Degli antichi edifizj profani di Ravenna/Prefazione

Prefazione

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ALL'ILLUSTRISSIMO SIGNOR ABATE

TADDEO DAL CORNO

PATRIZIO RAVENNATE


L'AUTORE:


N
ON sì tosto mi lasciai persuadere a metter fuori la presente Operetta, il cui argomento all'antica storia di questa nostra Città appartiene, che venni anche in pensiere, Illmo Signore, di consecrarla a qualcuno della nobilissima vostra Casa. L'averci Essa non ha gran tempo dato Uno, che coll'impiegar molto fluido nelle antiche [p. iv modifica]antiche cose di questa stessa Città, e coll’illustrarle per mezzo della sua Opera della Ravenna Dominante, ha lasciato un’esempio assai vivo ad altri di far lo stesso, fu la primiera cagione del suddetto mio divisamento. Parevami, che tali opere a niuno meglio consecrar si potessero, che o a coloro, per nobile imitazione de’ quali esse sieno state composte, o almeno (dove questi non più tra noi, se non se con le loro produzioni e con l’illustre memoria si trovino) a coloro, che come delle sostanze, così della gloria ancora, e del nome di essi fieno eredi. Ecco dunque come sul bel principio mi cadde in pensiere d’ornar col nome d’uno di vostra Famiglia questo mio Libro. Ma quanto più mi dovetti poi confermare nel pensiere medesimo, allorchè fissato più attentamente lo sguardo ne’ pregi di essa vostra Famiglia, e richiamato a memoria quanto di dignità e di splendore da molti secoli in quà rechi Ella per mezzo de’ Soggetti da lei prodotti, a questa nostra Città, considerai degnissima essere la medesima, che ogni buon Cittadino si sforzi [p. v modifica]quanto più può d’onorarla! Sovvenivami, per lasciare altri più antichi, che da Essa illustre già fra di noi, e distinta sin almeno dal Secolo XIII. usciti sono a benefizio, e vantaggio di Ravenna, sovvenivami dissi, d’un Bernardino, che fiorì con gran gloria nei Secolo XV. il quale essendo stato dal Cardinale Filippo Sarzano Fratello di Niccolò V. Papa, e Penitenziere maggiore di Pio II., impiegato in affari rilevantissimi, salì a sì alta stima presso il medesimo, che fu da lui dichiarato suo famigliare, e commensale perpetuo, e di altri privilegj, e prerogative assai distinte condecorato. Mi si offeriva pure alla mente un Taddeo vissuto nel medesimo Secolo, i cui eccelsi meriti noti e chiari dentro, e fuor di Ravenna non solo fecero, che da questa Comunità fosse Egli per gravi interessi inviato Ambasciadore alla Repubblica Veneta, ma fecero altresì, che l’Imperador Federico III. in passando per Ravenna l’anno 1468. solennemente il creasse Conte, Cavaliere, Dottore d’ambe le Leggi, e suo Consigliere, e che di queste stesse prerogative di [p. vi modifica]cavaliere, e di Consigliere anche l'Imperadore Massimiliano I. poi l' adornasse. Si risvegliava pure in me la memoria di un Tuzio, il quale nel seguente Secolo XVI. chiaro e celebre, e per sublime letteratura, (onde a Lui tanto dee la difesa di Dante del Mazzoni) e per la destrezza, e prudenza negli affari, e nell'amministrazione di cariche, quanto onorevoli, altrettanto scabrose, meritò non solo di essere nell'anno 1565. ascritto all'Ordine pochi anni prima istituito de' Cavalieri di Santo Stefano, ma di venir inoltre nell'anno 1577. dichiarato con somma sua gloria del medesimo Ordine Procurator generale. Molti altri in fine alla mia mente affacciavansi, che si in esso Secolo, che nel seguente, e nel presente ancora anno coronata di gloria la vostra Casa egualmente e la Patria, chi colla profonda cognizione delle scienze, chi col valore nelle armi, chi col maneggio di gravi affari in benefizio del pubblico, chi coll'amministrazione d'insigni cariche sì civili, che ecclesiastiche, chi con opere di singolare pietà, e al Divino culto spettanti, [p. vii modifica]i quali lungo sarebbe l'annoverare: non dovendosi però passar in silenzio un FEDERIGO, che nel principio del passato Secolo tra le cure de' governi di varie Città fu intento con pari ardore agli studj delle belle Lettere, e diede alla luce varj parti assai felici del fuo ingegno; un TESEO Autore della Ravenna Dominante, che di sopra ho ricordata; ed un IGNAZIO, che grandemente ammirare si fece in Roma nel passato Secolo, e nel presente colla nobil professione Legale, per cui fu riputato uno de' più valenti Avvocati dell'età sua: i vestigi del quale si veggon oggi felicemente battuti dal degnissimo Fratello vostro, Signor GIAMBATISTA dal CORNO, stato perciò dalla gloriosa memoria del Pontefice BENEDETTO XIV, ottimo discernitore della vera dottrina, creato con universale applauso Avvocato Concistoriale. Per questi, e per altri insigni ornamenti della illustre Famiglia vostra, pe' quali un assai nobile, e pregevol comparsa vien Ella a fare non solo in assai documenti inediti, che parte nell'Archivio del Pubblico, parte in altri luo[p. viii modifica]luoghi di questa Città si conservano, ma anche nelle Opere stampate di molti Ravennati Scrittori, cioè del Rossi, del Fabbri, del Pasolini, dell'erudito Raccoglitore de' Poeti Ravennati, anzi anche in quelle di varj Scrittori stranieri, come del Tonduzzi, di Leone Allacci, del Marchesi, di Ludovico Araldi, e di altri tali, niuno vi sarà così ingiusto stimatore delle cose, il quale non giudichi, a gran ragione essersi da me divisato, di scegliere da una tal Casa il Personaggio, a cui questa mia Operetta consecrata volessi: poche certamente essendo quelle famiglie, che in si fatta guise, e pel continuato corso di più Secoli sieno state e di giovamento, e di splendore a questa nostra Città, e meritando per conseguente ben' Ella di essere non solo con atti di ossequio simili a questo mio, ma con altri molto maggiori, e in qualunque altra occasione, da ogni buon Ravennate sempre mai onorata.

