Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni/Avvertenza/II

Avvertenza - II

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Avvertenza - I Avvertenza - III
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II.


È degno di nota intanto che per un effetto di quella legge cosmica che governa non solo la natura ma anche il mondo dello spirito, legge che all'azione sofistica ed esagerata fa tener dietro la reazione eziandio del medesimo genere, in quella medesima Germania, dove si è esagerato tanto il concetto della coscienza e della ragione, l'indirizzo materialistico, giovandosi degli ultimi risultati delle scienze sperimentali, si mostra come dire più determinato, e, per quanto è possibile, riveste forme logiche e rigorose. Già sin dai tempi in cui l'idealismo egelliano era in fiore, il filosofo atrabilare Schopenhauer rimontando a Kant, pose la realtà dell'essere nell'impulso e tendenza cieca, a cui [p. 8 modifica]indebitamente dà il nome di volere, e considerò la facoltà conoscitiva come qualche cosa di morboso e d'illusorio, come il traviamento della volontà. Gian Giacomo Rosseau aveva detto che l'uomo in società è un'animai depravato, il filosofo tedesco invece, forse con più logica dal suo punto di vista, fa della coscienza stessa una depravazione, e con questo distrugge non la essenza della socievolezza, ma la natura stessa dello spirito. Or, se il regno dell'inconsciente è la materia, ciascun vede quali inferenze debbono ricavarsi da una posizione tanto singolare. Però, queste conseguenze raggiungono la loro più cruda e semplice forma nelle dottrine dell'Hartman, cervello balzano se altri mai, il quale ha scritto un libro, la Filosofia dell'inconsciente, in cui si studia di dimostrare, che la cosa più insussistente e malvagia che possa far l'uomo si è il pensare, e che all'assoluto della filosofia, al Dio della religione, è d'uopo sostituire il vero principio di ogni cosa, l'unitutto inconsciente, che l'aspirazione suprema della Umanità [p. 9 modifica]debba essere l'eterno sonno senza sogni, conciosiachè il nulla sia preferibile all'essere, dal quale si è usciti apparentemente per un'errore fatale dell'assoluto stupido ed inconsciente.

Ma questo errore, questa illusione che chiamiamo coscienza in che consiste? La coscienza, in sentenza del tedesco, è il dispetto dell'inconsciente per l'intrudersi della rappresentazione, ch'ei deve suo malgrado tollerare, è un processo collegato di sua natura con un certo dispiacere e, lungi dall'avere un valore assoluto, è una limitazione, alla quale gl'individui finiti sono assoggettati solamente affine di riparare un'errore una volta commesso, una limitazione indegna della pura e sublime sfera della divinità1. A legger di queste cose [p. 10 modifica]ti par proprio di ritornare nel bel mezzo delle fantasie emanatistiehe degli orientali: eppure queste cose si scrivono nel nostro secolo ed in Germania, che ha mostrato di recente che valore abbia il pensiero e l'operosità umana.

Vero è che non tutti in Germania sono di questa risma; avvi di psicologi come il Lotze, il Fortlage, l'Herbart, il Beneke e qualche altro, che pur seguitando l'accurata osservazione dei fatti e non valendosi per nulla delle costruzioni a priori dell'Hegel, non fanno, come si suol dire, di ogni erba fascio, e danno qualche valore al potere conoscitivo. La più parte però di siffatti filosofi confondono il meccanismo psichico, cioè il giuoco fatale e necessario delle rappresentazioni, con la coscienza che non solo è attività distintrice, ma compiuta. individualità, perfetto possesso e determinazione di sè, resultato ultimo e supremo a cui si perviene, movendo dalla inerte sfera degl’inorganici per quella dei sogni della sensività animale; onde se non sono a dir proprio [p. 11 modifica]materialisti, non possono esimersi dalla taccia di sensisti, che è appunto l'antecedente logico di ogni maniera di materialismo. Che anzi corre maggiore e più essenziale divario tra lo spiritualismo ed il sensismo, che tra il sensismo ed il materialismo. Imperocché, nota Antonio Rosmini, «chi non ha tanta virtù di mente da vedere l'assurdo che le idee sieno fenomeni sensitivi, non può neppur ravvisare l’altro assurdo, che le sensazioni sieno fenomeni materiali. Quella mente che non sa conoscere il primo errore, è forse anco meno atta ad accorgersi del secondo; chè dalla idea alla sensazione v'ha un tratto maggiore, che non dalla sensazione alla materia, col primo salto si precipita dall'infinito al finito, col secondo si va dal finito ad un altro finito, benché di opposta natura» (Introduzione).

