Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 156
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Alla priora e l'altre suore di santa Maria delle vergini, ed alla priora di santo Giorgio, ed all'altre suore in Perugia (A).
I. La prega a star legata col legame della vera carità, come vere spose di Cristo, la qual carità s’ acquista nella considerazione dell’ amore e benefizj di Dio.
II. Quanto sia odiata la sposa che non ama.
III. Che ci convien mostrare questa carità verso Dio coll’amore verso il prossimo.
IV. L’esorta alla ritiratezza ed all’osservanza perfetta de’ tre voti, mostrando come in queste tre virtù di povertà, continenza ed obbedienza si contiene tutta la dottrina insegnataci da Gesù Cristo, e da esse procede ogni virtù.
Lettera 156.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. ilarissime madri e figliuole in Cristo dolce Jesù.
Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spose unite e legate nel legame della vera ed ardentissima carità, il quale legame tenne concilo e chiavellato Dio ed uomo in sul legno della santissima croce. Elli è quello legame che unì Dio nell’ uomo, e 1’ uomo in Dio, ed unisce 1’ annua col suo Creatore, e falla amatrice delle vere e reali virtù.
Questo legame che è? È uno amore che lega,taglia e divide; perocché, come egli unisce e lega l’anima
65 con Dio, così la divide e taglia dal peccato e dal proprio amore sensitivo, unde procede divisione ed ogni male, e tolle 1’ acqua morta e dà V acqua viva della grazia: elli ci separa dalla tenebre e dacci il lume, il il quale lume ci fa vedere e gustare la verità- O fuoco dolcissimo d’ amore che empi l’anima d’ogni dolcezza e suavità, perocché neuna pena, nè amaritudine può cadere in quella mente, che arde di così dolce e glorioso fuoco: la carità non giudica male: non giudica la volontà dell uomo, ma giudica la volontà di Dio, vedendo e cognoscendo, che non vuole altro che la nostra santificazione. Poi dunque che elli non vuole altro che il nostro bene, ed ogni cosa procede da lui, e tribolazione, e tentazione, ed ogni molestia, pena e tormento, ed ogni cosa permette Dio per nostro bene, di neuna cosa 1’ anima può avere pena, se non solo del peccato che non è, e perchè non è in Dio, non è degno d’essare amato, anco diè essai e odiato, ed innanzi eleggiare la morte, che offendare il suo Creatore.
O dolcezza d’amore, come si può tenere il cuore della sposa tua, che non t’ami, considerando che tu se’ sposo di vita? Tu, Do eterno, ci hai creati alla immagine e similitudine tua solo per amore; ed avendo perduta la grazia per Io miserabile peccato, tu ci donasti il Verbo dell’ unigenito tuo Figliuolo, ed il Figliuolo ci ha dato la vita ed ha punite le nostre iniqui tadi sopra il corpo suo, pagando quello debito che elli non contrasse mai. Oimè, oimè, miserabili noi; noi siamo i ladri, ed esso è impiccato per noi.
II. "V ergognisi, vergognisi la ignorante ed indurata ed acciecata sposa di non amare, poiché tanto si vede amare da Dio, ed è di tanto diletto questo dolce e suave legame. Questo è il segno dell’ amore; che se ama Dio con la ragione, seguita le vestigie del Verbo dell’unigenito suo Figliuolo; e se non ama, seguita il dimonio e la propria sensualità, e conformasi con li costumi del secolo, che sono contrarj a Dio; nude gusta la morte, e non se n’avvede e giace nella 66 tenebre, perchè s’ è privata del lume e sta in continua pena e discordia col prossimo suo, ed in continua divisione, perchè è privata del legame della carità; e trovasi entro le mani delle dimonia, perocché, non come sposa di Cristo crocifisso, ma come adultera ha lassato lo Sposo eterno, perocché per altro non è detta la sposa adultera, se non quando parte l’amore dallo sposo, ed ama ed uniscesi con quello che non diè.
Sicché, bene è dunque cosa pericolosa, ed è mercennaja colei, che si vede amare che non ama.
