Cara Speranza/Una Vocazione

Una Vocazione

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Silenzi d'Amore Racconto alla vecchia maniera
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UNA VOCAZIONE.

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— Cosa volete? È una necessità... disse il signor Cantinelli avviandosi verso l’uscio, con un sorriso un po’ forzato, sul viso giallastro. Il Signore m’ha tolta troppo presto la vostra povera mamma... Cosa fare? Cosa fare?

Le due ragazze erano sedute una in faccia all’altra, nel vano della finestra, ai due lati d’un gran telaio sul quale era stesa una stoffa di seta bianca, destinata a diventare, quando il ricamo fosse finito, uno stendardo da portare in processione per la festa della Madonna del rosario. [p. 168 modifica]

Non alzarono gli occhi dal lavoro, e non risposero.

Il signor Cantinelli stette un momento esitante tra il parlare ancora e l’andarsene. Aveva detto quanto doveva dire; la nuova ufficiale del suo secondo matrimonio. Ma quel silenzio, quella freddezza delle sue figliole, lo lasciavano scontento. Era buono; avrebbe voluto vedere tutti soddisfatti. E d’altra parte, non poteva nè voleva rinunciare alle seconde nozze. Cercò di strappare una parola d’approvazione alle ragazze dicendo:

— Il Signore ha stabilito così, e sia fatta la sua volontà, nevvero figliuole?

— Tu sai quel che fai babbo... rispose la Bianca in fretta, senza guardarlo.

La Paola non rispose affatto.

Allora il signor Cantinelli insinuò la [p. 169 modifica]sua persona piccola, ossuta e magra, traverso l’uscio socchiuso, e, sempre con quel risolino compunto sul largo viso incorniciato dai capelli e dalle basette biondiccie, richiuse l’uscio pian piano, e senza rumore.

Quando fu scomparso, le ragazze affrettarono i punti al ricamo, vergognose di quell’idea che stava fra loro, sentendosi offese nel loro pudore delicato di giovinette, e non osando parlarne.

— Dammi il filo d’oro, disse dopo un tratto la Bianca, questo contorno deve riuscire bellissimo.

E guardava attentamente il ricamo, come se da un pezzo non avesse pensato ad altro, ed il discorso di suo padre non l’avesse menomamente distratta da quel pensiero.

— Il filo d’oro è nell’armadio, della nostra camera, rispose la Paola. [p. 170 modifica]

Poi, tirando l’ago in fretta e senza guardare sua sorella soggiunse:

— La nostra povera camera che dobbiamo abbandonare.

Le tremava la voce ed era tutta convulsa.

La Bianca arrossì vivamente, ma non rispose, e non si mosse per andare a prendere il filo d’oro. L’aveva domandato per dir qualche cosa, ma non le occorreva.

Intanto la Paola diventava più agitata. Le tremava la mano, ed il respiro le si faceva corto ed affannoso. Sentiva il bisogno di sfogare l’amarezza che le si accumulava in cuore di minuto in minuto.

Quella nuova inaspettata, impreveduta affatto, l’aveva ferita aspramente nel suo amor proprio di donna di casa, e più che tutto, nel suo pudore verginale. [p. 171 modifica]

— È crudele, disse fremendo, essere scacciate dalla nostra camera. E perchè? Da tre anni che dirigo io la casa, ho sempre bastato a tutto, e non ha mai dovuto farmi rimproveri, mi pare.

Parlava di suo padre, ma in quel momento non voleva nominarlo.

— Dobbiamo rassegnarci, rispose la Bianca in tono conciliante, e sempre cogli occhi bassi. Dacchè non c’è un’altra camera abbastanza vasta...

— Ma che bisogno c’era della camera vasta... e del resto? esclamò con impeto la Paola, rizzandosi tutta nervosa, ed andando a parlare ai vetri della finestra. Non si stava bene tra noi? Che bisogno c’era?...

— Forse al babbo riesciva d’imbarazzo l’accompagnarci, il vegliare su noi... Bisogna aver pazienza... sug[p. 172 modifica]gerì la Bianca, che, sebbene più giovine di sua sorella, era più positiva, e meno facile ad eccitarsi.

— Ma che! Ma che! Io ho ventidue anni, mi so custodire da me, e tu pure; ed usciamo così poco che non può dargli fastidio l’accompagnarci; in casa non vien mai nessuno...

— Sentiva troppo la perdita della povera mamma, ritornò a dire la Bianca. Aveva bisogno d’una compagna anche lui...

