Cenni statistico-storici della Valle Vigezzo/Parte 1/X. Emigrazioni
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X.
Emigrazioni.
Posciachè il suolo Vigezzino mostravasi incapace di alimentare una popolazione esorbitante, e tutt’ora crescente, conveniva pare che essa abbandonasse la diletta terra nativa, o supplisse coll’industria alla sua sterilità. I Vegezzini, ai quali sacro fa sempre l’amor di patria, non tardarono ad appigliarsi pieni di zelo, e di fervore, all’ultimo espediente. Gli uomini di questa Valle cominciarono a recarsi fra le varie nazioni di Europa per esercitarvi chi le arti liberali, chi la mercatura e la negoziazione, chi dei mestieri meno nobili, ma non meno onorati. La fortuna fu propizia alla semplice probità, all’ingegno, ai talenti, e questi novelli viaggiatori ritornarono alla patria ricchi di nuove cognizioni, e di danaro. L’esempio, e la prospera sorte dei primi incoraggiò i più timidi, e non andò molto che la più parte della popolazione maschile di Vigezzo fa negoziante, merciaia, artista, come lo è tuttora. L’oro intanto vi era portato da ogni parte, e presto convertiva le rozze capanne dei pastori in elegantissimi fabbricati; presto ergeva ovunque pittoreschi paesi; presto in una parola compartiva alla valle Vigezzo un aspetto di agiatezza, che non può che sorprendere. Nè ciò solo; che i Vigezzini fatti ricchi mercè l’attiviva, ed onorata industria, non solo innalzarono nei varii paesi bellissime chiese; ma acquistarono pure buona parte dei vigneti situati nei comuni di Mafera, Trontano, Montecrestese, ed altri dell’Ossola, ove costrussero a gara elegantissimi casini di campagna, ove ricavano parte del vino loro bisognevole, e dove passano villeggiando buona parte dell’autunnale stagione.
Anche di presente il più dei Vigezzini recasi fuori Stato per procacciarsi il denaro bastante a supplire alle mancanze provenienti dalla sterilità del suolo nativo. Dalla tavola decimasettima si deduce che la somma totale dei Vigezzini che trovavansi fuori Stato nell’anno milleottocento trentotto ascende a novecento sessantaquattro, cioè duecento ventitré nel Regno Lombardo-Veneto, cento diciotto negli altri Stati d’Italia; trecento sessantasette a Parigi; cento diecinove nelle altre parti della Francia; quarantaquattro nella Svizzera; quarantasette nella Germania; nove nella Baviera; venti nell’Olanda; sette nella Spagna; uno nell’Inghilterra; tre oltremare, e sei finalmente in luoghi ignoti. Questa cifra sta a quella della popolazione a un di presso come uno a cinque, e sta a quella della popolazione maschile, come uno a due e tre quarti. Per tal modo un quinto della popolazione totale, e più del terzo degli uomini di Vigezzo si trovano fuori della Valle, e dello Stato, onde procacciare a se stessi, ed alle loro famiglie il necessario sostentamento. Di queste emigrazioni alcune sono annuali, e periodiche, altre temporarie, e d’incerta durata. Tutte poi si riferiscono a’ Vigezzini, che non hanno abbandonata la Valle, che ritengono nella medesima famiglia, e domicilio, e che di quando in quando ritornano, e passano in patria qualche tempo. La tavola decimaottava distribuisce gli assenti secondo le rispettive professioni, e dalla medesima deduciamo che vi sono n° 34 gioiellieri, orefici, e chincaglieri; n° 66 pittori; n° 64 negozianti, e merciai; n° 81 esercenti arti meccaniche; n° 309 fumista; n° 195 spazzacammini; n° 15 militari; n° 18 di professioni diverse; n° 11 di professione incerta; n° 142 donne, e ragazzi, e così in totale i predetti n° 964. I gioiellieri erano molto più numerosi nello scorso secolo, dacchè gli uomini di questa Valle, e specialmente quelli nati nei comuni di Craveggia, Malesco, e Villette godevano dello speciale privilegio di poter esercitare questa professione in tutto il regno di Francia senza pagamento di alcuna gabella, come noi diremo nella parte istorìca. Anche di presente i gioiellieri della Regina dei Francesi, sono i signori Francesco e Gio. Giacomo fratelli Mellerio da Craveggia: quelli della Real Corte di Baviera i signori fratelli Borgnis da S. Maria Maggiore, e quelli di diverse altre Ducali Corti di Germania i signori fratelli Mellerio pure da S. Maria Maggiore. Vigezzini sono poi i principali negozianti di simili generi che trovansi in Parigi.
