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Edgar Allan Poe - Eureka (1848)
Traduzione dall'inglese di Maria Pastore Mucchi (1902)
X.
Eureka - IX. Eureka - XI.

[p. 68 modifica] X. Imaginiamo, per un momento, che il primo anello pro- jettato dal Sole, cioè l’anello che rompendosi formò Nettuno, non si rompa realmente finché non avviene la projezione dell anello dal quale nacque Urano; che quest’ultimo anello rimanga di nuovo intatto finché avvenga 1'emissione di quell'anello dal quale nacque Saturno; che quest'ultimo di nuovo rimanga intero finché avvenga l’emissione di quella forma che originò Giove — e cosi via. Imaginiamo, in una parola, che non avvenga nessuna dissoluzione negli anelli fino all'emissione finale di quello che diede origine a Mer- ourio. Noi cosi ci dipingiamo, agli occhi della mente, una serie di cerchi concentrici coesistenti, e considerandoli tanto in essi stessi quanto nei procedimenti per cui, secondo, l’ipotesi di Laplace, essi furono costrutti, noi vediamo subito un'analogia molto singolare cogli strati atomici ed i pro.- cessi dell’ irradiazione, originale come io 1’ ho descritta. È [p. 69 modifica]EUREKA 69 forse impossibile, misurando rispettivamente le forze per mezzo delle quali ogni cerchio planetario successivo fu emesso — cioè, misurando le successive eccedenze di rotazione su la gravitazione che hanno cagionato le projezioni successive — di trovare più decisamente confermata l’analogia in questione? È forse improbabile che noi scopriamo che queste forze hanno cambiato, come nell' irradiazione originale — proporzionalmente ai quadrati delle distanze ? Il nostro sistema solare che consiste principalmente in un sole con sedici pianeti, certamente e forse alcuni di più che roteano attorno ad esso a differenti distanze, e accompagnato da diciassette lune, per certo, ma molto probabilmente da altre ancora — si può considerare, ora, come un esempio delle innumerevoli agglomerazioni, che continuarono a prodursi in tutta la Sfera Universale, di atomi al ritirarsi della Volontà Divina. Io intendo dire che il nostro sistema solare deve essere considerato come un caso generico di queste agglomerazioni, o, più correttamente, delle ulteriori condizioni a cui esse arrivarono. Se noi fissiamo la nostra attenzione sull’ idea della massima quantità di Rapporti possibile, come è nel disegno dell'Onnipotente e sulle precauzioni prese per compirlo per mezzo della differenza di forma tra gli atomi originali e dell' inequidistanza particolare, noi troveremo impossibile il supporre anche solo per un momento che due qualsiasi delle agglomerazioni incipienti raggiungano alfine precisamente lo stesso risultato. Noi saremmo più tosto inclinati a pensare che non vi sono due corpi stellari nell’ Universo simili in particolare — siano essi soli o pianeti o lune — mentre tutti lo sono in generale. Allora, noi possiamo sempre meno imaginare che due gruppi qualunque di tali corpi — due « sistemi » qualunque — possano avere una rassomiglianza più che generale (1). 1 nostri telescopi, su questo punto, confermano interamente le nostre deduzioni. Considerando, dunque, il nostro sistema solare semplicemente come un tipo libero e generale di tutti gli altri, noi siamo andati tanto lontano nel nostro soggetto da poter esaminare l’universo sotto l’aspetto di uno spazio sferico sul quale esistono, dispersi ovunque con un'eguaglianza puramente generale, un numero di sistemi simili puramente in generale. Ora, allargando le nostre concezioni, consideriamo ciascuno di questi sistemi come un atomo per sè stesso; ciò (1) Non è impossibile che alcuni imprevisti perfezionamenti ottic1 possano scoprire, tra i riiimerevoli varata di sistemi, un sole lu; minoso, circondato da anelli luminosi e non luminosi, entro e fuor1 e fra i quali girino dei pianeti luminosi e non luminosi accompagnati da lune colle loro lune — ed anche queste ultime colle loro Lgine particolari. [p. 70 modifica]ÈUREKA che è realmente vero, se noi lo consideriamo come una sola delle incalcolabili miriadi di sistemi che costituiscono l'Universo. Considerandoli, dunque, ognuno come colossali atomi, dotati ognuno della stessa indistruttibile tendenza all’Unità che caratterizza i veri atomi da cui è composto — noi. entriamo ad un tratto in un nuovo ordine di aggregazioni. I più piccoli sistemi, in prossimità di uno più grande, dovranno inevitabilmente essere attirali sempre più vicino. Un migliajo si riunirà qua: un milione là — qui forse ufi bilione — lasciando cosi degli smisurati vuoti nello spazio. E se ora mi si domandasse perchè nel caso di questi si- sterni — di questi atomi veramente Titanici — io parlo unicamente di un « insieme » e non, còme nel caso degli atomi positivi, di un’agglomerazione piu o meno consolidata: — - se si domandasse, per esempio, perchè io non sostengo fino alla sua legittima conclusione ciò che dichiaro, e non descrivo allo stesso tempo quest’ insieme di sistemi-atomi che si precipitano e si consolidano in isfere — e condensando i diventano un magnifico sole — la mia risposta sarebbe questa : mCio — io non mi arresto che un solo momento sulla Soglia del Futuro. Per ora, chiamando queste riunioni « gruppi », noi li consideriamo negli stadi incipienti della loro consolidazione. La loro consolidazione assoluta deve ancora compiersi. Noi siamo ora giunti ad un punto da cui contempliamo l’Universo come uno spazio sferico cosparso non ugualmente iti gruppi. Si deve notare che qui io preferisco l’avverbio « non ugualmente » alla frase « con un’ uguaglianza puramente generale », già usata prima d'ora. È evidente, in fatto, che l'uguaglianza di distribuzione diminuirà in ragione del progresso dell’agglomerazione — cioè, come le cose distribuite diminuiscono di numero, cosi l’aumentare dell’ ineguaglianza — un aumentare che deve continuare finché non arriverà un'epoca, o prima o poi, in cui l’agglomerazione più larga assorbirà tutte le altre — deve essere considerato semplicemente come un indizio che conferma ta tendenza all'amia.