— Stai zitta! Stai zitta! gridò la Paola febbrilmente, turandosi le orecchie. Certe cose mi fanno vergogna. La sua compagna l’ha avuta. Dio gliel’ha tolta; è una disgrazia; ma non ha diritto lui di trovarsene un’altra. L’amore il matrimonio, devono legare per sempre, per questa vita e per l’altra.

— Sai; ciascuno ha il suo modo di [p. 173 modifica]sentire... Ora il babbo ha un’altra affezione...

— Oh! alla sua età! Un padre di famiglia... pensa!

E la Paola si pose a ravviare con una fretta convulsa le sete sparse sul telaio; poi se lo caricò sulle spalle per andarlo a riporre borbottando:

— Ah! povera mamma! povera mamma! Chi muor muore, e chi vive si fa core!

La Bianca le andò dietro nella famosa camera che dovevano abbandonare, e quando il telaio fu appeso al chiodo in fondo ad un grande armadio, abbracciò, per di dietro, le spalle della sua sorella maggiore, e posandole la guancia sulle treccie per non incontrare il suo sguardo durante quel discorso imbarazzante, le susurrò:

— Cerchiamo di prendere la cosa in [p. 174 modifica]buona parte, Paola. È il nostro babbo, ed è buono; non tocca a noi di giudicarlo.

— Io non posso a meno di soffrire; farò male, me ne confesserò; non so che farci; c’è qualche cosa dentro di me che s’offende, mi vergogno;... Non so... Al solo pensarci mi vengono le fiamme al viso.

E con un gesto di ripugnanza esclamò:

— Oh! alla loro età!

— Ma via! Sei un’esagerata! Una sensitiva! Lei ha dieci o dodici anni più di te; non è vecchia. Non sarà una matrigna. Saremo tre sorelle invece di due...

— Che! tre sorelle! ribattè la Paola crollando le spalle. Prima di tutto, non è già più giovane se ha dodici anni più di me. E poi... poi... Tu non pensi alle conseguenze... [p. 175 modifica]

E non osò dir altro. Arrossirono tutte e due senza guardarsi, come avrebbero fatto dinanzi ad un’immagine troppo nuda.



Il signor Cantinelli era molto devoto; frequentava la chiesa ed i sacramenti, mangiava di magro il venerdì ed il sabato, non lavorava mai la domenica nè le altre feste comandate, a costo di morir di noia, ed era in buona fede.

Aveva ereditato da suo padre un patrimonio meschino, ed un’intelligenza, ancor più meschina del patrimonio.

Aveva tentato di studiare per ottenere un grado accademico, ma non era riuscito. S’era voluto avviarlo al commercio; ma aveva manifestato, alle prime prove, un’assoluta incapacità.

S’era dunque accontentato d’un im[p. 176 modifica]piego modesto in una banca, dove la sua grande onestà gli faceva perdonare di non avere altri meriti.

Da buon cristiano però egli s’appagava del suo stato; era umile, non aveva ambizioni. Era stato buon marito, ed era buon padre, affettuoso, carezzevole, perfino sdolcinato; incapace del menomo atto violento, e neppure d’alzare la voce.

Badava a fare il suo dovere, come l’intendeva lui, da galantuomo e da buon cristiano, ed era sempre contento.

Non desiderava la roba d’altri, e, finchè aveva avuto la moglie, e finchè gli era durato il dolore d’averla perduta, non aveva mai desiderata neppure la donna d’altri.

Appena rimasto vedovo aveva ritirate le sue figliole dal convento, aveva ceduto a loro la camera nuziale coi due [p. 177 modifica]lettini gemelli, ed era andato a dormire nella cameretta, dove stavano le fanciulle quand’erano piccine.

La Paola aveva assunto il governo della casa che disimpegnava benissimo, mettendo in ogni cosa la raffinatezza, l’eleganza, l’idealismo che erano nella sua natura.

E, tra il lavoro, le preghiere, le pratiche religiose e le carezze che prodigava alle figliole, quel buon uomo, tutto tenerume, credeva di poter durare tutta la vita.

Ma aveva poco più di cinquant’anni; era vegeto, tranquillo; ed un bel giorno s’avvide che il desiderio peccaminoso della donna d’altri, o almeno della donna non sua, cominciava a spuntargli nel cuore.

Se fosse stato prete o frate, nella sua grande onestà avrebbe ricorso ai cilici, [p. 178 modifica]alle macerazioni, magari alla disciplina, e, di certo non avrebbe trasgredito il suo dovere.

