De mulieribus claris/LXXXIV
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CAPITOLO LXXXIV.
Cornificia poetessa.
Non mi ricordo avere trovato se Cornificia fu Romana, o s’ella fu una donna d’altro paese, ma, per testimonianza degli antichi fu degnissima da farne memoria. E signoreggiando Ottaviano imperadore, fu sì armata di poetica scienza, che non parea nutricata in Italia, ma in Grecia, e fu in uguale gloria famosa con Cornificio famoso poeta, il quale fu suo fratello. E, non contenta solamente di sì famosa scienza, secondo che io pensø, stimolandola le sacre Muse, spessissime volte pose le ammaestrate mani alla penna a scrivere versi Eliconj, lasciata la rocca: e scrisse versi molto notabili, i quali erano in pregio al tempo di San Gironimo. E questa fu onore delle donne, perchè dispregiò l’arte delle femmine, e pose lo ’ngegno agli studj dei grandìssimi poeti. Vergogninsi quelle che sono di vile animo, e che si diffidono di sè medesime, le quali, come nate in ozio e per istare nelle camere, fanno credere a sè medesime, non essere utili a’ diletti degli uomini, a nutrire nè ad allevare i figliuoli, avendo di comune con quegli tutti quegli esercizi che fanno gli uomini gloriosi, se vogliono esercitarsi negli studi1. Questa potè, non abbandonate le forze della natura, con sollecitudine e studio avanzare lo sesso delle femmine, e acquistarsi con onesta fatica perpetua nominanza.
Note
- ↑ Cod. Cass. fanno credere asse medesime nonnessere utili adiletti degluomini ogni chosa chomune che faccino ne loro esercizi gli gloriosi uomini. Test. Lat. sibipsis suadent se nec ad amplexus hominum et filios excipiendos alendosque utiles esse, cum omnia, quæ gloriosos homines faciunt, si studiis insudare velint, habeant cum eis communia.