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capitolo xlviii. 223

iscusi la disonesta lascivia di quelle1; ancora acciocchè appaia, non solamente gli animi dei nobili essere costretti e congiunti ad alti titoli, e che la virtù non isdegna alcuna che la voglia.-Lena si dee mettere tra sì famosa brigata di donne; acciocchè eziandio in quella parte, nella quale adoperò valentemente, sia lodata. Dunque Lena, data a brutta disonestà, e vituperoso servigio, fu cagione che non si sapesse sua schiatta, nè suo paese. Nondimeno regnando in Macedonia Aminta, Armonio e Aristone, nobili giovani, o che fussero2 stimolati per liberare la patria di brutta servitù di tirannia, o per altra cagione, uccisero Hispar, crudele tiranno. E tra gli altri, che furono presi da quelli che succedeva, fu presa Lena, come se ella avesse saputo quello che era fatto, per l’amistà di quegli. E essendo costretti i congiurati a manifestare con crudeli tormenti; la dissoluta femmina, pensando con pietosa con-

  1. Test. Lat. cum in eis hoc agat comperta virtus, ut lascivientibus reginis ruborem incutiat, et earum lubricos luxus excuset reginarum ignavia.
  2. Cod Cass. e chonfusono.