Questa confusione esiziale del meccanismo psichico con la coscienza e colla libertà che ne deriva, spiega quella certa voga transitoria che hanno oggidì in Europa le dottrine materialistiche. Gli ultimi psicologi tedeschi si son dati a credere [p. 12 modifica]essere metodo sperimentale e conforme alla realtà, lo studiare lo spirito partendo dall'organismo, accuratamente esaminarne il contenuto inconsciente, e in questo le loro ricerche sono al certo di gran momento nella scienza, ed o dimenticarsi affatto della coscienza ovvero considerarla come il prodotto dell'animalità. Ora, la coscienza e lo spirito sono entità sui generis, e, se il senso e la rappresentazione possono sino ad un certo segno considerarsi come limitazioni ed oscuramento della coscienza, non si può dire senza errore che la coscienza sia il senso stesso aggrandito e sviluppato. Di qui è che l'odierno movimento psicologico della Germania, se ha recato molta luce su certi fatti ancora oscuri della psiche, non è giunto a risolvere il problema delle attinenze tra il contenuto inconsciente delle rappresentazioni, e la libera e conscienziale determinazione dell'io. Onde, distrutta, o non determinata per bene questa essenziale natura umana, è rimasta nel vago e nel buio, come osserva saviamente il Bonatelli, la radice di tutte le attività [p. 13 modifica]superiori, è svanito il criterio fondamentale su cui riposa la distinzione tra l'uomo ed il bruto. «Così la psicologia riusciva impotente a troncare il corso di quelle mostruose e avvilenti teorie, superfetazione morbosa delle scienze naturali delle quali, se pur la coltura e la civiltà non sono destinate a perire, i posteri un giorno arrossiranno per noi.»2

Il materialismo moderno si vantaggia sull'antico, sposto in bellissimi versi da Lucrezio Caro, e su quello del secolo passato del Cabanis e consorti, non per la novità degli argomenti, che in ultimo costrutto sono i medesimi detti e ridetti, ma per una suppelletile maggiore di notizie sperimentali, e perchè chi lo professa oggi, tra i quali avvi qualche chimico e naturalista valente, intende di applicare alle ricerche psicologiche il metodo dell'osservazione esterna, e ti cela spesso il sofisma in una serie di ragionamenti condotti a filiera di logica in quanto si aggirano intorno alle [p. 14 modifica]qualità ed ai fenomeni dell’universo corporeo; onde spesso accade che gl'inesperti e gl'insofferenti di pazienti analisi che compongono la maggioranza del volgo semidotto accettano l'errore perchè veste apparenza di rigore scientifico, e si fanno imporre dalle voci nuove, e dall'aria di sicurezza e di fiducia con cui si spacciano le più madornali corbellerie. Il peggio si è che i materialisti contemporanei sono alacri molto, mentre gli spiritualisti spesso sono

sfiduciati e timorosi che presentandosi al pubblico gli si suonino addietro le tabelle. Laonde, mentre, ovunque guati, trovi giornali, e libercoli ed almanacchi dove si ammanisce l'errore, poche pubblicazioni veramente sode e positive volte a rendere popolare la vera scienza. Un’altra ragione di ciò può darsi che sia anche questa: che lo spiritualismo, a parole, è professato anche dai gesuiti, anche dagl'incorregibili nemici del progresso, per il che chi non guarda tanto pel sottile, è disposto a far buon viso all'errore per amore della verità, la qual cosa è tra le più singolari incoerenze dello spirito umano. [p. 15 modifica]

Checché ne sia, gli antesignani della setta dei materialisti sono Feverbach, Vogt, Büchner, Moleschott e qualche altro, come si vede tedeschi tutti, i quali cantano l'esequie all'antica dottrina della spiritualità, ed il loro esser nuovi ed originali consiste nel rifriggere sotto nuove forme vecchi errori. Il Büchner per esempio sostiene che tutto ciò che sussiste riducesi a movimento e materia «principio fondamentale del Büchner è che non ci sia materia senza forza, nè forza senza materia; onde non si dà altro essere che la materia la quale fa tutto, è l'infinitamente massimo e l'infinitamente piccolo, esistenza indestruttibile, eterna, sostanza e fenomeno, spirito e corpo nello stesso tempo, si che nessuna cagione preesistente, intelligente e finale, ma il tempo solo è il creatore di tutte le forme che appariscono nella vita immortale di essa materia. Rispetto poi al pensiero che si manifesta nell'uomo, esso non è che una funzione organica, o meglio un'effetto della elettricità nervosa come resultante di tutte le forze riunite nel cervello.»3 Ed è una [p. 16 modifica]novità questa da ricantarcela su tutti i toni, quando nel secolo passato fu predicata dall'Elvezio, e nella Grecia da Democrito, e, più innanzi ancora da Kanada nel Vaiseshika? Pare, dice Elvezio4, che nel mondo morale come nel fisico, Iddio non abbia collocato che un solo principio, di cui tutte le cose che furono, che sono e che saranno, non sono che necessarie determinazioni. Egli ha detto alla materia: io ti fornisco di forza. Ad un tratto gli elementi sottoposti alle leggi del moto, ma erranti e confasi nei deserti dello spazio, han formato mille mostruose unioni, han prodotto mille caos diversi, fintanto che si son finalmente collocati nell'equilibrio dell'ordine fisico in cui al presente l'universo è disposto,» Se nonché, le fantasie elveziane non raggiungono il sublime dell'assurdo. Elvezio almeno pone Dio, cioè la intelligenza infinita a capo di tutte le evoluzioni della materia; Ma il Büchner no; egli vi dice che il tempo, cioè un rapporto che non si può concepire senza le forme [p. 17 modifica]e che è nelle forme, è il creatore delle forme stesse, e con questo ci riconduce alla vecchia dottrina persica del tempo senza confini, ombreggiata nella mitologia greca in Saturno ed in Crono. Non avvi finalità, non avvi ordine, non armonia di mezzi, ma tutto è l'inconsciente resultato della materia. Ma almeno ci si dica che cosa è questa materia? quale la sua natura, quale il suo modo di operare? perchè se ne abbia un certo concetto. Non si speri risposta. La materia secondo il Büchner è qualche cosa che non si può capire, qualche cosa d’impenetrabile, di eterno, di oscuro e di profondo, d’infinito, che ha molta parentela col nulla, ad una, e con Dio; ma se ciò è, in qual modo l'avete sottoposta ai vostri calcoli, alle vostre esperienze? e chi vi ha dato l'idea della eternità, della infinità che le predicate?

