De mulieribus claris/LXVI
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CAPITOLO LXVI.
Armonia,figliuola di Gelone.
Armonia fu siciliana figliuola di Gelone, fratello di Gerone, re di Siracusa, la quale benchè fusse di schiatta reale, fu nondimeno molto più degna di farne menzione per la sua pietà; e sono alcuni che dissono quella essere morta vergine; alcuni dicono che ella fu moglie di Temistio; ma di queste cose sia qual più piace, poichè la diversità di queste opinioni non toglie alcuna cosa di sua pietà. Dunque essendo crudele lo popolo per occulto e subito tradimento di quegli di Siracusa, contro a tutti quegli che erano della schiatta reale, e avendo morto Gerone, re giovanetto, e Andrenodoro, e Temistio di schiatta reale e facendo la moltitudine tumultuoso romore contro Damarata e Erachia, figliuola di Gerone, e contra Armonia, figliuola di Gelone; avvenne per sagacità della balia di Armonia che una fanciulla adornata d’ornamenti reali, dell’età d’Armonia, fu messa dinanzi agli ucciditori per Armonia. La quale per alcuna cosa non fu contraria all’azione di quella, che l’apparecchiava; anzi vedendo la moltitudine correre contro a sè con le odiose spade, non s’impaurì, nè fuggì; e non riconfessò la sua intenzione a quegli che la ferivano; e non accusò Armonia, che era nascosta, in luogo della quale ella era morta; ma tacita, non movendosi, ricevendo i mortali colpi morì. Armonia fu insieme felice e infelice; perchè ella perdè quella che era fedele; e vedendo Armonia di lungi nascosta la perseveranzia della innocente fanciulla, e lo forte animo a morire, e vedendo uscire delle ferite lo sangue di quella fanciulla, maravigliandosi, stupida della fe’ di quella, con tutto lo petto sopra la morta fanciulla, già partendosi gli ucciditori, fu presa dalla gloriosa pietà, spargendo lagrime, non comportò di vedere senza pena l’innocente sangue, e allungare la vita salvata per altrui fè con tanta sollecitudine; giudicando essere meglio di scendere all’inferno con acerba morte con sì fedele fanciulla, che aspettare la canutezza cogli non fidati cittadini. O quanta pietà! o quanta ferma fè! Ella si manifestò in luogo patente; e tornati indietro gli ucciditori cogl’insanguinati coltegli, confessò lo inganno della balia, la fè di quella che era morta; e ferita di molte ferite, cadde, quanto lo potè, presso al corpo di quella che era morta; innanzi alla quale quanto la pietà le tolse di tempo, fulle renduto degnissimamente nelle scritture. È difficile a vedere, quale avesse maggior fè, o quella che morì, o quella che sopravvisse: quella pietà fe’ eterna la virtù della prima, questa pietà fe’ eterno il nome della seconda.