Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 163

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[p. 99 modifica]99 A SUORA DANIELLA DA ORVIETO VESTITA DELL’ABITO DI SANTO DOMENICO, LA QUALE, NON TOTENDO SEGUIRE LA SUA GRANDE PENITENZIA, ERA VENUTA IN GRANDE AFFLIZIONE.

  • I. Della virtù della discrezione, che c’è necessaria per la salate; mostrando come questa nasce dalla carità, e come *1’ essa siano principali fuetti rendere il suo debito a Dio, ai pio»aimi ed a so.

II. Dei frutti che da essa si coglie in qualsivoglia stato.

III. Come essa regoli 1’ anima cbe tuoI vivere spiritualmente; e prima in ordine alla carità Terso il prossimo, seconJo m ordine alla perfetta orazione.

IV7. Come la virlii della discrezione regoli I’ anima in ordine alla penitenza; e come non si deve porre in essa il principale alletto, ma usarla come strumento.

V. Dei danni dell’ ind screrione, con che la prega a moderare le sue penitenze, e procurare d* annegare la propria volontà, ed acquistare le vere e reali virtù.

183, Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ilarissima suora e figliuola in Cristo dolce Jesù.

Io Catarina, serva e schiava de* servi di Jesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in te la virtù santa della discrezione, la quale virtù ci r necessaria d’avere, se vogliamo la salute nostra: perchè ci è tanto di necessità? perchè ella [p. 100 modifica]100 esce del cognoscimento di noi e di Dio; in questa casa tiene le sue radici: ella è drittamente uno figliuolo parturito dalla carità, che è propriamente discrezione, ed uno. lume, ed uno cognoscimento che l’anima ha di Dio e di sè, come detto è: la principale cosa che ella faccia* è questa, che avendo veduto col lume discreto a cui ella è debitrice, e quella che debba rendare, subito il rende con perfetta discrezione; unde a Dio rende gloria e loda al nome suo, e tulle 1’ operazioni che fa l’affetto dell’anima, fa con questo lume, cioè; che lutte’sono fatte per questo line, sicché a Dio rende il debito dell’ onore; non fa come 10 indiscreto rùbatore, che l’onore vuole dare a sè, e per cercare il proprio onore e piacere, non cura di fare vituperio a Dio e danno al prossimo, e perchè la radice dell’affetto dell’anima è corrotta dalla indiscrezione, sono corrotte tutte le sue operazioni in sè ed in altrui. In altrui dico, perchè indiscretamente pone i pesi e comanda ad altri, o secolari, o spirituali o di qualunque stato si sia; se egli ammonisce o consiglia, indiscretamente il fa, e con quello medesimo peso che egli pesa, vuole pesare ogni altra persona. Il contrario fa l’anima discreta, che discretamente vede il bisogno suo e l’altrui; unde poiché ella ha renduto il debito dell’onore a Dio, ella rende 11 suo a sè, cioè odio del vizio e della propria sensualità.

Chi n’è cagione? è ’ amore della virtù amandola in sè. Questo medesimo lume, col quale ella si rende il debito, rende al prossimo suo, e però dissi in sè ed in altrui, nude rende al prossimo la benivolenzia, siccome egli è obbligato, amando in lui la virtù ed odiando il vizio, ed amalo come creatura creata dal sommo ed eterno Padre; e meno e pù perfettamente rendè a lui la dileziòue della carità, secondo che 1’ ha in sè.

Sicché questo è il principale affetto che adopera la virtù della discrezione nell’anima, perchè con lume ha veduto che debito debba rendare, ed a cui.