III. Adunque amatevi, amatevi insieme, perocché a questo sarete conosciute se sete spose e figliuole di Cristo o no; e non si cognosce ad altro, se non all’amore fondato in Dio, ed a quello che elli ha al prossimo suo. Con questo mezzo ci conviene giogniare al termine e fine nostro, seguitando le vestigio di Cristo crocifisso, non il padre, ma il figliuolo, perocché nel padre non cade pena, ma sì nel figliuolo.
. IV. Adunqne ci conviene seguitare la via della santissima croce, sostenendo obbrobrj, scherni e villanie, spregiando il mondo con tutte le delizie e stati suoi; sostenendo fame, sete, con povertà volontaria e con obbedienzia ferma, perseverante con purità di mente e di corpo, con la conversazione delle persone che temono Dio in verità e con la solitudine della cella, e fuggire il parlatorio come veleno, e la conversazione de’ devoti e de’ secolari, perocché non si confà alla sposa di Cristo; e non conversazione di frati incappucciati (Z?), ma dei veri servi di Dio. Non è convenevole, che sotto il capo spinato stieno i membri delicati, come fanno le stolte che si dilungano dal loro capo Cristo, e non studiano altro che in delizie ed in delicatezze di corpo; e specialmente noi, che siamo levate dal secolo e poste nel giardino della santa religione, spose consacrale a lui, fiori odoriferi dobbiamo essare. E veramente se voi osservarete quello che prometteste per gittare bene grande odore, participarete della bontà di Dio, vivendo in grazia, e gustatetelo 6" nell’eterna visione sua; se noi faceste, giltareste puzza di grande vituperio, ed in questa vita gustareste l’inferno, e nell’ultimo la visione delle dimonia. Per seguitare Cristo usciste dal secolo, renunciaste al mondo ed alle ricchezze sue, promettendo vera povertà; e renunciaste alla propria volontà, promettendo vera obbedienzia, e partitovi dallo stato comune, cioè di non volere essere sposate al mondo per conservare la vera continenzia e virginità, che è uno odore, dove Dio e li angeli s; dilettano, e lo’ piace d abitare in quella mente che sta nell’ odore della purità: sete congregate, non perchè voi stiate divise, nè in odio, nè in rancore, nè in dispiacimento l’una coll’altra; ma perchè siate unite e legate nel legame della carità, perocché altrimenti non potreste piacere a Dio, nè avere in voi alcuna virtù che fusse perfetta. Quanta confusione e quanta vergogna è e saru in quella mente, ed in quella anima che ha promesso, e non attiene, ma fa tutto il contrario? Questa non seguita Cristo, e non va per la via della croce, ma vuole andare per la via de’ diletti: non è questo il modo, ma Cristo umile ci conviene seguitare, Agnello immacolato, Agnello povero!
e tanta è la povertà sua, che non ha luogo dove riposare il capo purissimo, e perocché in lui non ha veleno di peccato, ed è obbediente al Padre per la salute nostra infìno all/obbrobriosa morte della croce, e però i santi ed il glorioso padre nostro santo Domenico, hanno fondato li Ordini loro in su queste tre colonne, cioè, povertà, obbedienzia e continenzia, solo per potersi meglio conformare con Cristo, e seguitare la dottrina ed i consigli suoi, perocché da queste tre procede ogni virtù, e dal contrario procedono tutti i vizj: nella povertà abbandoni la superbiala conversazione del secolo, e delle perverse amistà che non s’acquistano se non per doni, perocché se tu non hai clic donare, non trovi amistà, se non de’veri servi di Dio, i quali amano il dono dell’anima tua; privali della vanità del cuore e della leggerezza della
68 mente, e vieni all’abitazione della cella, unde gusta la madre dell’orazione, la quale ti conserva e cresce nelle virtù; e vieni a perfetta purità, e così osserva il voto della continenzia, e non tanto che da uno peccato, ma da tutti s’astiene, conculcando la propria sensualità, macerando e sostenendo il corpo da’ propri diletti sensitivi; macerando dico col digiuno, con la vigilia e con l’orazione, e così diventa umile, paziente e caritativa, e porta e sopporta i difetti del prossimo suo, ed uniscesi col suo Creatore per amore e col prossimo per Dio; sostenendo ogni pena e disagio corporale, purché egli possa guadagnare l’anima sua; e poi sì dolcemente per lo modo detto e staccato dalla superbia, gusta l’odore della santa umilità, e tanto è obbediente quanto umile, e tanto è umile quanto è obbediente. Chi non ò superbo seguita chi è umile, e se elli è umile, adunque è vero obbediente; e così ha Ja terza colonna che conserva la città dell’anima sua; perocché ’l vero obbediente osserva l’ordini ed i costumi suoi; 1’ obbediente non alza il capo della propria volontà al prelato suo, e noi contrasta di parole, ma alla prima voce 1 obbedisce, e di subito china il capo al giogo, e non dice: perchè comandi a me e dici a me questo, e non a quella altra ? ma pensa in che modo possa essare pronta ad osservare 1’ obbedienzia.