Il genio della pittura si direbbe innato ai Vigezzini, e quando vi fosse in Valle una scuola ben ordinata riuscirebbero senza dubbio artisti di merito. Un alunno di questo Mandamento, in quattro, cinque, o tutto al più in sei anni di studio, sotto la direzione quando di uno, quando dell’altro pittore della Valle, si rende abile a dipingere tanto ritratti, che quadri di storia, e spesso con perfezione tale da non temere il confronto di quelli, che calcarono per molto maggior tempo il suolo delle più celebrate scuole. Allora questi si reca nelle varie parti della Francia, ivi si procaccia lavoro in ritratti, e dipinti d’ogni sorta, e dopo un anno, o diciotto mesi di assenza, ritorna in patria ricco di cinquanta, ed anche di cento luigi d’oro. Tale provento è certamente assai rilevante pel Mandamento, avuto riguardo al considerevol numero di siffatti artisti. Anche nella Valle, e nelle varie altre parti dello Stato si ammirano con piacere i dipinti a fresco dei pittori Borgnis, Rossetti, e Peretti, quai testimonii del valore Vigezzino nelle arti, e quest’ultimo, ancora vivente, viene a giusto titolo stimato come uno dei più valenti dei contorni.
Molto stimato è pure il pittore Carlo Giuseppe Sotta da Malesco già allievo dell’Accademia di Roma, ove ebbe il premio, e pregiabili per rassomiglianza, e naturalezza sono i ritratti all’olio dei pittori Giuseppe Rosselli, e Gioanni Antonio Molinari da S. Maria Maggiore.
Molti negozianti, e merciai Vigezzini si recavano altre volte nella Germania, alle fiere che là tengonsi ora in una, ora in un’altra città. Presentemente questo numero trovasi assai diminuito per causa delle nuove disposizioni ivi emanate, le quali proibiscono l’esercizio della mercatura a quelle persone, che non hanno la sudditanza tedesca. Molti negozianti, e merciai Vigezzini si ritirarono perciò od alle proprie case, o nella vicina Svizzera, e l’importazione da questo lato, altre volte assai rilevante, dei guadagni fatti, è ora ristretta a molto minor somma. Non è però per questo che non vi sieno ancora molti negozianti Vigezzini assai considerevoli, e noi per tutti citeremo Gioanni Maria Farina a Parigi distillatore dell’acqua di colonia, e provveditore delle Corti di Francia, Inghilterra, Prussia, ed Allemagna. I fratelli Borgnis proprietari della famosa fabbrica di tabacchi in Franco-Forte sul Meno: Magistris, ed Antonioli proprietarii del più accreditato negozio di articoli di moda a Padova: Ciolina e Jelmoli negozianti di stoffe nella Germania. Francesco Pironi da Finero ricco e stimato agente di cambio a Lione, ecc. ecc.
Fra gli artisti meccanici vi sono degli indoratori abilissimi; degli architetti capi-mastri, dei fabbri-ferraj, e specialmente dei falegnami appartenenti al comune di Druogno, che si recano nelle varie parli d’Italia.