II. Questi Sono tre rami principali di questo glo[p. 101 modifica]ioi rioso figliuolo della discrezione, il quale le esce dal1’ arbore della carità. Di questi tre rami escono infiniti e variati frutti tutti soavi e di grandissima dolcezza, che notncaiio l’anima nella vita della grazia, quando con la mano del libero arbitrio, e con la bocca del santo ed affocalo desiderio gli prende: in ogni stato che la persona è, gusta di questi frutti, se ella ha il lume della discrezione, in diversi modi, secondo il diverso stato. Colui che è nello stalo del mondo ed ha questo lume, coglie il frutto dell’ obbedienzia dei comandamenti di Dio, ed il dispiacere del mondo., spogliandosene mentalmente; poniamo che attualmente ne s:a vestilo, se egli ha figliuoli, piglia il frutto del timore di Dio, e col timore santo suo gli notrica. Se egli è Signore, piglia il frutto della giustizia, perchè discretamente vuole rendare a ciascuno il debito suo; unde col rigore della giustizia punisce lo ingiusto che punisce la colpa: ed il giusto premia, gustando il fruito della ragione, che per lusinghe, nè per limore servile non si parte da questa vita: se egli è suddito, coglie il frutto dell’obbedienzia e riverenzia verso il Signore suo, schifando la cagione e la via per la quale il potesse offeudare; se col lume non l’avesse vedute, non l’averebbe schifale. Se sono religiosi o prelati, traggonne il frutto dolce e piacevole d’essare osservatori dell’Ordine loro, portando e sopportando i difetti l’uno dell altro, abbracciando le vergogne, il dispiacere, ponendosi sopra le spalle il giogo dell obbedienzia. Il prelato prende la fame dell’onore di Dio e della salute dell anime, gittandoli 1’ amo della dottrina e della vita esemplaria. In quanti diversi modi ed in diverse creature si colgono questi frutti: troppo sarebbe longo a narrarlo; con lingua non si potrebbero esprimare. .

III. Ma vediamo, carissima figliuola (parliamo ora in particulare,~e parlando in particulare sarà parlato in generale), che regola dà questa virtù della discrezione nell’anima. Pare a me che dia questa regola nell anima e nel corpo in persone che spiritualmente i [p. 102 modifica]102 vogliono vivere, ed attualmente e mentalmente, benché ella ogni persona regoli ed ordini nel grado e nello stato suo; ma parliamo ora a noi. La prima regola che ella dia nell’ anima, è quella che detta aviarno, di rendare 1’ onore a Dio, al prossimo la benivolenzia, ed a sè odio del vizio e della propria sensualità!

ella ordina questa carità nel prossimo, che per lui non vuole ponare l’anima sua, cioè per farli utilità, o piacere non vuole offendareDio; ma discretamente fugge la colpa e dispone il corpo suo ad ogni pena e tormento, ed alla morte per campare un’ anima, e quante ne potesse campare dalle mani del dimonio; e disponsi a ponare la sustanzia temporale per sovvenire e campare il corpo del prossimo suo. Questo fa la carità con questo lume della discrezione, che discretamente l’ha regolato nella carità del prossimo. 11 contrario fa lo indiscreto che non si cura d’ offendare Dio, nè di ponare l’anima sua per fare servizio e piacere al prossimo indiscretamente, quando con farli compagnia in luoglii scellerati, quando con falsa testimonianza, e così in molti altri modi, come tutti dì vengono i casi. Questa è la regola della indiscrezione, la quale esce dalla superbia e dalla perversità dell’amore proprio di sè, e dalla ciechità di non avere cognosciuto sè, nè Dio, e poiché l’ha regolata in questa carità del prossimo, ed ella la regola in quella cosa che la conserva e cresce ili es*a carità, cioè nell’umile e fedele e continua orazione, ponendoli il manto dell’affetto delle virtù, acciocché non sia offesa dalla tepidezza, negligenzia ed amore proprio di sè spirituale, nè corporale, però li dà questo affetto delle virtù, acciocché 1’ affetto suo non si ponga in veruna altra cosa, dalla quale potesse riceval e alcuno inganno;. anco ordina e regola corporalmente la creatura in questo modo, che l’anima la quale si dispone a volere Dio, fa il suo principio per lo modo che detto abbiamo, ma perché ella ha il vasello del corpo, si conviene che questo lume ponga la regola a lui, siccome egli l’ha posta ’ nell’anima [p. 103 modifica]io3 come strumento che elli debba essare ad aumentare la virtù.

