrecciata colla moderna mancanza di acume. La forza reale di Laplace sta, in fatto, in un istinto matematico quasi miracoloso: egli aveva fede in quest'istinto e mai esso gli mancò, mai lo ingannò : — nel caso della Cosmogonia Nebulare l’istinto lo condusse, ad occhi bendati, attraverso un labirinto di errori in uno dei più luminosi e stupendi templi della Verità.

  1. “Prospetti dell’Architettura dei Cieli.„ Una lettera attribuita al dottor Nichol, che scriveva a un amico in America, fece il giro dei nostri giornali, credo circa due anni fa, ammettendo “la necessità„ alla quale ho fatto allusione. In una letttera susseguente pare tuttavia che il dottor Nichol abbia trionfato di questa necessità, e non rinunzi interamente alla teoria, sebbene sembra ch’egli affetti di burlarsi di essa considerandola come “una semplice ipotesi„ Che altro era dunque la legge di Gravitazione prima degli esperimenti di Maskelyne? e chi metteva in dubbio questa legge anche allora?