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276 virginia, cap. lxi.

gliose opere; perchè avendo ella molte case della contrada Lunga, nella quale ella abitava allora, insieme con suo marito partì dall’altre in quel luogo da una parte quanto pensò che bastasse a uno piccolo tempio, e in quello luogo pose un altare, e chiamate le donne di popolo, contò l’arroganza delle patrizie; e lamentandosi della ingiuria ricevuta da quella, aggiunse: Dunque io vi priego e conforto, che come voi vedete che gli uomini di questa città hanno continuamente pugna della virtù; così tra noi voi pigliate pugna dell’onore e dell’onestà di donne, acciocchè questo altare, lo quale io ho consacrato all’onestà delle donne di popolo in vostra presenzia, in alcuna cosa più sia creduto, che ella sia coltivata da più sante e da più caste donne, che in quello; e coltivandola noi, apparirà che li celestiali altari non solamente sono dati ne’ petti dei patrizj. Oh, come furono degne, e santissime parole di donna, e come laudabile ardire e invenzione da levare alle stelle con lieta festa! Non giurò Virginia contro alle ricchezze degli uomini, nè a pigliare ornamenti di lascivia; anzi contro agli lascivi e disonesti occhi de’ giovani, e contro agli appetiti di