Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 41

Lettera 40

[p. 249 modifica]ALL’ABBATE NUNZIO APOSTOLICO (^)I.

L‘ esorta ad esser buono membro dc*I corpo mistico di santa Chiesa, per mezzo del giocolo della carità) dimostrandogli come questa s* acquista, seguitando la via di Gesù Cristo^ cioè delle fatiche e dei patimenti.

II. Degli effetti di questo legame della carità, e specialmeute del lume che produce nell’anima.

III. Del conoscimento della ditiaa bontà e di se medesimo^, che .*acqni«ta col Inme vivo, e di ciò che opera 1 nomo talmente illuminato, e specialmeute del zelo che egli ha della salute dell anime.

IV. Rispondendo ad alcune sue richieste, parla di due cose che dorrebbonsi levare dalla Chiesa di Dio, che le sono di gran roviua. Iu oltre l’anima a sperare il perdono de’proprj peccati dalla divina misericordia. Finalmente lo prega ad ajutare il papa negli affari della Chiesa, specialmente consigliandolo nell’ elezione di buoni e santi pastori.

41* AL nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ^^enerabile padre spirituale in Cristo Jesù. Io Catarina, indegna serva vostra, e figliuola, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, mi raccomando, e scrivo a voi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vero sacerdote e membro legato nel corpo della Chiesa santa. 0 venerabile e caris[p. 250 modifica]250’ simo padre in Cristo Jesù, quanto sarà beata l’anima vostra e mia, quando io vedrò che noi siamo legati nel fuoco della divina carità, la quale carità sapete che dà il latte alli figliuoli suoi, e nolricali, e parmi che questo latte non si trae per altro modo, che tragga il fanciullo.il latte dal petto della madre sua, il quale per mezzo della poppa trae il latte, e così si nutrica!

così sapete che l’anima nostra non può avere vita per altro n.odo, che per mezzo di Cristo crocifisso; così disse la prima verità: veruno può andare al Padre, se non per me, ed in un altro luogo dice: Io sono via, verità e vita, e chi va per me, non va per le tenebre, anzi va per la luce. Oh inestimabile dolcissima carità, quale è la via tua, che tu eleggesti con tanto amore! io non vedo che fusse onore, nè delizie, nè!

gloria umana, nè amor proprio di te medesimo; perocché la carità non cerca le cose sue, ma solo l’onore di Dio e la salute della creatura. La vita sua dunque non fu altro che scherni ed ingiurie, e rimproveri, e villanie, ed allumino T obbrobriosa morie della croce. Per questa via T hanno seguitato li santi, siccome membri legati ed uniti con questo dolce capo Jesù, il quale è’ tanto dolce che nutrica e dà vita a tutte le membra che in esso capo sono legate. E se noi diciamo in che modo sèguito questo dolce Capo e legomi con lui; sapete che con altre modo non si lega l’uomo se non con legame, nè non diventa una cosa col fuoco, se non vi si gitta dentro, cli

punto non ne rimanga di fuore.


II. Or questo è quello \mcolo dell’amore col quale l’anima si lega con Cristo. O quanlo è dolce questo legame, il quale legò il figliuolo di Dio in su il legno della santissima croce, e legato che l’uomo è di qnesto legame; si trova nel fuoco; e fa il fuoco della divina carità nell’anima, come, là il fuoco materiale, perocché scalda od allumina, e converte in sé. O fuoco dolce citi attrattivo, che scaldi

cacci via ogni freddezza’ di vizio o di peccato e d’amore proprio di

[p. 251 modifica]sè medesimo. Questo caldo riscalda ed accende questo legno arido della nostra voluntà, onde ella s accende e distende a’ dolci ed amorosi desiderj. amando quello che Dio ama, ed odiando quello che Dio odia, e come j’anima vede sè essere cotanto smisuratamente amata, e dato sè medesimo agnello svenato in su il legno della croce, allora dico che il fuoco l’allumina e non cade tenebre in lei: e cosi l’anima alluminata a questo venerabile fuoco tutto distende lo intendimento ed allarga; e poiché ha sentito e ricevuto il lume, disceme e vede quello che è nella voluntà di Dio, e non vuole seguitare altro che le vestigie di Cristo crocifisso, perocché vede bene che per altra via non può andare, e non si vuole dilettare in altro che nelli obbrobrj suoi; onde allora per mezzo della carne di Cristo crocifisso trae a sè il latte della divina dolcezza. O lume dolce dove non cade tenebre, nò pena per veruna amaritudine, nè tristizia che venga; perocché il lume ricevuto dal fuoco vede che ogni cosa procede da Dio, eccetto che il peccato e vizio; e vede che Dio non vuole altro cli

la santificazione nostra; e per darci questa santificazione della grazia unissi esso Dio, ed umiliossi all’uomo; onde la sua umiltà stirpa la nostra superbia: egli è quella regola, la quale tutti ci conviene.seguitare.