La particolare servitù poi, che a Voi professo, Illmo Signore, e la singolare bontà, con cui da gran tempo vi degnate di trat- [p. ix modifica]tar meco, e con cui anche avete, dove io cercato l'abbia, contribuito a' miei studj, ha fatto sì, che Voi appunto fra gli altri di vostra Casa io abbia scelto, cui nominatamente indirizzare questa mia fatica. Nè Voi certamente siete in oggi d'ornamento minore a questa Città per mezzo delle vere, e sode virtù, che possedete, e delle laudabilissime opere vostre, di quello, che stato lo sia qualunque de' vostri Maggiori ne' tempi andati: sicchè quand'anche vimancassero quegli splendori, che in voi dai meriti d'essi diffondonsi, fareste ciò non ostante per queste vostre proprie, e non imprestate ricchezze, d' ogni onore degnissimo. Ma qui conviene, che molto riguardo io abbia alla singolare modestia voftra, la quale come rende Voi sommamente affabile con qualunque genere di persone, e tiene lungi da Voi ogni ombra di superiorità, e disprezzo, così è grandemente schiva di sentir cose, che appartengano a vostra lode. Tali softre virtù però sono così conte, che non anno bisogno d'essere rammemorate; e ognuno anche sa, che le medesime v' anno [p. x modifica]procacciato l'amore, e la stima di tutte quelle persone, che meritano d'essere stimate anch'esse; fra le quali nominar potrebbonsi varj di quegli Eminentissimi Personaggi, che al governo di questa Provincia sono venuti. Sebbene permettetemi pure, che a sfogo almeno della mia venerazione io qui faccia brevi parole d'una sola di tante vestre virtù; cioè della generosità, e magnificenza particolare che suol mostrarsi da Voi, più che in altre occasioni di minor conto, in tutte quelle, che riguardano il Divin culto. Quindi la superba Capella, che nella Basilica del Duomo alla vostra Famiglia già da gran tempo appartiene, ricca oggi vedesi d'insigni Colonne, e di preziosissimi marmi. Quindi altra Capella alla vostra Casa medesimamente spettante nell'antica Basilica di S. Francesco è stata da Voi recentemente abbellita con dipinture, e di tanti altri ornamenti fornita, quanti non n'ebbe mai prima. Quindi la Chiesa de Santi Simone, e Taddeo, oggi detta di S. Carlo, antico Giuspatronato della vostra Casa, non rifarcita soltanto, [p. xi modifica]o resa decentemente adorna (il che ad altri sarebbe sembrato più che bastante) ma rifatta si vede quasi in ogni parte dai fondamenti, e rifatta con tale magnificenza, con tale gusto, e con tali accrescimenti, che chiunque della primiera Chiesa rammentasi non può non formare un'altissimo concetto, e non restare assai ammirato della splendidezza, che vi recate a gloria di mostrare in si fatte fabbriche, o per dirlo con maniera più propria, e a Voi ancor più gradita, della cura ben conveniente, e ben giusta, che del culto di Dio Voi vi prendete, e dell' onore de' Santi suoi: cura da Voi anche mostrata in molte altre opportunità, e con pie donazioni fatte a più d'una Chiesa per mantenimento di perpetue Lampade, e con altri atti sì privati, che pubblici di pia generosità, che troppo lunga cosa sarebbe il ricordarli qui tutti. Sono in vero si fatte cose non così di Voi solo proprie, che di esse non partecipino anche la gloria i degnissimi Fratelli vostri (benchè ve ne fono alcune proprie di Voi, e totalmente vostre); ma chi non sà, che di quel- [p. xii modifica]le stesse, che sono comuni con essoloro, la principal lode si dee a Voi, i cui consigli ed eccitamenti Essi pure di gran pietà, e religione forniti ben volentieri ascoltano, e con tutta la prontezza fecondano? Sono ora contento di nulla aver detto delle altre vostre virtù. Questa sola, su cui alquanto mi sono trattenuto, è al mio intendimento bastante. Questa sola può fare da sè, che chi ancor non fapeffe delle altre doti del vostro animo, ne abbia quì un ben fondato argomento. Non può non avere il bel corteggio delle altre virtù quella, che è la Regina di tutte esse; quella dico di onorar Dio, e di non perdonare a veruna spesa, o incomodo in tutto ciò, che il culto suo promover possa.