Ma, dacchè non aveva fatto dei voti, e gli era possibile di conciliare i suoi desideri col suo dovere, di farsi anzi un dovere di quanto ora lo turbava come una tentazione, non gli parve vero di mettersi d’accordo colla santa madre chiesa e con sè stesso, aggiungendo un nuovo piacere alla sua vita da cuor contento.

Sicuro della santità delle sue idee, si mise ad adocchiare le donne che incontrava, specialmente all’uscire dalla chiesa, per esser certo d’imbattersi in una sposa timorata di Dio; e non tardò ad accorgersi che una donnetta, belloccia, piccolina e grassa, faceva accelerare le pulsazioni del suo cuore, ogni volta che lo sfiorava col vestito passando, o che fer[p. 179 modifica]mava a caso gli occhi chiari da bionda, nei suoi.

Le tenne dietro; seppe chi era, e dove abitava, e che era vedova, senza prole. Le espose nei termini più onesti la sua domanda, che venne accettata; e, colla coscienza tranquilla ed il cuore giubilante, andò ad annunciare alle sue figliole la nuova de’ suoi serotini amori.

Aveva cominciato la confidenza abbracciandole, accarezzandole, vezzeggiandole, com’era sua abitudine. Ma il rossore, la confusione di loro a quella rivelazione, lo avevano imbarazzato; e se ne era andato via un po’ impensierito, non potendo capire come mai un fatto legittimo e santo, come il settimo sacramento, potesse offendere chicchessia.

Non erano coniugi sant’Anna e san Gioachino, san Giuseppe e la Madonna...? [p. 180 modifica]

Anche la prima moglie del signor Cantinelli era stata allevata religiosamente, e, vivendo con quel divoto convinto, era diventata divota, ed aveva inculcati gli stessi sentimenti alle sue figliole.

Queste non avevano un vero fervore religioso. Avevano accolti sentimenti e credenze, senza discuterli, e come cose indiscutibili. Non provavano gran dolcezza nelle preghiere, nè estasi nella meditazione; non si commovevano alla confessione nè alla comunione; ma avrebbero creduto di commettere un'enormità trascurando quei sacramenti, o perdendo la messa una domenica.

La Bianca, di carattere sereno e calmo come suo padre, di mente ristretta, punto fantastica, metteva d'accordo le pratiche religiose e la vita di famiglia, pensava che [p. 181 modifica]un giorno o l’altro la domanderebbero in moglie, si mariterebbe, avrebbe dei figlioli da allevare; ed aspettava tranquillamente quell’avvenire che le sorrideva.

La Paola, invece, aveva un ideale poetico, mezzo uomo e mezzo angelo; pensava all’amore come ad una musica serafica, ad un vincolo misterioso, solenne ed eterno; il matrimonio se lo figurava “il traversare la vita tenendosi per mano„. Era per lei il colmo della poesia, un quadro di bellezza, di gioventù, di luce e d’azzurro.

Nessuno le mostrava mai la parte vera e positiva dell'esistenza nel matrimonio. Sua sorella, meno idealista, la vedeva da sè. Ma lei avrebbe avuto bisogno di un correttivo alla mente troppo immaginosa ed alla sua sensibilità eccessiva.

E questo correttivo non lo trovava di certo nell’ambiente in cui viveva. Il [p. 182 modifica]riserbo della vita monastica, nel convento, aveva anzi aumentata la sua suscettibilità. La menoma parola meno che pura, o che lei credesse tale, la faceva arrossire. Se stava cucendo una camicia, quando entrava qualcuno, la nascondeva in fretta come una cosa indecente, e per quanto poteva, evitava persino di nominarla.

In casa loro non c'erano quadri nè statue profane. Nell’entrata c’era una nicchia con una statua della Madonna dinanzi alla quale ardeva sempre un lumicino. Nella camera delle ragazze c'era un’altra madonnina di gesso. Un bambino Gesù di cera, che riposava da anni ed anni sotto una campana di vetro nel salotto, era stato pudicamente vestito di una tunichina di seta bianca, che il tempo aveva ingiallita; e le ragazze l’avevano veduto sempre così. [p. 183 modifica]

Non erano mai state in una pinacoteca, nè ad una esposizione artistica; e, persino in istrada, il signor Cantinelli studiava dei giri viziosi per non farle passare dinanzi ai monumenti, dove avrebbero potuto vedere qualche figura di donna col petto scoperto o qualche puttino nudo.

