Chi l'ha detto?/Parte prima/34
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§ 34.
Giorno e notte
L’alba è così descritta da uno dei nostri maggiori poeti:
555. Già l’aura messaggera erasi desta
Ad annunziar che se ne vien l’aurora:
Ella intanto s’adorna, e l’aurea testa
Di rose colte in paradiso infiora.
556. E s’udian gli usignoli al primo albore
E gli asini cantar versi d’amore.
Il cader della sera, allorchè suona la campana dell’Ave Maria quanto bene è dipinto nella Divina Commedia:
557. Era già l’ora che volge il disio
Ai naviganti e intenerisce il core
Lo dì c’han detto ai dolci amici addio;
E che lo novo peregrin d’amore
Punge, se ode squilla di lontano,
Che paia il giorno pianger che si more.
Mentre qui il poeta non vede e non sente che la dolce malinconia delle ore crepuscolari, altrove saluta la sera come apportatrice di riposo:
558. Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
Toglieva gli animai che sono in terra
Dalle fatiche loro....
Più tristi pensieri invece ispira il cader del giorno al Petrarca per il quale
559. .... Nel fuggir del sole
La ruina del mondo manifesta.
Sale la notte, e, se nel cielo stellato risplende la luna, ecco il bel verso oraziano:
560. Nox erat et cœlo fulgebat luna sereno.1
561. Notte d’amor — tutta splendor
Dagli astri d’ôr.
Notte d’amor — tutta splendor.
e l’invocazione (nelle medesime scene):
....Vogl’io
Quelle sembianze care
Ancor contemplare
Al pallido chiaror
Che vien dagli astri d’ôr.
«Chi fu la bella ispiratrice? Ora dormirà certo in qualche cantuccio di cimitero, forse presso alle ceneri di Shelley, e mentre vivrà sempre l’armonia che partì dalla sua bellezza, quante primavere avranno sparso fresche erbe sulla terra sotto a cui giace inconsapevole della sua gloria!» (Paolo Lioy, nella Nuova Antologia, 1° aprile 1896, pag. 460).
Ma se non ci sono nè luna nè stelle, diremo allora che:
562. Era la notte e non si vedea lume.
Il qual verso ricorda l’ottava balzana (ovvero alla burchiellesca), pur citata assai di frequente, che il servo Brighella recita nell’atto III, sc. 7, del Poeta fanatico del Goldoni:
Era di notte e non ci si vedea,
Perchè Marfisa avea spento il lume.
Un rospo colla spada e la livrea
Faceva un minuetto in mezzo al nume.
L’altro giorno è da me venuto Enea,
E m’ha portato un orinai di piume.
Cleopatra ha scorticato Marcantonio;
Le femmine son peggio del demonio.
Ma torniamo alla notte, e sia pure notte oscurissima e fitta, purchè non sia per alcuno la
563. Notte per me funesta!
564. Notte! funesta, atroce, orribil notte!
Se invece la luna illumina de’ suoi raggi il cielo, si ricordi il principio della romanza di Egidio nel melodramma di Giovanni Peruzzini, La Contessa d’Amalfi, musica di Errico Petrella (a. II, sc. 6):
565. Fra i rami fulgida la luna appare,
D’astri gemmato sorride il ciel.
E se la notte non è tanto serena, sarà invece il caso di ripetere il coro:
566. A fosco cielo, a notte bruna,
Al fioco raggio d’incerta luna.
Parlando di notte e di oscurità è il caso di citare anche l’altro verso dantesco:
567. Io venni in loco d’ogni luce muto.
Ma intanto anche la notte volge al suo termine, un lieve chiarore si leva dall’Oriente, e il nuovo giorno si annunzia. D’ordinario esso è sempre il benvenuto, ma vi è chi più ardentemente lo desidera, sia che stia ripetendo l’invocazione terribile:
568. O sole, più rapido a sorger t’appresta,
Ti cinga di sangue ghirlanda funesta!
569. A consolarmi affrettati,
O giorno sospirato!
Note
- ↑ 560. Era notte e la luna splendeva nel cielo sereno.