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perduti per la valle Vigezzo, e non portassero in fronte la maledizione della terra che racchiude le ossa de' loro avi! La terza, ed ultima cagione principale dello spatriamento vuolsi riposta nell’abolizione di molte patrie consuetudini, le quali solevano affezionare i Vigezzini alla loro terra nativa. Non vi ha dubbio essere le abitudini e consuetudini succhiate col latte più tenacemente scolpite nel cuore degli uomini, e più care di qualunque siasi umana cosa. Quel modo di amministrazione dei pubblici, quel privilegio di poter concorrere nel regime comune tosto ipatriati; quella beata libertà cotanto unisona colla natura dei luoghi; quelle immunità non proprie di altre regioni contribuivano senza dubbio a mantener vivissimo ne’Vigezzini l’amore della patria; all’incontro l’introduzione di nuovi usi, e di nuove discipline tuttoché più consentanee al ben pubblico, contribuisce a diminuirlo, e bene spesso a scancellarlo del tutto. Il Vigezzino, che ripatria dopo alcuni anni e che non trova più gli usi o gli abusi che esistevano prima di partire gli sembra di non più trovare la patria terra e dopo breve dimora si assenta di nuovo malcontento, indispettito, e col proponimento di non più ritornarvi; avverandosi cosi il vecchio proverbio: nascere spesse volte da piccole cagioni, grandi e lagrimevoli effetti; non mai impunemente abolirsi d’un colpo le inveterate consuetudini dei popoli, comunque perniciose.
XI.
Regime ecclesiastico - Parrocchie - Chiese.
Vedremo nella parte istorica di questo nostro lavoro potersi presumere che le chiese dell’Ossola, e di Vigezzo fossero soggette prima dell'anno mille all'Arcivescovo di Milano, e non passassero alta diocesi di Novara se non in forza della donazione fatta dal Re Enrico al Vescovo Pietro l’anno mille