Chi l'ha detto?/Parte prima/47
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§ 47.
Nature diverse
La varietà dei cervelli umani e dei giudizi loro è espressa dalla paremia latina:
930. Quot homines tot sententiæ.1
che si legge nel Formione di Terenzio (a. II, sc. 4, v. 454). Vedasi anche in Cicerone, De finibus, I, 5 e Orazio (Satire, lib. II, sat. i, vers. 27-28), e si confronti con quel che ne scrisse il Leopardi nei Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura (Firenze, 1898), vol. II, pag. 126, e anche a pag. 123. Ciascuno infatti si regola ed opera secondo i suoi gusti, la sua educazione, la sua natura: e poichè tutti questi elementi variano da individuo a individuo, varia necessariamente l’umana attività e l’umano pensare. Latinamente ciò si esprime col verso di Properzio:
931. Naturæ sequitur semina quisque suæ.2
Da cui discende quest’altra verità non meno indiscutibile, che:
932. Non omnia possumus omnes.3
sentenza che nel medio evo lievemente modificata divenne proverbiale: cfr. in Werner, Latein. Sprichwörter und Sinnsprüche des Mittelalters (Heidelberg, 1912), al n. 50 della lett. O: Omnia nemo potest, non omnes omnia possunt e al n. 37 della lett. R: Reges qui vivunt non omnia omnes possunt.
Le differenze fra gli uomini inducono naturalmente l’animo nostro ai confronti: ma non dimentichiamo che
933. Comparisons are odious.4
L’Adams (Dict. of Engl. Literat.) e il Bartlett (Familiar Quotations) citano a proposito della frase precedente, la quale ha il suo corrispondente esatto anche in italiano, le seguenti fonti: Burton’s Anatomy of Melancholy, pt. III, sect. 3, mem. i, subs. 2; Heywood’s Woman killed with kindness, act. I, SC. i; John Donne’s Elegy VIII; Geo. Herbert’s Jacula Prudentum; Marlowe, Lust’s Dominion, act. III, sc. 4; John Fortescue De laudibus leg. Angliae, chap. XIX; nonchè Cervantes, Don Quixote, parte II, cap. XXIII. Non so però in quale lingua si trovi la paremia originale nè a chi debba attribuirsi.
Il pessimista potrà osservare che tanta varietà nella natura umana non serve che a porre in evidenza l’abbondanza e la varietà dei difetti e dei vizi; ma d’altra parte
934. .... Chi può vantarsi
Senza difetti? Esaminando i sui
Ciascuno impari a perdonar gli altrui.
Il pessimista potrà pure dedurre che assai pericoloso è l’aver che fare con molti cervelli, poichè è assai dubbio di trovarli uniti e di condurli a savio consiglio. Perciò le masse troppo spesso si appigliano al peggiore dei partiti, e si lasciano facilmente raggirare dai furbi, come giustamente diceva il Giusti in quel suo notissimo sonetto:
935. Che i più tirano i meno è verità,
Posto che sia nei più senno e virtù;
Ma i meno, caro mio, tirano i più,
Se i più trattiene inerzia o asinità.