Avevano letti i romanzi della contessa di Segur, della signora Fleuriot, del padre Bresciani, ed altri dello stesso genere. Ma questi appunto avevano fomentate le aspirazioni idealiste della Paola, che, nelle coppie di sposi, voleva vedere soltanto dei Malek Hadel e delle Matilde.

In tanta purezza d’azzurro, quel matrimonio d’un uomo vecchio con una donna matura, quel discorso del cambiamento di camera per cedere a loro la camera comune coi due letti gemelli, [p. 184 modifica]suscitò tutte le ripugnanze della poetica Paola.

L’amore vecchio, che s’adagiava senza riserbo dov’era passato un altro amore giovine e pieno delle ingenuità e dei rossori dei primi sentimenti, offendeva la sua delicatezza di fanciulla, la metteva nell’imbarazzo, come se avesse commessa lei un’azione sconveniente.

Il signor Cantinelli presentò le sue figlie alla sposa in una visita di cerimonia, nella quale si contenne con un grande riserbo; e poi affrettò le nozze per uscire da quella situazione difficile.

Fece colla sposa un brevissimo viaggio di nozze, perchè i suoi mezzi e l’impiego non gli permettevano di prolungarlo e perchè, come padre affettuoso e compreso del suo dovere, non voleva lasciar lungamente due giovinette sole.

E dopo otto giorni tornò a custodirle, [p. 185 modifica]offrendo agli occhi modesti delle due fanciulle, pei quali s’era messa una camicia al bambino Gesù, lo spettacolo della sua luna di miele; certi baci e certe occhiate da fare arrossire la Vergine di gesso nella sua nicchia.

Faceva il suo dovere di sposo cristiano amando la sposa che Dio gli aveva concessa; e, del resto, era carezzevole per natura, baciucchiava la moglie come baciucchiava le figlie; di atti scandalosi non sarebbe stato capace di commetterne; e la sua coscienza non gli rimproverava nulla.

Infatti la Bianca non ci vedeva alcun male.

Quando sua sorella usciva dal salotto tutta rossa ed indignata, spingendosi indietro l’uscio, per isfuggire la vista di quelle carezze, lei la seguiva e le diceva: [p. 186 modifica]

— Ma perchè ti agiti a questo modo, Paola? Non vuoi che il babbo voglia bene alla sua sposa? È la religione stessa che comanda agli sposi d’amarsi.

La Paola non rispondeva, come non aveva parlato neppur prima. Non si rendeva ragione della ripugnanza che provava. Non faceva un torto a suo padre della sua tenerezza. Ma sentiva che ognuna di quelle carezze distruggeva una sua illusione; le faceva vedere vecchio, brutto, materiale, l’amore che lei aveva collocato in alto, sulle nuvole, puro e bello come una visione di cielo; profanava il suo idolo.

La Bianca la capiva in parte, ma non poteva ragionarla molto. Era un argomento troppo scabroso per loro. Tutt’al più le diceva:

— Tu hai troppa poesia in testa. Ti figuri che tutti abbiamo le tue [p. 187 modifica]delicatezze. Invece il mondo è differente; e bisogna pigliarlo com’è. Se vorrai maritarti, mia cara, ti ci dovrai avvezzare.

— No, è impossibile, diceva la Paola, se il matrimonio è così non ne voglio sapere.

— Ma come vuoi che sia? insisteva la Bianca, vincendo un poco l’usato riserbo del loro parlare, per dare un poco d’ilarità alla sorella troppo ideale. Vuoi che due sposi stiano a guardarsi da lontano come due papi di gesso? Se si fanno qualche carezza, non ci vedo nulla di male.

La Paola crollava le spalle e stava zitta. Infatti non avrebbe potuto dire che ci vedesse del male neppur lei.

Ma non trovava più bello il matrimonio, dacchè lo vedeva così, e si sentiva profondamente delusa, e soffriva della sua delusione, e non sapeva più cosa [p. 188 modifica]desiderare nè cosa sperare, dacchè il suo sogno era svanito.

A forza di isolarla in un ambiente di purezza ideale, di parlarle col frasario convenzionale inventato per le ingenue, di accarezzare il suo pudore esagerato e ritroso da sensitiva, l’avevano lasciato esaltare fino alla mania.

Co’ suoi ventidue anni e la sua intelligenza, non poteva serbare l’indifferenza e la fede d’un’ingenua; capiva che fin allora s’era ingannata; si sentiva fuori dalla normalità; ma non poteva vincere le sue impressioni, la sua delicatezza nervosa, e soffriva, piangeva, si eccitava.

