Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 41
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ALL’ABBATE NUNZIO APOSTOLICO (^)I.
L‘ esorta ad esser buono membro dc*I corpo mistico di santa Chiesa, per mezzo del giocolo della carità) dimostrandogli come questa s* acquista, seguitando la via di Gesù Cristo^ cioè delle fatiche e dei patimenti.
II. Degli effetti di questo legame della carità, e specialmeute del lume che produce nell’anima.
III. Del conoscimento della ditiaa bontà e di se medesimo^, che .*acqni«ta col Inme vivo, e di ciò che opera 1 nomo talmente illuminato, e specialmeute del zelo che egli ha della salute dell anime.
IV. Rispondendo ad alcune sue richieste, parla di due cose che dorrebbonsi levare dalla Chiesa di Dio, che le sono di gran roviua. Iu oltre l’anima a sperare il perdono de’proprj peccati dalla divina misericordia. Finalmente lo prega ad ajutare il papa negli affari della Chiesa, specialmente consigliandolo nell’ elezione di buoni e santi pastori.
41* AL nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. ^^enerabile padre spirituale in Cristo Jesù. Io Catarina, indegna serva vostra, e figliuola, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, mi raccomando, e scrivo a voi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vero sacerdote e membro legato nel corpo della Chiesa santa. 0 venerabile e caris250’ simo padre in Cristo Jesù, quanto sarà beata l’anima vostra e mia, quando io vedrò che noi siamo legati nel fuoco della divina carità, la quale carità sapete che dà il latte alli figliuoli suoi, e nolricali, e parmi che questo latte non si trae per altro modo, che tragga il fanciullo.il latte dal petto della madre sua, il quale per mezzo della poppa trae il latte, e così si nutrica!
così sapete che l’anima nostra non può avere vita per altro n.odo, che per mezzo di Cristo crocifisso; così disse la prima verità: veruno può andare al Padre, se non per me, ed in un altro luogo dice: Io sono via, verità e vita, e chi va per me, non va per le tenebre, anzi va per la luce. Oh inestimabile dolcissima carità, quale è la via tua, che tu eleggesti con tanto amore! io non vedo che fusse onore, nè delizie, nè!
gloria umana, nè amor proprio di te medesimo; perocché la carità non cerca le cose sue, ma solo l’onore di Dio e la salute della creatura. La vita sua dunque non fu altro che scherni ed ingiurie, e rimproveri, e villanie, ed allumino T obbrobriosa morie della croce. Per questa via T hanno seguitato li santi, siccome membri legati ed uniti con questo dolce capo Jesù, il quale è’ tanto dolce che nutrica e dà vita a tutte le membra che in esso capo sono legate. E se noi diciamo in che modo sèguito questo dolce Capo e legomi con lui; sapete che con altre modo non si lega l’uomo se non con legame, nè non diventa una cosa col fuoco, se non vi si gitta dentro, clipunto non ne rimanga di fuore.
cacci via ogni freddezza’ di vizio o di peccato e d’amore proprio di
la santificazione nostra; e per darci questa santificazione della grazia unissi esso Dio, ed umiliossi all’uomo; onde la sua umiltà stirpa la nostra superbia: egli è quella regola, la quale tutti ci conviene.seguitare.
a voi, padre, richiede Dio, ed a vostri pari, questo zelo e sollicitudine. Questa è la via di Cristo crocifisso, che sempre ci darà il lume della grazia, ma tenendo altra via anderemo di tenebre in tenebre, e nell’ultimo alla morto eternale.
misera creatura. Intesi ciò che diceva, e rispondendovi alla prima dolio tre cose che mi dimandate; dirò, dio il dolce nostro Cristo iu tona,
253 credo, e così pare nel cospetto di Dio, che farebbe bene due cose singultir!, per le quali la Sposa di Cristo si guasta, si levassero via. L una si è la troppa tenerezza e sollicitudine di parenti, la quale singularmeiite si converrebbe, che in tutto e per tutto elli fusse tutto mortificato. L’altra si è la troppo dolcezza fondata in troppa misericordia. Oimè, oimè, questa è la cagione, che i membri diventano putridi, cioè, per lo non correggere; e singularmente ha per male Cristo tre perversi vizj, cioè, la immondizia, V avarizia e la infiata superbia, la quale regna nella Sposa di Cristo, cioè, ne’ prelati, che non attendono ad altro che a delìzie e stati, e grandissime ricchezze. Veggono i demonj infernali portare l’anime de* sudditi loro, e non se ne curano, perchè sono fatti lupi e rivenditori della divina grazia. Vorrebbesi. dunque una forte giustizia a correggerli, perocché la troppa, pietà è grandissima crudelità; ma con giustizia e misericordia sì vorrebbe correggere. Ma ben 7Ì dico, padre, che io spero per la bontà di Dio, che questo difetto della tenerezza de’ parenti per le molte orazioni e stimoli che elli avrà da servi di Dio, si comincierà a levare.
