Catullo e Lesbia/Annotazioni/27. A Furio ed Aurelio - XI Ad Furium et Aurelium
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XI.
Pag. 226. comites Catulli.
Non qui estis, come spiega il Fusco, sed qui eritis, si ita opus sit. E comes dicesi propriamente di chi viaggia in altrui compagnia, da cum ed eo, onde comites furon detti più tardi coloro che accompagnavano gl’imperatori nei viaggi e nelle spedizioni.
E Tibullo:
Stare vel insanis cautes obnoxia ventis |
L’onda eòa è l’oceano orientale, da eos che significa aurora; e tunditur è detto con assai proprietà per indicare il battere continuato e perenne dell’onda.
L’Hircania, che giaceva lungo la costa Sud— Est del Caspio, ebbe fama, più che altro, dalle belve che l’infestavano; Hircania o Vehrkana non vuol dire altro che terra di lupi. Ma più che i suoi lupi furono celebrate le sue tigri:
Hyrcanæque admorunt ubera tigres, |
e i suoi cani:
Effugeret canis Hyrcano de semine sæpe |
I quali cani, oltre alle lodi dei poeti, aveano la fortuna di divorare i cadaveri dei re:
Regia cum lucem posuerunt membra probatum est |
per dirla con Silio Italico. Curioso codesto costume degli Ircani! Quanta differenza fra loro e gli Egizii! Questi imbalsamavano i loro re e lì custodivano sotto l’immensa mole d’una piramide; quelli ne faceano tante bistecche e le distribuivano ai loro cani. Quale dei due popoli avea più ragione? Io credo tutti e due: l’uno imprigionava i suoi re in quei giganteschi sepolcri per paura che scappassero e tornassero a regnare; l’altro non faceva che seguire la legge del popolo eletto: chi mangia sarà mangiato.
Arabasgue molles. La ricchezza e la mollezza degli Arabi diventò proverbiale fra’ Romani.
Intactis opulentior |
I Romani non intendevano amore senza profumi. L’Arabia forniva loro i più eletti e la copia maggiore.
Urantur odores |
Tutti i prodotti della profumeria furono infatti compresi dal nome generico di arabicum unguentum. Arabus o arabicum fu detto un olio odorato, di cui le donne e gli effeminati si ungevano le chiome, e che i poeti chiamarono araba rugiada; così Ovidio:
Non Arabo noster rore capillus olet; |
ovvero rugiada Sabea, dai Sabei ch’erano i principali trafficanti d’incenso; onde Claudiano:
Thuris odoratæ cumulis et messe Sabæa |
e nella Georgica:
India mittit ebur, molles sua thura Sabei. |
Et gravidæ maduere comæ, quas rote Sabeo |
I profumi ebbero in Roma un linguaggio: indicavano la condizione, la carica, i costumi, la salute delle persone. Conoscere le persone all’odore, come fossero volpi o castori! Quanti studii, quanta esperienza, e quanti romanzi psicologici risparmiati!
Pag. 226. Seu Sacas, sagittiferosque Parthos.
Le vaste regioni, che giacciono fra la Serica ad oriente, la Sarmatia asiatica ad occaso e l’Indie a mezzogiorno, furono comprese sotto la denominazione dì Scythia. Delle tribù che le abitavano pochissimo seppero gli antichi, e pochissimo sappiamo noi delle loro origini. A Erodoto furon soltanto noti i nomi delle tribù a settentrione del Caspio e dell’Eusino. Tolomeo divise in due parti la Scizia. A dar retta a Giustino, Parthi in lingua scitica significa nomadi. I Sacæ occupavano le steppe del Kirghiz Khasaks, e le regioni fra levante e ponente del Bolor; e sono da Plinio annoverati fra i popoli più celebri della Scizia, non senza prima avvertire che: Persæ illos Sacas in universum appellavvere a proxima gente, antiqui Aramæos. Scythæ ipsi Persas, Chorsaros; et Caucasum montem Groucasum, hoc est, nive candidum. I Saci fecero invasioni nella Battriana, e fino nell’Asia Minore e in Armenia, ove una provincia fu da loro appellata Sacasena. Furono disfatti da Ciro, che celebrò la sua Vittoria con feste che si chiamarono Sacæa; Dario li soogò.
Cioè l’Egitto, dove il Nilo si scarica nel mare per sette foci; sette o più non importa, ma sette son le più celebrate da Virgilio:
Et diversa sonans septem discurrit in ora |
E da Ovidio:
Ille fluens dives septena per ostia Nilus, |
E quanto il sacro Nilo nasconda bene la patria o l’origine delle sue acque, lo sanno l’ardito Speke e il ferreo Livingstone. Onde ebbe ragione Stazio, che lo chiamò impenetrabile:
Aut septemgemini caput haud penetrabile Nile; |
e Claudiano, che riferisce non essere stato presente alcun testimonio quando il Nilo fu creato:
Fertur sine teste creatus |
Il problema della scoperta delle fonti del Nilo preoccupò tanto gli antichi, che Lucano non dubita far dire a Cesare:
Spes sit mihi certa videndi |
Pag. 226. Cæsaris visens monumenta magni.
Monumentum, che deriva da maneo, è propriamente tutto ciò che ci avverte, che ci parla alla memoria di fatti passati; onde commendare aliquid monimentis, scrisse Cicerone, per raccomandare qualche impresa alla memoria degli uomini. Quali fossero i monumenti di Cesare nelle Gallie, non è alcuno che possa ignorare: esso Cesare nei Comentari, e Svetonio nella Vita di lui ce ne han lasciata solenne memoria.
Gallico chiama il Reno, per distinguerlo dal piccolo Reno bolognese, o piuttosto perchè scorre ai confini della Gallia.
Orribili son detti i Britanni, non perchè si dipingesserò il corpo, secondo affermano Cesare, Plinio, Pomponio, Oppiano, Properzio, Ovidio, Marziale, ed altri, ma più probabilmente per la fierezza dei loro costumi. Onde Orazio:
Visam Britannos hospitibus feros, |
e Giovenale:
Qua nec terribiles Cimbri nec Britones unquam |
Ultimi dice il poeta i Britanni, perchè da tutto l’orbe divisi, come s’esprime Virgilio:
Et penitus toto divisos orbe Britannos, |
e similmente Orazio:
Serves iturum Cæsarem in ultimos |
Si osservi con che ironica amplificazione ha descritto il poeta i viaggi che Furio ed Aurelio sarebbero disposti ad intraprendere, a spese di lui già s’intende, e con che amara serietà li incarica del non molto nobile ufficio di mezzani.
Non è più leggerezza, volubilità di carattere, mobilità di capriccio, che fa mutar Lesbia di amanti; è libidine cieca ed insaziata, è febbre, furore, manìa: non ama più nessuno, ma tutti stanca, affatica, fa morire di dispetto e di sfinimento. Il poeta rifugge da questo abietto spettacolo, ma non può staccarsi per sempre da quella donna senza sospirare anco una volta al suo povero amore.
Pag. 228. Qui illius culpa cecidit, veluti prati
Ultimi flos, prætereunte postquam
Tactus aratro est.
E come fiore toccato dall’aratro, languirà la vita del nostro infelice Catullo. Per certe anime l’amore è necessario quanto l’aria che si respira: mancata l’aria, manca la vita:
E a me, se voto di mortale accogli, |