Come andò a finire il Pulcino/Quel che succede spesso

Il nemico Il romanzo della rosa

[p. 181 modifica]— 181 — ci rinvoltò dentro Gigino, e si avviò verso casa. — Curiosa! — esclamò Masino. — Quest’al- tro passerotto ti è volato sulla spalla. Che sia un conoscente di Gigino? — La signora Carolina, con la mano che le restava libera prese il passerotto, e guardatogli attentamente la gola grigio-chiara, disse: — È una femmina: dicerto dev’esser la mamma di Gigino, corsa in soccorso del figliuolo. — Un vivacissimo « pio! » fu la risposta della madre; e la signora Carolina, sempre più convinta, mise i due uccelli nella stessa gabbia, affrettando in tal guisa la guarigione del povero piccino, così barbaramente aggredito. VI. Qviel che succede spesso. Questo è proprio un caso da raccontarsi e che dovrebbe, mi pare, dare argomento di molte riflessioni ai ragazzi che leggessero que- 13 — Baccini, Memorie d’un Pulcino, ecc. — 18 [p. 182 modifica]2 — ste mie paginette. (Oh potessi rivedere la signora Ida Baccini!). Il signor Teodoro passeggiava nell’ orto con un’aria molto triste, spiegando fra le mani una lettera. Dopo poco lo raggiunse la signora Carolina. — Che cosa ti ha risposto il maestro di Masino ? — gli domandò. — Senti! — le rispose il marito. E le lesse la lettera che teneva fra le mani: « Caro signor Gennarelli, « Sento con molto dispiacere che lei non è troppo contento di Masino. Io non posso certamente affermare che il suo fìglioletto sia l’alunno più diligente della classe e che le sue lezioni sieno perfette. Masino è un po’vivace, un po’ strafalcione, ma in compenso che buon cuore, che ottimo carattere ! « Tutti i suoi compagni lo amano come [p. 183 modifica]un — 183 — fratello; e io, caro signor Teodoro, vedo riprodotta in lui l’immagine dell’ unico mio Aglietto, morto un anno fa, lontano da me, in un collegio di Eoma! Aveva gli stessi occhi ridenti, lo stesso fare di Masino! Può dunque immaginare se gli voglio bene, e se cerco di sviluppare in lui ogni più bella qualità dell’anima, e dell’ingegno! « Non dubiti che l’affetto mi renda cieco: esso m’illumina sempre di più sulla via che debbo tenere per quanto si riferisce all’educazione del suo figliuolo. E quando è tempo di gastigare, gastigo. « Me ne piange il cuore, ma gastigo. Ieri dovei privarlo della ricreazione, perchè aveva sbagliato per trascuratezza il quesito d’aritmetica. Ebbene, vuol che glie lo dica? Non potei far colazione. Ma ella intanto si tranquillizzi, e pensi che i difetti del suo Masino si correggeranno facilmente col tempo e col progresso negli studi. « La riverisco. « Suo devot.mo « Aurelio Bicci. » [p. 184 modifica]_ 184 — — Povero signore! — esclamò la signora Carolina. Non so quel che rispose il signor Genna- relli, perchè proprio in quel punto giunse trafelata la serva ad annunziare una visita. I padroni le andarono dietro e il signor Teodoro non si accòrse che la lettera gli era scivolata di mano ed era vicino a me, ai piedi del famoso pèsco, dalle cui rame non penzolava più, ahimè! la gabbia del mio amato Gigino. £ Due ore dopo questo colloquio, entrarono nell’orto Alberto e Masino. Quest'ultimo pareva in preda al più cupo malumore, e invano Alberto cercava di calmarlo. — No, no ! — esclamava il mio giovane padrone — è inutile che tu tenti di persuadermi. Oramai la mia risoluzione è presa, e a scuola non ci voglio tornar più! — Ma amico mio, pensa al dolore che darai ai tuoi genitori! — 1 [p. 185 modifica]85 — — Se mi vogliono bene capiranno le ragioni. Il signor Maestro non mi può soffrire! Quando mi guarda fa sempre il viso serio come se vedesse un oggetto spaventoso, un mostro !... — No, no! Ooteste sono esagerazioni! Mi sono accorto anch’io che quando pone gli occhi su di te diventa serio, ma non credo però che ciò dipenda da un’antipatia che egli nutra per te. Si direbbe quasi che la tua vista lo commova, che gli susciti nell’anima qualche memoria dolorosa! — Ah che parole d’oro gli uscivano di bocca, caro sor Albertino, e come, mentre ella parlava, maledicevo alla mia condizione di pollo, che m’impediva di stringerle la mano e di gridarle: « Bravo! Cerchi di persuadere codesto sciocchino! » Ma pur troppo, non ero, non sono che un galletto! — Ah sì ? — domandava il padroncino con aria di canzonatura — è perchè la mia vista lo intenerisce che mi priva della ricreazione e mi gastiga tanto spesso? — Bisogna dire — osservò Alberto timi [p. 186 modifica]da— 186 — mente— che il tuo quesito d’ieri era una gran birbonata. Avevi confuso il numero degli anni con quello delle lire e avevi fatto nascere Cristoforo Colombo nel 1870, all’epoca della breccia di Porta Pia!... — È grossa, ne convengo : ma ad ogni modo il gastigo è stato troppo sproporzionato al fallo! Quel maestro non mi può soffrire, lo sento! — Nell’udire quelle parole così ingiuste, il sangue mi saliva al capo e m’incendiava la cresta! Come persuadere quel ragazzaccio? Mi venne un’idea luminosa. La lettera del signor Aurelio, tutta spiegazzata, era lì a due passi da me, sopra un mucchio di spazzatura. Il luogo dove si trovava non era troppo degno del mio becco; ma il desiderio di fare un’opera buona vinse sulla mia legittima ripugnanza, e impadronitomi del prezioso foglio, mi misi a passeggiare, con aria indifferente, intorno ai due giovinetti. Détti subito nell’occhio ad Alberto. — Curiosa! — esclamò. — Il Pulcino (oramai quel nome non mi si leva più [p. 187 modifica]!) ha una — 187 — lettera nel becco! Ohe cosa significa? Aspira forse all’impiego di postino? — L’idea parve senza dubbio assai buffa al mio padrone, perchè si mise a ridere e mi tolse la lettera di bocca! Appena ne ebbe scòrse le prime righe, diventò bianco come un cencio lavato ; tanto che Alberto pose gli occhi, anch’esso, sul misterioso foglio: ma di mano in mano che Masino progrediva nella lettura, la sua fisonomia, di cupa e accigliata, diveniva serena, raggiante: e quando ebbe finito, nascose il volto fra le braccia dell’ amico, sussurrando fra i singhiozzi : — Oh com’ ero ingiusto ! Povero signor Maestro! — Io mi ero allontanato discretamente, perchè mentre godo nel fare il bene ho altrettanto a noia i ringraziamenti, allorché udii la voce di Alberto che gridava, preso dall’entusiasmo : — 18