Codice cavalleresco italiano/Libro III/Capitolo X

Infermi

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X.

Infermi.

ART. 248.

Per infermo in materia di duello s’intende colui che è affetto da infermità, la quale palesemente gli impedisce l’uso di un’arma (opinione condivisa pure da De Rosis, I, 4°-5°).

ART. 249.

L’incapacità fisica, che impedisce l’uso di un’arma, deve essere dichiarata dall’infermo inviando o accettando il cartello di sfida.

ART. 250.

Tale dichiarazione deve essere constatata da perizia medica. I medici in questo caso devono essere scelti di comune accordo dai rappresentanti delle parti.

Nota. — In generale, un uomo in pieno vigore di tutte le sue facoltà, non dovrà battersi con un infermo, a meno che circostanze speciali ve lo costringano. Trovarsi di fronte a chi è inferiore per difetto organico, ripugna al vero gentiluomo. Ma, per quanto ciò possa disgustare [p. 151 modifica]l’animo gentile del cavaliere, pure vi sono circostanze imperiose, di fronte alle quali la generosità deve tacere.

Difatti, i Codici cavallereschi francesi stabiliscono che tutte le volte nelle quali, chiunque, anche se infermo, si rende colpevole d’imputazioni disonoranti, di calunnie e di tutto ciò che può recare offesa, produce lo stesso pregiudizio a danno di un gentiluomo, come se dette offese fossero state dirette da chi possiede l’uso di tutte le sue facoltà fisiche.

Da ciò la necessità di privare gl’infermi di qualsiasi immunità, quando si mettono nel caso di essere considerati provocatori od offensori.

Le condizioni che in proposito vengono stabilite dal Codice cavalleresco sono contenute negli art. 251 a 254.

ART. 251.

L’offensore storpiato può rifiutare la spada e la sciabola, a meno che l'offeso non sia stato insultato con vie di fatto (Châteauvillard, IV, 16°; De Rosis, I, 4°-5°).

ART. 252.

Fatta astrazione dalle vie di fatto, lo storpio offensore può rifiutare le suddette armi, se, a causa dell’infermità di cui è afflitto, non può servirsene efficacemente (De Rosis, I, 4°-5°).

Nota. — Così, ad esempio, se fosse privo di una gamba, o che questa fosse paralizzata, è ragionevole il rifiuto di quelle armi, per adoperare le quali è necessaria la posizione di in-guardia.

ART. 253.

Esistendo le vie di fatto, l’offeso può imporre allo storpio l’arma che meglio gli talenta; però, è bene che il gentiluomo si astenga dalla scelta delle armi [p. 152 modifica]che possono essere maneggiate con difficoltà dall’offensore per l’infermità che lo affligge.

Nota. — Questa raccomandazione, è chiaro, fa appello alla generosità del gentiluomo; il quale, peraltro, potrebbe agire con tutto il rigore delle leggi cavalleresche contro lo storpio, che ha avuto la forza e l’audacia di percuotere e che di conseguenza, dovrebbe pure, con gli stessi mezzi dell’offesa provvedere alla propria difesa.

È bene notare, intanto, che tutte le volte nelle quali lo storpio rifiuta le armi bianche legali per scegliere la pistola, le condizioni del duello devono essere determinate dall’avversario1.

ART. 254.

L’orbo offensore può rifiutare la pistola nel solo caso di offesa semplice; mentre invece è obbligato ad accettare l’arma scelta dall’avversario, se l’offesa è stata accompagnata da insulto, da percossa o da ferita (così opina pure Châteauvillard, IV, 17°).

Nota. — Questa differenza di trattamento l’orbo la deve attribuire alla sua infermità, che è molto meno grave di quella che affligge colui il quale è stato amputato di un braccio o di una gamba.

Con una gamba in meno non si sta in guardia, o bisogna circoscrivere la propria azione ad una semplice difesa; con un braccio solo non si può battere vantaggio[p. 153 modifica]samente; ma se il braccio amputato è il destro, per chi non sa colpire con la sinistra?...

Un occhio solo è sufficiente per potere ben mirare e colpire l’avversario.

Note

  1. Il cav. De Rosis è meno indulgente per lo storpio. Infatti all’art. 4 del Cap. I del suo Codice dice:
         «Nella pistola sarà fatta giusta eccezione in caso che l’offeso fosse zoppo, ovvero storpio nel braccio, o nella mano destra: allora l’offensore sarà obbligato ad accettare».
         E all’art. 5 dello stesso Capitolo:
         «Uno storpio perderà questo vantaggio dal momento che avrà preso l’iniziativa all'insulto».