La classe più numerosa è quella dei fumista, e degli spazzacammino. I primi si recano per la maggior parte nella Francia, e nella Germania, e talvolta con fortuna tale da vedersi in non molti anni agiati, ed anche ricchissimi. Fra questi citeremo per modo d’esempio i fratelli Trabucchi di Malesco padroni di alcuni milioni di lire, e fondatori dell’ospedale dì quel luogo; i fratelli dell’Angelo, Gio. Domenico Cottini, Guglielmi, e molti altri da Craveggia, tutti possessori di oltre un mezzo milione di sostanza guadagnato coll’esercizio della professione di fumista, Bonardi Giacomo Giuseppe da Cojmo, Berlina Gio. Battista da Druogno, Zana Pietro, e Pietro Daniele zio e nipote da Zornasco chiamati espressamente da Vienna a Torino per istabilire come fecero con ottimo successo un ben inteso riscaldamento del Palazzo Reale, e per riordinare le cucine, ed altre opere non meno ingegnose che utili ecc. ecc. Anche per quelli , che non giungono a cosi alta fortuna , la professione di cui è caso non cessa di essere proficua, e di procurare alla Valle più migliaia di lire all’anno. I fanciulli Vigezzini dopo quattro, o cinque anni di noviziato intrapreso senza alcuna spesa da parte delle loro famiglie, si guadagnano le tre, le quattro, le cinque lire al giorno con questa professione, e spesso si mettono presto in grado di esercitarla per loro conto, e con molto maggior guadagno. Egli è in questo modo, e mediante l’anzidetto tirocinio che i sopra nominati, e molti altri ancora arrivarono al grado di fortuna poc’anzi per noi narrata.
Il mestiere di spazzacammino viene esercitato dai più rozzi, e specialmente dei luoghi di Grana, Villette, e Toceno, i quali in estate coltivano le terre, e custodiscono gli armenti, ed in inverno si recano nelle provincie del regno Lombardo Veneto di dove ritornano in primavera con cento, dugento, ed anche trecento lire. Il perchè questa ignobile, ma onorata industria non solo frutta alla Valle più di ventimila lire all’anno; ma apporta pure un altro singolarissimo vantaggio, quale si è quello di procacciare alimento a duecento persone durante una stagione, in cui alle proprie case non potrebbero guadagnare un soldo , od un tozzo di pane.
Le donne, i ragazzi, che figurano nella tavola decimaottava come assenti dalla Valle appartengono a quei Vigezzini che seco conducono all’estero le proprie famiglie. Quest’uso va tutto giorno crescendo a grave cordoglio di chi ama la prosperità, ed il lustro della patria terra; e volesse Iddio che questa sola fosse la cagione di dolore, e che gli uomini di questi alpestri luoghi non si lasciassero strascinare dal tristissimo esempio dato a’ giorni nostri da alcuni Vigezzini di sposare donne straniere in terra straniera. Guai se i nostri maggiori, quelli che tanto contribuirono co’ loro traffici, colle loro industrie alla prosperità, ed alla ricchezza Vigezzina, guai, diciamo, se si fossero lasciati tentare di condurre seco le proprie famiglie, e molto meno di associarsi a persone, che non fossero state della Valle! La lontananza non era per loro dolorosa inquantochè di continuo raddolcita dalla cara speranza del ritorno, e questo ritorno oh! di quanta soavissima consolazione non era egli mai cagione! Come nel giorno del ritorno compensano ad usura le sofferte privazioni la moglie che stende le conjugali braccia; i figli che fatti grandicelli, e spiritosi attorniano festevoli le gambe; i parenti, i vicini, gli amici che fanno festa; i casolari, i campanili, le strade, i monti che rammentano tante, e si care cose della prima fanciullezza! Si i nostri avi furono ricchi, e felici perchè un amore costante mantennero alla patria terra, e ricca, e felice fu la patria per causa di questo stesso amore. Non è sempre cosi di quelli, che diversamente sogliono a’ nostri tempi operare; che i mariti mal reggono a mogli straniere; le mogli Vigezzine a straniere abitudini, per lo che spesso vediamo che or queste, or quelli se ne ritornano poi alla Valle grami di corpo, e di fortuna , parlante esempio a coloro che il sacrosanto amor di patria non sentono, o disprezzano. Molti ancora stanchi del frastuono, e delle corruttele cittadinesche, trovano nella tranquillità di questi cari monti quella dolce pace per loro da lungo tempo sconosciuta , e comprendono troppo tardi che non avvi a questo mondo felicità maggiore di quella ohe procede dalla purezza della propria coscienza, e dall’amore della patria. Comprendono poi questi tali troppo tardi che chi non sente affezione per la terra che gli fu culla, non è neppure capace di altri soavi sentimenti e frammezzo alle mollezze, al lusso, ai divertimenti, se ne sta come un cieco in un gabinetto di quadri preziosissimi, o come un sordo in un concerto di musica.