Non dico che la Sposa di Cristo non sia perseguitata, ma credo che rimunera in fiore. come de’ rimanere; egli è bisogno, che a racconciare al tutto, si guasti infino alle fondamenta (B), e questo che detto è, il guastare che io voglio che voi intendiate, non è in altro modo. All’altra, che dite de’peccati nostri, Dio vi doni l’abbondanzia della sua misericordia: sapete che Dio non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva; linde io, indegna vostra figliuola, in’ho recato e recherò il debito de’peccati vostri sopra di me, ed insiememente li vostri e li miei arderemo nel fuoco della dolce carità, dove si consumano. Sicché sperate e tenete di fermo, che la divina grazia ve gli ha perdonati. Or pigliate dunque uno ordine di ben vivere, e con virtù tenendo piantato nel cuore vostro il cfocialo amore che Dio ha a 254 voi, eleggendo innanzi la morie che offendere il suo Creatore, o tenere T occhio che sia offeso da’sudditi vostri. All’altra dico, quando io vi dissi che v’affaticaste nella Chiesa santa, non intesi, nè non dico solamente delle fatiche che voi pigliate sopra le cose temporali; poniamo che sia bene, ma principalmente vi dovete affaticare insiememente col padre santo, e farvi ciò che voi potete in trarre li lupi e li demonj incarnati dei pastori che a veruna cosa attendono, se non in mangiare, ed in belli palazzi, ed in grossi cavalli. Oimè, che quello che acquistò Cristo in su il legno della croce, si spende con le meretrici. Pregovi, che se ne doveste morire, che voi ne diciate al santo padre che ponga remedio a tante iniquitadi, e quando verrà il tempo di fare li pastori e’ cardinali (C). che non si faccino per lusinghe, nè per denari, nè per simonia, ma pregatelo quanto potete, che elli attenda e miri se trova la virtù e la buona e santa fama neH’uomo, e non miri più a gentile che a mercenajo; perocché la virtù è quella cosa che fa l’uomo gentile e piacevole a Dio, e questa è quella dolce fatica, padre, che io vi prego e pregai che voi pigliate. E poniamo chele altre fatiche siano buone, questa è quella fatica che è ottima. Altro per ora non dico. Perdonale alla mia presunzione: raccomandomivi cento migliaja di volte in Cristo Jesù. Slianvi a mente li fatti di messer Antonio, e se vedete costà l’arcivescovo (D) sì me gli raccomandate quanto più potete. Permanete nella santa,dolce dilezione di Dio. Jesù dolce. Jesù amore.
Annotazioni alla Lettera 4L%* (J) L’abbate nunzio in Toscana cui scrisse la santa fu Gerardo o Gherardo, che dire Togliamo di Puv, che do’ diremmo di Poggio di nazione francese. Era egli monaco benedettino della Con* negazione di Clogn^, ed abbate del raonistero di san Martino, posto sul fiume Loira, presso la ciltà di Tnrs, detto dal volgo di DIarmontier, e per gli autoii italiani appellai il maggior monistero, da che in laliuo dice»i mnjus inonasteriurn, avvegnaché molti fer errore ablnanlo detto ubbns montis ntajoris, e I Ammirato or o dica l’abbate maggiore Bituricense, e più sovente Io appelli abbate di Monlemaggiore, e ne storpi ancora il cognome dicendolo Gherardo di Predio. Venne questo abbate in Italia Panno 1371, mandatovi da Gregorio in ufficio di tesoriere della santa Sede, e collettore generale delle rendite della Chiesa. Del 1072, fu fatto governatore di Perugia e della provincia del Patrimonio e d’altre terre con titolo di vicaro apostolico. Nel titolo viene appellalo Jfunzio apostolico: non si sa che egli aTesse mai tale incarico nelle parti di Toscana; consta ^eró da una ordinazione di questo abbate conservataci dal Martorelli nella Storia della città di Osimo, che fu per Gregorio XI nunzio in pnrtibus Italie. Nel suo governo di Perugia fu accusalo d’aver fomentate le discordie Ira gli Aretini e il popolo di Castiglione, e di aver sottomano ajutato Cione Salimbeni ribelle di Siena, onde grande sospetto n’ebbero le città di Toscana, e colsero odio addosso a" ministri del pontefice in Italia, come uomini, che sol mirassero ad allargate lo Stato ecclesiastico, accorciandone il loro dominio. Allorché ribellò alla Chiesa la città di Perù già, era egli in quella ciltà. e si riparò entro la fortezza, in cui fa assediato dalle armi de’ Fiorentini e d’ altri collegati toscani, onde in ultimo convennegli cedere alla forza e partirne non senza avere in prima ricevati diversi affronti, de quali fe’poi querela Gregorio alla repubblica di Firenze.
(B) Egli è bisogno, che a racr.oaciare al tutto, si guasti injino alle fondamenta. Accenna la santa i gravi scandali eh’ erano per nascere nella Chiesa di Dio a cagione dello scisma, di cui, come ad altro luogo lu detto, ebbe ella avviso dal cielo.
(C) E quando vtrrh il tempo difare li pastori e’ cardinali Questi furono creati del 1375 del mese di dicembre, e Ira essi fa pure inchiuso questo abbate che slava^ene assedialo dall’esercito de’collegiali, e si disse il cardinale del miglior Monislero. Diè poi egli il suffragio nella elezione d’Urbano VI, e fu de’ pri:ur a togliersi dalla ubbidienza cK esso, andandone ad Anagni e procurando che si venisse alla elezione d’un antipapa, onde contro Iiii e due allri cardinali francesi gitlò Urbano la prima sagra folgore della scomunica, dipouendulo dal cardinalato. Stette però egli ferina nel partito Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 1.djvu/294