O obbedienzia dolce, clinon hai mai pena!
tu fai vivere e correre li uomini morti, perocché uccidi la propria volontà, e tanto quanto è più morto più corre velocemente, perocché la mente e l’anima che è morta all’amore proprio d’una perversa volontà sensitiva, più leggiermente fa il corso suo, ed uniscesi col suo Sposo eterno con affetto d’amore, e viene a tanta elevazione e dolcezza di mente, clic, essendo mortale, comincia a gustare 1’ odore ed i frutti delli immortali: adunque siate, siate obbedienti infino alla morte. Amatevi, amatevi insieme: legatevi nel legame della carità, perocché in altro modo non potremo giogniaro al termine nostro, nè avere il fine per lo qualo noi fummo creati; e però dissi eh’ io desideravo di vedervi spose unite e legale nel legame della vera ed ardentissima carità. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amóre. Annotazioni alla Lettera ISO.
(A) AI tempo di santa Caterina non aveasi in Perugia altro rnonistero di religiose dell’Ordine di S. Domenico da quello in fuori detto di s. Giorgio, che vedensi ad uno scarso miglio d’essa, trasportatene indi poi le mouache io città; ove al presente dimorano, e diconsi di ». ’ ommaso apostolo, per esservi già di prima in questo Jtiogo una chiesa di tal uorne, vivendo però sotto la regola del loro santo patriarca e sotto la direzione de’religiosi dell’Ordine stesso.
Quali poi si fossero le religiose di santa Maria delle Vergini, non & è potuta avere certezza veruna. Dalle notizie avutesi da quella città ricavasi, che il monistero di s. Giorgio, di cui veggonsi anche al presente le vestigia, conservandosi intera la chiesa, fosse di quel tempo appellato ancora Collegio delle Vergini, ma non di santa Maria delle Vergini. Questa stessa lettera, a quello che sembra, fu indiritta anche alle vergini del monistero di santa Maria di Alonte Luce, posto in essa città di Perugia: se non che erano esse dell’Ordine di s. Francesco e non già di s. Domenico, e la loro superiora di qne’ tempi diceasi maestra anziché priora, e bisogna credere lo sbaglio esser provenuto dagli editori di queste lettere che non posero mente ai titoli.
(£) JVè conversazione di frati incappucciati. Col vocabolo di frati incappucciati non comprende la sonta i veri religiosi, de’quali teneva ella altissima stima, appellandogli si in ’questa, si in altre molte delle sue lettere veri servi di Dio. Favella per tanto di quei vagabondi e scellerati, che per acquistare aura di santità ne andavano sempre incappucciati, e per lo più erano della razza degli eretici fraticelli, così detti dal loro vestire a frate; ed erano singolarmente iutenti a sedurre le donne per trarle alle loro impure voglie. Ebbero costoro principio del 1294» nella Marca d’Ancona sotto la condotta d’1111 tale Ermanno l’ungilupo; e si sparsero per tutta Italia, arrotandosi ad essi una grau quantità d’apostati; ed in Toscana più che altrove di questi tempi fecero non picciolo danuo nelle anime, come di sopra fu avvisato.