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coltose quanto la valle di Vigezzo; pochi paesi hanno, come questa, l’aspetto di una civiltà, e di una dovizie cittadinesca. La causa di tale apparente paradosso risulta da quanto dirassi nel Capitolo che segue.


X.

Emigrazioni.


Posciachè il suolo Vigezzino mostravasi incapace di alimentare una popolazione esorbitante, e tutt’ora crescente, conveniva pare che essa abbandonasse la diletta terra nativa, o supplisse coll’industria alla sua sterilità. I Vegezzini, ai quali sacro fa sempre l’amor di patria, non tardarono ad appigliarsi pieni di zelo, e di fervore, all’ultimo espediente. Gli uomini di questa Valle cominciarono a recarsi fra le varie nazioni di Europa per esercitarvi chi le arti liberali, chi la mercatura e la negoziazione, chi dei mestieri meno nobili, ma non meno onorati. La fortuna fu propizia alla semplice probità, all’ingegno, ai talenti, e questi novelli viaggiatori ritornarono alla patria ricchi di nuove cognizioni, e di danaro. L’esempio, e la prospera sorte dei primi incoraggiò i più timidi, e non andò molto che la più parte della popolazione maschile di Vigezzo fa negoziante, merciaia, artista, come lo è tuttora. L’oro intanto vi era portato da ogni parte, e presto convertiva le rozze capanne dei pastori in elegantissimi fabbricati; presto ergeva ovunque pittoreschi paesi; presto in una parola compartiva alla valle Vigezzo un aspetto di agiatezza, che non può che sorprendere. Nè ciò solo; che i Vigezzini fatti ricchi mercè l’attiviva, ed onorata industria, non solo innalzarono nei varii paesi bellissime chiese; ma acquistarono pure buona parte dei vigneti situati nei comuni di Mafera, Trontano, Montecrestese, ed altri dell’Ossola, ove costrussero a gara elegantissimi