III. Questo raguarda bene lo intendimento alluminato, e vede fermando l’occhio nell’occhio della divina carità e bontà di Dio: e dove lo trova ? dentro nel cognoscimento di sè medesimo, perocché vede sè non essere, e l’essere suo cognosce avere da Dio per grazia e per amore, e non per debito. Subito dunque che il nostro intendimento intenderà a tanta bontà, nascerà in lui una fonte viva di grazia, una vena dolio di profonda umiltà, la quale non lascerà cadere, nè enfiare per superbia, nò per veruno stato, nè gloria che egli abbia; ma, come buono pastore, seguiterà le vestigie del maestro suo, siccome faceva quello santo e dolce Gregorio e gli altri che’l seguirò. [p. 252 modifica]252 ’ cìie essendo li maggiori erano minori, e non volevano esseref serviti, anzi servire spiritualmente e temporalmente, più con la buona vita ohe con le parole. Poi dunque che lo intendimento ha ricevuto il lume dei fuoco per lo modo che detto è, ed egli il converte in sè medesimo, e diventa una cosa con lui,.e così la memoria diventa^ una cosa con Cristo crocifisso, onde altro non può ritenere, nè dilettare, nè pensare che del diletto suo che elli ama, e l’amore ineffabile che elli vede, che elli ha a lui ed a tutta l’umana generazione; onde subito la memoria ritiene questo in sè e diventa amatore di Dio e del prossimo suo; intantochè cento migliaja di volte porrebbe la vita per lui; e non raguarda a utilità che tragga da lui; ma solo perchè vede che sommamente Dio ama la sua creatura, si diletta d’amare quello che elli ama. Adunque bene possiamo dire, che elli è drittamente fuoco che scalda ed allumina e converte in sè, ed accordatisi in questo fuoco le tre potenzie dell’anima, cioè la memoria a: ritenere i beneficj di Dio, lo intendimento a intendere la bontà, e la voluntà si distende ad amare per sì fatto modo, che non può altro amare uè desiderare veruna cosa, fuore di lui, e tutte le sue operazioni sono dirizzate in lui, e non può vedere altrimenti, ma sempre pensa di fare quella cosa che più piaccia al suo Creatore; e perchè vede che veruno sacri.’cio gli è tanto piacevole quanto essere mangiatore e gustatore dell’anime, mai non se ne sazia, e singularment

a voi, padre, richiede Dio, ed a vostri pari, questo zelo e sollicitudine. Questa è la via di Cristo crocifisso, che sempre ci darà il lume della grazia, ma tenendo altra via anderemo di tenebre in tenebre, e nell’ultimo alla morto eternale.


IV. Ricevetti, dolce padre mio, la lettera vostra con grande. consolazione e letizia, pensando che vi ricordiate di sì vile

misera creatura. Intesi ciò che diceva, e rispondendovi alla prima dolio tre cose che mi dimandate; dirò, dio il dolce nostro Cristo iu tona,

[p. 253 modifica]253 credo, e così pare nel cospetto di Dio, che farebbe bene due cose singultir!, per le quali la Sposa di Cristo si guasta, si levassero via. L una si è la troppa tenerezza e sollicitudine di parenti, la quale singularmeiite si converrebbe, che in tutto e per tutto elli fusse tutto mortificato. L’altra si è la troppo dolcezza fondata in troppa misericordia. Oimè, oimè, questa è la cagione, che i membri diventano putridi, cioè, per lo non correggere; e singularmente ha per male Cristo tre perversi vizj, cioè, la immondizia, V avarizia e la infiata superbia, la quale regna nella Sposa di Cristo, cioè, ne’ prelati, che non attendono ad altro che a delìzie e stati, e grandissime ricchezze. Veggono i demonj infernali portare l’anime de* sudditi loro, e non se ne curano, perchè sono fatti lupi e rivenditori della divina grazia. Vorrebbesi. dunque una forte giustizia a correggerli, perocché la troppa, pietà è grandissima crudelità; ma con giustizia e misericordia sì vorrebbe correggere. Ma ben 7Ì dico, padre, che io spero per la bontà di Dio, che questo difetto della tenerezza de’ parenti per le molte orazioni e stimoli che elli avrà da servi di Dio, si comincierà a levare.