Venendo poi a determinar più da presso la natura del pensiero, il Vogt proclama che tutte le facoltà dell'anima non sono che funzioni del cervello, e che i pensieri si comportano col cervello, a quel modo [p. 18 modifica]che l'orina coi reni, e la bile col fegato; paragone, come ognun vede, molto idoneo a render chiara la cosa, e trovato poi dal Moleschott, inappuntabile e nuovo, quantunque il Cabanis da mezzo secolo avesse detto il medesimo. Il quale Moleschott poi conchiude nel suo libro Della circolazione della vita, che, poiché, senza fosforo non può darsi pensiero, il fosforo o il cervello è il medesimo che il pensiero, quasi una condizione, poniamo, di un essere sia il medesimo che l'essere stesso. Diasi che senza fosforo non può aver luogo il pensiero, che perciò? non è questo che bisogna provare, ma piuttosto che il fosforo stesso è uguale all'io.5 È incredibile la disinvoltura con la quale l'illustre chimico enuncia dommi sulla natura dell'animo e del pensiero, disinvoltura che non ha, quando parla dei fatti organici e materiali della vita. Qui procede a rigore di pazienti operazioni, di induzioni accurate, e non generaleggia senza aver buono in mano, solo quando sentenzia del pensiero e dell' [p. 19 modifica]anima stima esimersene, il che se fa onore alla sua perspicacia di naturalista, non certo alla sua buona fede ed imparzialità. Per citare un’esempio, guardisi al singolare sorite che è questo: «giudizii, concetti, deduzioni, riempiono tutta la somma del nostro pensare. Le deduzioni si ottengono dal concetto, i concetti dal giudizio, il giudizio dalla osservazione dei sensi. Ma l'osservazione dei sensi è la sintesi della impressione indotta dal movimento materiale dei nostri nervi, che da essi è trasmessa al cervello. Il pensiero dunque è movimento della materia.» Non ci fermeremo qui a notare come in quattro parole si tenta spiegar la genesi di fatti interni delicati, e che richiedono lungo studio ed ampio svolgimento perchè sieno chiariti, e nemmeno diremo della inesattezza delle espressioni, nè come si assevera assiomaticamente la identità del pensare e del sensire, atti di diversa natura, nè, da ultimo alla singolare conchiusione che non iscende punto dalle premesse, cose tutte che a leggere il surriferito discorso si rendono [p. 20 modifica]aperte, ma solo è mestieri lo insistere sul modo con cui si parla di cose che non s'intendono, mossi dal preconcetto di giungere a fare ammettere che pensiero e movimento della materia sono sinonimi. Quelle parole sono concetti accozzati senza sintesi intrinseca, e dei quali non si è pesato il valore. Gli atomi e le molecole di un corpo non sono in altra guisa uniti, e se il fosforo pensasse, come sentenzia l'illustre chimico, mi penso che non dovrebbe ragionare in modo diverso.

Note

  1. Vedi le belle e profonde osservazioni sul proposito del Prof. Bonatelli, nel suo libro della Coscienza e del meccanismo interiore. Dopo il Rosmini nessun filosofo ha fatto in Italia studii più coscienziosi ed accurati sulla psicologia, dello egregio professore di Padova. Ad una cognizione intera di ciò che s'è scritto e stampato in Germania negli ultimi tempi il valente psicologo unisce una potente virtù di analisi, rara in questi tempi di facili costruzioni e di sintesi superficiali. Il libro del Prof. Bonatelli pone in nuova luce parecchi problemi psicologici, ed è come un'invitta risposta a coloro che nessuna differenza fanno tra la materia e lo spirito.
  2. BonatelliDella coscienza e del meccanismo interiore. Lib. terzo, pag. 256.
  3. Di GiovanniSofismi e buon senso.
  4. Vedi il terzo discorso dello spirito.
  5. Corte - Elementi di filosofia vol. 1.