IV. La regola è questa, che elli il sottrae dalle delizie e delicatezze del mondo, e della conversazione de’mondani, e dagli la conversazione de’servi di Dio!

levalo da luoghi dissoluti, e hello ne’ luoghi che lo inducono a devozione: a tutte le membra del corpo dà ordine, acciocché siano modeste e temperate: l’occhio non ragguardi, dove egli non debba, ma dinanzi a sè ponga la terra, il cielo: la lingua fugga il parlare ozioso e vano, e sia ordinata ad annunziare la parola di Dio in salute del prossimo, e confessare i peccati suoi: 1’ orecchia fugga le parole dilettevoli, lusinghevoli, dissolute e di detrazione che gli frissero dette, e attenda a udire la parola di Dio ed il bisogno del prossimo, cioè volontariamente udire la sua necessità: così la mano nel toccare o nell’adoperare i piei nell’andare a tutti dà regola; ed acciocché per la perversa legge delia impugnazione che dà la carne contra lo spirito, non si levi a disordinare questi strumenti, pone la regola al corpo, macerandolo con la vigilia, col digiuno e con gli altri esercizj, i quali hanno tutti a raffrenare il corpo nostro; ma attende che tutto questo fa non indiscretamente, ma con lume dolce di discrezione. Ed in che il mostra ? In questo, che ella non pone per principiale affetto suo veruno atto di penitenzia, ed acciocché non cadesse in cotale difetto di ponere per principiale affetto la penitenzia, provvide il lume della discrezione di mantellare 1’ anima con affetto delle virtù, debbala bene usare come strumento a’ tempi ed a’ luoghi ordinati, secondo che bisogna. Se il corpo per. troppa fortezza ricalcitrasse allo spirito, tolle la verga della disciplina, il digiuno, il cilicio di molle gemme, con grande vigilia, e pongli allora de’ pesi assai, acciocché elli stia più trito: ma se il corpo è debile venuto ad infirmità, non vuole la regola della discrezione che faccia così; anco debba non solamente lassare il digiuno, ma mjngi della carne, [p. 104 modifica]e se non li basta una volta il dì, pigline quattro: se non può stare in terra, stia in sul letto; se non può inginocchioni, stia a sedere, e a giacere, se n* ha bisogno.

Questo vuole la discrezione, e però pone che si facci come strumento e non per principale affetto.

E sai, perchè egli non vuole? acciocché l’anima serva a Dio con cosa che non gli possa essare tolta, e che non sia finita, ma con cosa infinita, cioè col santo desiderio, il quale è infinito per l’unione che ha fatta nello infinito desiderio di Dio, e nelle virtù, le quali, nè dimonio, nè creatura, nè infermità ci possono tollarc, se noi non vogliamo: anco nella infirmità provi la virtù della pazienzia; nelle battaglie e molestie delle dimonia, pruovi la fortezza e la longa perseveranzia; e nella avversità che ricevessi dalle creature, pruovi la umilità, la pazienzia, la carità, e così tutte le altre virtù permette Dio, e che ci sieno provate con molti contrarj, ma non tolte mai, se noi non vogliamo. la questo dobbiamo fare il nostro fondamento, e non nella penitenzia. Due fondamenti non può l’anima fare, o l’uno o l’altro si conviene che vadi a terra, e quello che non è principale usi per strumento. Se io fo il mio principio nella penitenzia corporale, io edifico la città dell’ aninìa sopra l’arena, che ogni piccolo vento la caccia a terra, e neuno edilìzio vi possa ponare su; ma se io edifico sopra le virtù, e fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Jesù; e non è veruno edifizio tanto grande, che non stia su bene, uè vento si contrario, che mai il dia a terra: per questi e molli altri inconvenienti che ne vengono, non ha voluto elio s’ usi la penitenzia ailro che per strumento. Molli penitenti ho già veduti, i quali non sono stati pazienti, nè obbedienti, perchè hanno studialo a uccideie il corpo, ma non la volontà.