Piacesse al Cielo, che tra le molte Nepoti vostre, figliuole dell'ornatissimo Signor Conte CAMILLO vostro Fratello, un qualche Nepote pur aveste, il quale emulando in tali, e tante virtù e Voi, ed i vostri Signori Fratelli e tutti i gloriosi vostri Antenati, nel mantenere un così illustre Casato, giovamento a questa Città recasse, e sempre [p. xiii modifica]nuovo splendore. Tale certamente si è il desiderio di tutto il popolo Ravennate concorde in questo di amare del pari, e stimare la vostra Famiglia: e ci giova ancora sperare, che la Divina Bontà piegherassi poi finalmente a far dono alla vostra Casa, e a questa nostra Patria d'una tal prole. Ma quando mai fosse per avvenir altrimenti; ci rimarrà la consolazione di veder rinnovate le virtù proprie della vofra Famiglia, nelle Illustri Nepoti suddette; tra le quali la Signora MARIA FRANCESCA, Donzella di doti d'animo niente meno, che di quelle di corpo, egregiamente fornita, e già destinata Sposa al saggio, e dotto giovane Signor Conte IPPOLITO LOVATELLI, cui io ho avuto il vantaggio d'istruire nella Romana Giurisprudenza, più contrassegni ha già dati della sua indole generosa; e vorrà Ella certamente vie più avanzarsi nel sentiere della virtù, anche per corrispondere a quella sorte, di cui può Ella molto, e meritamente vantarsi, che sia a Lei stato PADRE SPIRITUALE nel Battesimo chi poi ha meritato [p. xiv modifica]di divenire supremo PADRE DI TUTTA LA CHIESA, io dico il regnante Sommo Pontefice CLEMENTE XIII. Ma per tornare a Voi, Illmo Signore; ecco perchè io mi sono risoluto di dedicare al vostro nome stimatissimo questa mia Operetta. Piccol dono ella è certamente, e più conveniente alla bassezza del donatore, che ai meriti del Soggetto, a cui è inviata. Ma la virtù vostra da me con verità commendata, farà senza dubbio, che essa a Voi sembri degna di gradimento, se non per altro, per l'animo con cui ve l'offro; e vi fo umilissima riverenza. [p. xv modifica]

AL CORTESE LETTORE.


