De mulieribus claris/LXXXIII
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CAPITOLO LXXXIII.
Sulpicia, moglie di Lentulo.
Sulpicia, moglie di Lentulo Truscellione, con giusta quasi benevolenzia trovò a sè perpetua fama perchè Lentulo fu proscritto dai triumviri in quella medesima avversità che è detta di sopra; il quale essendo campato per questa fuga in Sicilia, stando in quel luogo in esilio, povero; essendone Sulpicia fatta certa, subito deliberò volere patire insieme col marito, pensando che non fusse cosa dicevole le mogli ricevere cogli mariti gli lieti onori, e stare tra quegli alla prospera fortuna; e rifiutare l’avversità di quegli e non fuggire con quegli, s’egli è di bisogno. Ma Sulpicia non potè ottenere leggiermente andare al marito: con gran diligenza era guardata dalla madre Giulia, acciocchè non andasse dietro a Lentulo. Ma lo vero amore inganna ogni guardia. Dunque ella prese il tempo, e, vestita a modo di una serva, ingannò la madre e l’altre guardie; e da due serve accompagnata quella nobile donna uscì dalla patria lasciando la sua casa, e seguì lo abbandonato marito, e bandeggiato; potendo ella, secondo le leggi, abbandonare quel marito e rifiutarlo, e fare nuovo matrimonio. E non s’impaurì quella gloriosa donna seguire la via incerta di suo marito per nascosta via e fuga, per la fortuna del mare e per le montagne d’Italia, e cercare quello per non conosciuti paesi, infinochè trovato quello s’aggiunse con lui, pensando essere più onesta cosa seguire suo marito per costo della fortuna, che, stando egli in esilio con fatica, ella stesse a casa fra le delizie, e piacevole riposo. E per certo siffatta opinione è piuttosto di savio uomo che di femmina, perchè non si dee sempre stare in isplendore d’oro e di gemme, e non sempre stare adornato; non si deve sempre fuggire il sole di state, e d’inverno la piova; non si dee sempre abitare nelle camere; non si dee sempre risparmiare; ma devono cogli mariti, quando la fortuna il dà, entrare alle fatiche, e andare in esilio, comportare la povertà, portare i pericoli con forte animo. E questa è la laudabile milizia delle donne, queste le sue battaglie e vittorie, e gloriosi trionfi, avere superchiati con l’onestà e con la fermezza e castamente la morbidezza, i diletti e i riposi di casa; da questo acquistano perpetua fama gloria. Dunque vergogninsi non solamente quelle che seguono l’ombra della felicità con tutti i piedi; ma più quelle che per comune acconcio del matrimonio1 temono la noja del mare, salvansi per lieve fatica, temono le esterne nazioni, e diventano pallide per uno mugghiare di bue; lodando fuggire cogli adulteri, piacerle andare con quegli per lo mare, e, essendo scelleratissime, d’avere l’animo forte ad ogni bisogno.
Note
- ↑ Cod. Cass. demariti. Test. Lat. conjugii.