, V. Questo ha fatto la regola della indiscrezione. Sai che n’addiviene? tulla la consolazione e l’affetto loro è posto in fare la penitenzia a loro modo,

non a modo d’altrui. In essa nolricano la loro volontà, nien»

[p. 105 modifica]. io5 tre che essi la compiono: hanno consolazione ed allegrezza, e pare a loro essare pieni di. Dio, come se o^ni cosa avessero compito, e non se ne aveggono, che caggiono nella propria reputazione, ed iti giudizio, che se ognuno non va per questa via, li pare che Mano in stato di dannazione, in stato imperfetto: indiscretamente vogliono misurare tutti i corpi d’ una misura medesima, cioè con quella che essi misurano loro stessi; e chi gli vuole ritrarre da questo, o per rompere la loro volontà, o per necessità che essi avessero, tengono la volontà più cara eh #1 diamante, vivi per sì fatto modo, che al tempo della prova, o d’una tentazione, o d’una ingiuria, si truovano in questa volontà perversa più debili che la paglia. La indiscrezione li mostrava che la penitenzia raffrenasse 1’ ira, la irwpazienzia e gli altri movimenti, di vizj che vengono nel cuore, ed egli non è così: mostrati questo glorioso lume, che con 1’ odio e dispiacimento di te, con aggravare la colpa con rimproverio, con la considerazione chi è Dio, che è offeso da te, e chi se’tu che l’offendi; con la memoria della morte e con l’affetto delle virtù uccidarai il vizio nell’anima, e trarraine le barbe!

la penitenzia taglia, ma tu ti trovi sempre la barba, la quale è atta a fare germinare, ma questo divelle, f

bene sempre atta questa terra, dove stanno piantali i vizj a riceverne, se la propria volontà con libero arbitrio ve ne mette, allrementi no, poiché la radice n’ è divelta: e per caso addiviene, che per forza a quello corpo che é infermato, gli convenga escire de’ suoi modi: egli viene subito a uno tedio e confusione di mente, privato d’ogni allegrezza, e parli essare dannato e confuso, e non truova la dolcezza nell’orazione, come gli pareva avere nel tempo della sua penitenzia. E dove n’è andata? nella propria volontà, dove ella era fondata, la quale volontà non può compire, non potendola compire i ha pena e tristizia. E perché se’ venuta a tanta confusione e quasi disperazione?


E dove ù la speranza che tu avevi nel regno [p. 106 modifica]I io 6 di Dio? Essene andata nell’affetto della penitenzia, per lo cui mezzo sperava d’avere vita eterna, non avendola più, parnegli essar privato. Questi sono i frutti della indiscrezione: se egli avesse il lume della discrezione, vedrebbe che solamente essare privato delle virtù gli tolle Dio, e col mezzo della virtù, mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l’affetto nostro nelle vere virtù, come detto è, le quali sono di tanto diletto e giocondità, che la lingua noi potrebbe narrare. Neuno è che possa dare pena all’anima fondata in. virtù, nè che le tolla la speranza del cielo, perchè ella ha morta in sè la propria volontà nelle cose spirituali, come nelle temporali; e perchè l’affetto suo non è posto in penitenzia, nè in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel sostenere per Cristo crocifisso, e per amore della virtù; unde ella è paziente, fedele, spera in Dio e non in sè, nè in sua operazione. Ella è umile e obbediente a credare ad altrui più che a sè, perchè non presume di sè medesima.

Ella si dilarga nelle braccia della misericordia, e con essa caccia la confusione della inente: nelle tenebre e battaglie trae fnora il lume della fede, esercitandosi virilmente con vera e profonda umilità, e nella allegrezza intra in sè medesima, acciò che’l cuore non venga a vana letizia. Ella è forte e perseverante, perchè ha morta in sè la propria volontà, che la faceva debile ed incostante: ogni tempo li è tempo, ogni luogo li è luogo. Se ella è nel tempo della penitenzia, a lei è tempo d’ allegrezza e consolazione, usandola come strumento; e se per necessità o per obbedienzia il conviene lassare, ella gode, perchè’l principiale fondamento dell’affetto delle virtù non può essare, nè è tolto da lei, e perchè si vede annegare la propria volontà, alla quale ha veduto col lume, che sempre li è necessario di ricalcitrare con grande diligenzia

sollicitudinc!