Molte sono le cause dello spatriamento per noi pianto sin’ora, e molto dir si potrebbe in proposito; ma noi ci limiteremo ad accennarne tre sole, siccome quelle che crediamo principali. La prima di queste cause sta nelle disposizioni dei vari governi esteri, i quali incagliarono, ed anche impedirono del tutto ne’ rispettivi Stati il commercio ambulante solito praticarsi in ispecial modo dai Vigezzini. Costretti questi a fissare uno stabile domicilio in qualche città, o terra, trovano a se più conveniente di richiamare la propria famiglia, e di risparmiare così le spese di viaggio, e di un doppio maneggio domestico. La seconda cagione dello spatriamento noi la riponiamo nel lusso ognor crescente, e nell’amore degli agj cittadineschi, che vanno via via insinuandosi anche nei Vigezzini petti. I nostri avi tuttoché abitanti nelle città le più cospicue, tuttoché possessori di ricche sostanze, mantenevansi isolati, ed alieni dal frastuono delle grandi società; mantenevansi io quella semplicità che imparata aveano ne’ propri monti, né conoscevano, o desideravano stato migliore. In una parola erano montanari anche nelle pianure; erano sobrii, ritirati, economi anche in mezzo a mille contrarie tendenze, e più amanti della semplice, e tranquilla società di un loro compaesano, che di tutti i clamorosi divertimenti cittadineschi. Ora presso alcuni Vigezzini succede il contrario, e corrotti non meno dall’oro, che da false abitudini s’ingolfano nel mondo sociale, ed arrivano cosi non solo a dimenticare, ma pure a sdegnare una patria che essi chiamano rozza, e selvaggia. Iddio volesse però che questi tali fossero solamente perduti per la valle Vigezzo, e non portassero in fronte la maledizione della terra che racchiude le ossa de' loro avi! La terza, ed ultima cagione principale dello spatriamento vuolsi riposta nell’abolizione di molte patrie consuetudini, le quali solevano affezionare i Vigezzini alla loro terra nativa. Non vi ha dubbio essere le abitudini e consuetudini succhiate col latte più tenacemente scolpite nel cuore degli uomini, e più care di qualunque siasi umana cosa. Quel modo di amministrazione dei pubblici, quel privilegio di poter concorrere nel regime comune tosto ipatriati; quella beata libertà cotanto unisona colla natura dei luoghi; quelle immunità non proprie di altre regioni contribuivano senza dubbio a mantener vivissimo ne’Vigezzini l’amore della patria; all’incontro l’introduzione di nuovi usi, e di nuove discipline tuttoché più consentanee al ben pubblico, contribuisce a diminuirlo, e bene spesso a scancellarlo del tutto. Il Vigezzino, che ripatria dopo alcuni anni e che non trova più gli usi o gli abusi che esistevano prima di partire gli sembra di non più trovare la patria terra e dopo breve dimora si assenta di nuovo malcontento, indispettito, e col proponimento di non più ritornarvi; avverandosi cosi il vecchio proverbio: nascere spesse volte da piccole cagioni, grandi e lagrimevoli effetti; non mai impunemente abolirsi d’un colpo le inveterate consuetudini dei popoli, comunque perniciose.