Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
[555-557] | Giorno e notte | 167 |
l’ambasciatore veneto Contarini (Le Relazioni delia Corte di Roma, ecc., vol. I, Venezia, 1877, pag. 58). E un diarista contemporaneo, Giacinto Gigli, in questi termini descrive il malcontento popolare per tale profanazione: «Il popolo andava curiosamente a veder disfare una tanta opera, e non poteva far di meno di non sentire dispiacere et dolersi che una sì bella antichità, che sola era rimasta intatta dalle offese dei barbari e poteva dirsi opera veramente eterna, fosse ora disfatta.» Oggi, mercè le ricerche del prof. G. Bossi, si conosce l’autore di questa satira, che fu l’agente mantovano Carlo Castelli. Vedi il vol. del Fraschetti, Il Bernini, la sua vita, le sue opere, ecc., a pag. 59.
§ 34.
Giorno e notte
L’alba è così descritta da uno dei nostri maggiori poeti:
555. Già l’aura messaggera erasi desta
Ad annunziar che se ne vien l’aurora:
Ella intanto s’adorna, e l’aurea testa
Di rose colte in paradiso infiora.
556. E s’udian gli usignoli al primo albore
E gli asini cantar versi d’amore.
Il cader della sera, allorchè suona la campana dell’Ave Maria quanto bene è dipinto nella Divina Commedia:
557. Era già l’ora che volge il disio
Ai naviganti e intenerisce il core
Lo dì c’han detto ai dolci amici addio;