in ogni luogo trova fora/,ione, perche sempre porta seco il luogo dove Dio abita per grazia, e [p. 107 modifica]107 dove noi dobbiamo orare, cioè la casa dell’anima nostra, dove óra continuo d santo desiderio, il quale desiderio si leva col lume dell’intelletto a specularsi in sè e nel fuoco inestimabile della divina carità, il quale trova nel sangue sparto per larghezza d’amore, il quale sangue trova nel vasello dcH’anima. A questo attende e debba attendale di cognosciare, acciocché nel sangue s’ inebbri, e nel sangue ardi e consumi la propria volontà, e non solamente a compire il numero di molti Pater nostri. Così faremo 1’ orazione nostra continua e fedele, perchè nel fuoco della sua carità cognosciamo, che gli è potente a darci quello che noi addimandiamo. È somma sapienzia che fa dare e discernere quello che è necessario a noi, ed è clementissimo e piatoso padre che ci vuole dare più che noi non desideriamo, e più che noi non sappiamo addimandare per lo nostro bisogno.

Ella è umile, perchè ha cognosciuto in sè il difetto suo, e sè non essare. Questa è quella orazione per cui mezzo veniamo a virtù, e conserviamo in noi l’afìfetto d’essa virtù. Chi è principio di tanto bene? la discrezione, figliuola della carità, come detto è, e di quello bene che ha in sè s’il porge al prossimo suo; unde il fondamento che ha fatto, e 1’ amore e la dottrina, che ha ricevuta in sè, vuole porgiare e porge alla creatura, e mostrarlo per esemplo di vita e per dottrina, cioè consigliando, quando vede la necessità o quando il consiglio li fusse chiesto. Ella conforta e non confonde l’anima del prossimo, inducendola a disperazione quando fusse caduta per alcuno difetto, ma caritativamente si fa inferma con lei insieme, dandoli il rimedio che si può, e dilargandolaoin speranza nel sangue di Cristo crocifisso. Questo e infiniti altri frutti dona al prossimo la virtù della discrezione. Adunque, poiché ella è tanto utile e necessaria, carissima e dilettissima figliuola e suora mia in Cristo dolce Jesù, io invilo te e me a fare quello che per lo tempo passato, io confesso non avere fatto con quella perfezione [p. 108 modifica]io8 che io debbo. A te non è intervenuto come a me, cioè d’ essare stata ed essare molto difeltuosa, nè d’essa re andata con larghezza di vita e non con estrema, per lo mio diletto; ma tu come persona che hai voluta atterrare la gioventudine del corpo tuo, acciocché non sia ribello all’anima, hai presa la vita estrema per sì fatto modo, che pare che esca fuore dell’ordine della discrezione, intanto che mi pare che la indiscrezione ti voglia fare sentire de’ frutti suoi, e di fare vivere in questo la propria volontà tua, e lassando tu quello che se’ usata di fare, pare che’l dimonio ti voglia fare vedere che tu sia dannata: a me spiace molto, e credo che sia grande offesa di Dio; e però voglio e pregoti, che’l principio e fondamento nostro con vera discrezione sia fatto nell’affetto delle virtù, siccome detto è.

Uccidi la tua volontà, e fa quello che t’è fatto fare!

attienti aU’allrui vedere più che al tuo. Sentiti il corpo debile ed infermo, prendi ogni dì il cibo, che t’è necessario a ristorare la naturale seia infermità e.debilezza si leva, piglia una vita ordinata con modo e non senza modo: non volere che’l piccolo bene della penitenzia impedisca il maggiore: non te ne vestire per tuo principale affetto che tu le ne trovaresti ingannata, ma voglio che per la strada battuta della virtù noi corriamo realmente, e per questa medesima guidiamo altrui, spezzando e fracassando le nostre volontà.

Se averemo in noi la virtù della discrezione, il faremo, altremeiiti no, e però dissi ch’io desideravo di vedere in te la virtù santa della discrezione. Altro non dico. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonami, se troppo presuntuosamente io avessi parlato: l’amore della tua salute per onore di Dio me n’ ò cagione. Jesù dolce, Jesù amore.