I
N una delle adunanze, che sogliono tenersi dalla nostra SOCIETA' LETTERARIA, istituita già da più anni ad illustrare principalmente le cose della Patria, lessi nel Decembre dell'anno 1755. una mia Dissertazione sopra varj edifizj profani, stati anticamente in questa Città. Degnaronsi di venir ad udirla l'Emo ENRIQUEZ allora nostro Legato, e Monsignor BERNARDINO ONORATI ora Nunzio a Firenze, e allora nostro Vicelegato, Perfonaggi amendue di merito incomparabile, i quali ad un singolare complesso di quelle virtù, che si ricercano in chi presede al governo de' popoli, congiungevano molta cognizione nelle Scienze, nelle buone arti, da essi sempre mai onorate, e protette. Sì l'uno, che l'altro di questi così riguardevoli Soggetti, e con essi varie erudite Persone mie amiche, mi consigliarono allora a dar maggiore estenfione a ciò, che in quella Dissertazione io aveva ristrettamente trattato, e a formarne coll'unione delle altre fabbriche, di cui io m'era dispensato ivi di favellare, una giusta operetta da pubblicar colle stampe. Non ebbi allora nè voglia, nè comodo d'intraprendere seriamente una tale fatica. Bensì sul finire dell'anno 1757. parendomi, che le cose, le quali frattanto m'erano venute sotto degli occhj, fossero ormai bastanti a formare l'accennata operetta, e messo anche in sospetto, che qualcuno stesse componendo altra opera spettante ad antichità Ravennati, nella quale volesse parlare eziandio di molte antiche fabbriche di questa Città, cosi prevenirmi (il qual sospetto, e timore fu poi da lì a varj mesi scoperto vano) mi diedi in fretta a stendere alla meglio, che potei, successivamente a stampare i presenti due libri, i quali, lungo tempo dopo la loro impressione, ora presento da leggere. Col dire, che in fretta composi, e stampai questi libri ho già dichiarato bastantemente, non essermi toccata la forte tanto desiderabile, ut refrigerato inventionis amore diligentius repetitos tamquam lector perpenderem, per dirlo con le parole di Quintillano: il che dovrà rendere vie più facile il discreto Lettore a compatire qualunque difetto, che ne' medesimi sia per incontrare. L'ordine propostomi è di parlare nel primo libro di quelle fabbriche, che quantunque si ritrovassero una volta in questa Città, o nelle sue vicinanze, non furono però, almeno di primaria intenzione, erette a riguardo, o per vantaggio di essa: laddove nel secondo ragiono di quegli edificj, che per ornamento, o utilità della medesima, o del suo popolo furono fatti. Nel far uso d'O [p. xvi modifica]pere stampate frequentemente ne ho citate le pagine, senza aggiungere di qual'edizione io intendessi. Io intendeva di quella, che aveva alle mani, da me non accennata espressamente, non so se per inavvertenza, o pure per non rendere troppo lunghe le citazioni. A me certamente non era ignoto, che altre Edizioni si ritrovassero, oltre a quelle, di cui allora io mi serviva. Ma siccome fra gli altri Scrittori niuno forse è da me più spesso citato di Agnello, debbo avvertire, che il numero delle pagine del suo Pontificale, da me indicato, corrisponde all'edizione del Bacchini, la quale corre più comunemente per le mani, che non fa l'altra,

che è nella gran Raccolta degli Scrittori Rerum Italicarum. I passi de' Monumenti, che reco, contengon spero gravi errori di Latinità, e non minori di Ortografia. Io gli ho portati tali, quali essi trovansi o ne' Libri, o nelle Pergamene, o ne' Papiri, ove sono scritti, o ne' marmi, ove sono, o erano incisi; e non ho creduto mio obbligo l'andare accennando ogni volta si fatti errori. Nel portare, che fo benespesso passi non interi di Autori (giacchè ciò ballava all'intento mio) non sempre vi ho aggiunto in fine l'etc. o simil cosa, ad accennare, che il senso non è ivi completo. In ciò ho l'esempio di molti grand'Uomini, che tale minuta diligenza hanno trascurata. In questa mia Operetta poi non ha il Lettore da cercare ornamenti, o accuratezza di dicitura, e di lingua. Io l'avrei assai più volentieri, e forse anche più felicemente, scritta in idioma latino. Per consiglio d'Amici la stesi in lingua Italiana, cioè in una lingua, alla quale (quantunque io ben ne conosca il merito singolare, e la necessità, che vi sarebbe di ben apprenderla) non ho avuta opportunità di seriamente applicarmi. Io però di questa mia fatica resterei assai contento, se per le notizie, che in essa contengonsi, potesse dal cortese Lettore essere giudicata non affatto spregevole, al che unicamente ha mirato la mia diligenza.


Poichè ai due Libri di quest'Operetta ho aggiunta in questi giorni un' Appendice di altre notizie, e di osservazioni spettanti a parecchie cose, che ne' due Libri sono scritte, è supplicato il Lettor gentile di non trascurarla. Essa comincia a pag. 277.