Virginia, moglie di Lucio Volumnio

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Virginia, moglie di Lucio Volumnio
LX LXII
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CAPITOLO LXI.

Virginia, moglie di Lucio Volumnio.

Fu un’altra donna vergine diversa da quella di sopra, appresso de’ Romani famosa donna, benchè questa fu figliuola d’un Aulo, uomo dell’ordine de’ patrizj. E questa, oltre agli ornamenti della nobiltà, a suo tempo fu da mettere innanzi alle altre Romane: un laudabilissimo atto di quella basterà a conoscere [p. 275 modifica]tutta la sua vita, e a darle debita fama. Dunque, come è assai manifesto, nella città di Roma fu già nella piazza Boaria un famoso piccol tempio d’Ercole, consegrato alla Pudicizia della patria santamente dalle nobili donne; nel quale, essendo consoli Quinto Fabio, e Quinto Publio Decio, facendosi di consentimento del senato supplicazione in tutti gli altri templi per pigliare augurj; in quello solamente le donne dei patrizj facendo sagrifizj, secondo l’usanza antica; avvenne, che Virginia con l’altre donne andò a fare sagrificio: dal quale essendo rimossa superbamente per comandamento delle donne de’ patrizj, perchè ella era moglie di Lucio Volumnio, uomo di popolo (benchè l’anno davante fusse stato console), nel sacro tempio cominciò una brieve contenzione di donne. Dove finalmente Virginia, levata da incendio d’animo maggior che di sdegno di donne, disse, sè essere onesta e patrizia, e non dovere essere mossa dal tempio della Pudicizia, benchè ella fusse stata maritata vergine a un uomo di popolo: e magnificati i fatti del marito con maravigliose lodi, indegnata tornò a casa, lasciate le donne dei patrizj. E sopra le parole aggiunse maravi[p. 276 modifica]gliose opere; perchè avendo ella molte case della contrada Lunga, nella quale ella abitava allora, insieme con suo marito partì dall’altre in quel luogo da una parte quanto pensò che bastasse a uno piccolo tempio, e in quello luogo pose un altare, e chiamate le donne di popolo, contò l’arroganza delle patrizie; e lamentandosi della ingiuria ricevuta da quella, aggiunse: Dunque io vi priego e conforto, che come voi vedete che gli uomini di questa città hanno continuamente pugna della virtù; così tra noi voi pigliate pugna dell’onore e dell’onestà di donne, acciocchè questo altare, lo quale io ho consacrato all’onestà delle donne di popolo in vostra presenzia, in alcuna cosa più sia creduto, che ella sia coltivata da più sante e da più caste donne, che in quello; e coltivandola noi, apparirà che li celestiali altari non solamente sono dati ne’ petti dei patrizj. Oh, come furono degne, e santissime parole di donna, e come laudabile ardire e invenzione da levare alle stelle con lieta festa! Non giurò Virginia contro alle ricchezze degli uomini, nè a pigliare ornamenti di lascivia; anzi contro agli lascivi e disonesti occhi de’ giovani, e contro agli appetiti di [p. 277 modifica] quelli; e a meritare la gloria della sua castità procedè con ottimo ragionamento e con sante ragioni, intanto che allora fu cominciato, e per lungo tempo dappoi fu fatto, che non potendo fare sacrificio in quel tempio alcuna se non di singolare onestà; e chi avesse avuto un solo marito, fusse uguale all’altare delle patrizie in santità; essendo tolta via la invidiosa speranza alli disonesti occhi de’ guardatori. E non dubito, che ella diede a molte fatica e sollecitudine di conservare la castità per la cupidità della gloria, e a fuggire la vergogna se elle fussero rimosse dal sacrificio.