Una Giovanetta Romana

../LXII ../LXIV IncludiIntestazione 13 giugno 2024 75% Da definire

Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Una Giovanetta Romana
LXII LXIV
[p. 282 modifica]

CAPITOLO LXIII.

Una Giovanetta Romana.

Fu una romana Giovanetta, e se io non m’inganno, non ebbe origine di viltà popolare: lo cui nome perduto per malignità di fortuna, e lo conoscere de’ suoi passati e del marito, forse parrà aver sottratto alquanto di onore1; ma acciocchè non paia che io l’ab[p. 283 modifica]bia tolto, non dandole luogo fra le famose donne, voglio porla fra quelle, e far menzione della pietà d’una innominata donna2. Questa Giovanetta ebbe una madre d’onesta schiatta, ma sciagurata; perchè innanzi alla sedia dei Tribuni, non so per che cagione, ella fu dannata a morte, e dal Pretore era data a un Triumviro, acciocchè egli le desse la pena già determinata per la sentenzia; e dal Triumviro era data al soprastante della prigione: ma per esser nobil donna li fu imposto che fosse morta di notte. In questo mentre il guardiano3, mosso da pietà, avendo compassione alla gentilezza di quella donna, non volle fare crudeltà in quella con le mani, ma lasciandola morire di fame, tenendola serrata senza mangiare. E a questa andava una sua figliuola per vederla; e cercata quella diligentemente che non le portasse alcuno cibo, ebbe permesso dalla guardia che ella entrasse [p. 284 modifica]in prigione; e essendo già affamata la madre, sovvenivala del latte, dello quale ella abbondava, perchè era fresca del parto. Finalmente continuando più dì, quel della prigione cominciò a maravigliarsi che quella donna dannata vivesse sì lungamente; e guardando nascosamente che facesse la madre con la figliuola, accorsesi, che tratto fuori le mammelle, le porgeva alla madre e allattavala. E maravigliatosi di quella pietà, che la figliuola avesse trovato non usato modo di nutricare la madre; lo riferì al Triumviro, e il Triumviro lo disse al Pretore, e il Pretore lo riportò al pubblico consiglio. Per la qual cosa avvenne che fu dato per sentenzia per dono alla pietà della figliuola la pena che debitamente dovea portare la madre. E se gli antichi donavano la corona della quercia a quegli che salvaron lo cittadino, con che corona orneremo quella figliuola che salvò la madre col latte? e certamente non si troverebbe tra le frondi grillanda sufficiente. Quest’opera non fu solamente santa, ma maravigliosa; e non solamente fu da equarla, ma premetterla al dono della natura; per lo quale siamo ammaestrati a condurre i figliuoli piccoli a più [p. 285 modifica]ferma etade a salvare i padri dalla morte. Dunque la pietà è maravigliosa forza; perchè non solamente passa i cuori delle donne, le quali lievemente si muovono a compassione e alle lagrime, ma alcuna volta passa i crudeli e indurati cuori per alcuna pertinacia di diamanti, e entrata dentro mollifica ogni durezza; e investigando la bisogna, e trovandola, adopera, che mischino le lagrime con le infelicitadi che seguono le turbazioni, e i pericoli, almeno col desiderio; e alcuna volta se mancano rimedj sottomettesi per quegli alla morte e produconsi siffatti effetti, acciocchè noi meno ci maravigliamo, se noi figliuoli adoperiamo alcuna cosa di pietà verso le madri, parendo piuttosto per quello rendere nostro debito, e restituire con debito pagamento quello che altra volta avemo ricevuto.

Note

  1. Cod. Cass. lochui nome everduto per malignia difortuaa forse parra aver sottratto lochonosciere desuoi passati di marito e forse alquanto dongni onore. Test. Lat. cui deperditum malignitate fortunæ nomen et parentum conjugisque notitia, forsan aliquantulum meriti surripuisse videbitur.
  2. Cod. Cass. della lornominata donna. Test. Lat. innominatæ mulieris pietatem inclytam referre.
  3. Betussi. Test. Lat. verum quoniam nobilis esset, ut nocte necaretur injuctum est. Custos autem, ele.