Non dico che la Sposa di Cristo non sia perseguitata, ma credo che rimunera in fiore. come de’ rimanere; egli è bisogno, che a racconciare al tutto, si guasti infino alle fondamenta (B), e questo che detto è, il guastare che io voglio che voi intendiate, non è in altro modo. All’altra, che dite de’peccati nostri, Dio vi doni l’abbondanzia della sua misericordia: sapete che Dio non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva; linde io, indegna vostra figliuola, in’ho recato e recherò il debito de’peccati vostri sopra di me, ed insiememente li vostri e li miei arderemo nel fuoco della dolce carità, dove si consumano. Sicché sperate e tenete di fermo, che la divina grazia ve gli ha perdonati. Or pigliate dunque uno ordine di ben vivere, e con virtù tenendo piantato nel cuore vostro il cfocialo amore che Dio ha a [p. 254 modifica]254 voi, eleggendo innanzi la morie che offendere il suo Creatore, o tenere T occhio che sia offeso da’sudditi vostri. All’altra dico, quando io vi dissi che v’affaticaste nella Chiesa santa, non intesi, nè non dico solamente delle fatiche che voi pigliate sopra le cose temporali; poniamo che sia bene, ma principalmente vi dovete affaticare insiememente col padre santo, e farvi ciò che voi potete in trarre li lupi e li demonj incarnati dei pastori che a veruna cosa attendono, se non in mangiare, ed in belli palazzi, ed in grossi cavalli. Oimè, che quello che acquistò Cristo in su il legno della croce, si spende con le meretrici. Pregovi, che se ne doveste morire, che voi ne diciate al santo padre che ponga remedio a tante iniquitadi, e quando verrà il tempo di fare li pastori e’ cardinali (C). che non si faccino per lusinghe, nè per denari, nè per simonia, ma pregatelo quanto potete, che elli attenda e miri se trova la virtù e la buona e santa fama neH’uomo, e non miri più a gentile che a mercenajo; perocché la virtù è quella cosa che fa l’uomo gentile e piacevole a Dio, e questa è quella dolce fatica, padre, che io vi prego e pregai che voi pigliate. E poniamo chele altre fatiche siano buone, questa è quella fatica che è ottima. Altro per ora non dico. Perdonale alla mia presunzione: raccomandomivi cento migliaja di volte in Cristo Jesù. Slianvi a mente li fatti di messer Antonio, e se vedete costà l’arcivescovo (D) sì me gli raccomandate quanto più potete. Permanete nella santa,

dolce dilezione di Dio. Jesù dolce. Jesù amore.

[p. 255 modifica]Annotazioni alla Lettera 4L%* (J) L’abbate nunzio in Toscana cui scrisse la santa fu Gerardo o Gherardo, che dire Togliamo di Puv, che do’ diremmo di Poggio di nazione francese. Era egli monaco benedettino della Con* negazione di Clogn^, ed abbate del raonistero di san Martino, posto sul fiume Loira, presso la ciltà di Tnrs, detto dal volgo di DIarmontier, e per gli autoii italiani appellai il maggior monistero, da che in laliuo dice»i mnjus inonasteriurn, avvegnaché molti fer errore ablnanlo detto ubbns montis ntajoris, e I Ammirato or o dica l’abbate maggiore Bituricense, e più sovente Io appelli abbate di Monlemaggiore, e ne storpi ancora il cognome dicendolo Gherardo di Predio. Venne questo abbate in Italia Panno 1371, mandatovi da Gregorio in ufficio di tesoriere della santa Sede, e collettore generale delle rendite della Chiesa. Del 1072, fu fatto governatore di Perugia e della provincia del Patrimonio e d’altre terre con titolo di vicaro apostolico. Nel titolo viene appellalo Jfunzio apostolico: non si sa che egli aTesse mai tale incarico nelle parti di Toscana; consta ^eró da una ordinazione di questo abbate conservataci dal Martorelli nella Storia della città di Osimo, che fu per Gregorio XI nunzio in pnrtibus Italie. Nel suo governo di Perugia fu accusalo d’aver fomentate le discordie Ira gli Aretini e il popolo di Castiglione, e di aver sottomano ajutato Cione Salimbeni ribelle di Siena, onde grande sospetto n’ebbero le città di Toscana, e colsero odio addosso a" ministri del pontefice in Italia, come uomini, che sol mirassero ad allargate lo Stato ecclesiastico, accorciandone il loro dominio. Allorché ribellò alla Chiesa la città di Perù già, era egli in quella ciltà. e si riparò entro la fortezza, in cui fa assediato dalle armi de’ Fiorentini e d’ altri collegati toscani, onde in ultimo convennegli cedere alla forza e partirne non senza avere in prima ricevati diversi affronti, de quali fe’poi querela Gregorio alla repubblica di Firenze.

(B) Egli è bisogno, che a racr.oaciare al tutto, si guasti injino alle fondamenta. Accenna la santa i gravi scandali eh’ erano per nascere nella Chiesa di Dio a cagione dello scisma, di cui, come ad altro luogo lu detto, ebbe ella avviso dal cielo.

(C) E quando vtrrh il tempo difare li pastori e’ cardinali Questi furono creati del 1375 del mese di dicembre, e Ira essi fa pure inchiuso questo abbate che slava^ene assedialo dall’esercito de’collegiali, e si disse il cardinale del miglior Monislero. Diè poi egli il suffragio nella elezione d’Urbano VI, e fu de’ pri:ur a togliersi dalla ubbidienza cK esso, andandone ad Anagni e procurando che si venisse alla elezione d’un antipapa, onde contro Iiii e due allri cardinali francesi gitlò Urbano la prima sagra folgore della scomunica, dipouendulo dal cardinalato. Stette però egli ferina nel partito [p. 256 modifica]Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 1.djvu/294