Dopo alcuni mesi la sposa cominciò ad abbandonarsi sulle poltrone in abito discinto, e lo sposo, più tenero verso [p. 189 modifica]di lei, parlava tutto ringalluzzito, di “quello che verrà,„ della culla, dell’allattamento.

Erano discorsi nuovi in quella casa, dove era molto se, arrossendo e chinando gli occhi, si diceva che “una tale signora aveva comperato un figliolo„.

La Paola aveva finito per isolarsi quanto era possibile, nella sua cameretta.

Lavorava e pregava in silenzio, teneva sempre gli occhi bassi, ed a poco a poco, la sua ritrosia sempre allarmata, le aveva dato un aspetto rigido.

Un giorno il signor Cantinelli la prese a parte e le disse:

— Sai, figliola mia, che t’avvicini ai ventitre anni? Non è per dire che invecchi, gioia mia, ma perchè è tempo di darti marito. Sono certo che lo desideri. [p. 190 modifica]

— No, no, no! esclamò arrossendo la Paola.

— Via! tutte le ragazze dicono così. Ma quando lo trovano sono contentone. E tu l’hai trovato.

— Non m’importa: Non lo voglio...

— Ma, no, bimba mia. Non far la ritrosa. Credi che io non abbia capito che tu ci pativi a veder me e la Rosa che ci vogliamo bene? Ho visto che avevi spesso gli occhi rossi, specialmente dacchè abbiamo delle speranze... Si sa, una ragazza alla tua età, desidera d’andare a posto anche lei, e la vista della felicità degli altri aumenta la sua impazienza...

— Babbo. Ti giuro che non desidero di maritarmi. Voglio farmi monaca... esclamò la Paola tutta nervosa.

— Non hai mai manifestata questa vocazione, Paola cara. È mio dovere di [p. 191 modifica]esortarti a pensarci seriamente. Darsi al Signore è una buona, una santa cosa; ma bisogna averne la vocazione; ed io credo d’aver osservato che tu hai delle altre aspirazioni...

— Nessun’aspirazione. Hai osservato male, interruppe aspramente la Paola. Voglio farmi monaca. È un pezzo che ci penso...

— Ma senti, almeno, quanto volevo dirti. È il nostro fabbriciere della parrocchia che m’ha parlato d’un buon partito per te...

— Oh Dio! No no! Com’è possibile sposare uno che non si conosce? No. Voglio farmi monaca. Digli di no. Nè lui, nè nessuno. Odio questi matrimoni...

— Ebbene, insistè il padre, aspetta ancora. Ne troverai uno ti tuo gusto. Ma intanto questo dovresti vederlo. È un’ottima persona, timorata di Dio, ed [p. 192 modifica]un bell’uomo. Un po’ maturo, ma ancora vegeto...

Queste ultime parole misero addirittura in convulsione la povera sensitiva, che si nascose il volto gridando di no, che non voleva saperne, che aveva una assoluta ripugnanza pel matrimonio, che si sentiva una gran vocazione per la vita monastica, che voleva cominciare il noviziato, subito, subito...

In un’altra famiglia quella vocazione senza fervore religioso, improvvisa e tenace, avrebbe inspirato delle diffidenze, e spinto il padre ad indagarne il movente.

Ma in casa Cantinelli, si diceva con convinzione che “darsi al Signore è una santa cosa quando si ha la vocazione„; e, dacchè la fanciulla affermava d’averla, il padre devoto avrebbe creduto d’andar contro il volere di Dio, ostinandosi a contrariarla. [p. 193 modifica]

Una volta presa quella risoluzione, la Paola affrettò le cose, e riesci ad entrare in convento prima che la sua matrigna partorisse.

L’idea di trovarsi in casa in quel momento le dava i brividi.

La Bianca non poteva consolarsi della lontananza di sua sorella. Tanto più che la Paola, a misura che s’era abbandonata a’ suoi scrupoli, s’era andata separando moralmente da lei, come se le facesse un torto d’accettare quello stato di cose che le pareva scandaloso.

Nel suo isolamento la povera Bianca sentiva il bisogno di qualcuno da amare e da proteggere, come aveva fatto colla sua sorella maggiore.

A poco a poco si venne affezionando alla matrigna, che era buona e che aveva bisogno d’assistenza. E quando, due mesi dopo, la sposa la fece chiamare nella sua [p. 194 modifica]camera una mattina, e le presentò un visino violaceo di bimbo, tutto contornato di fasce e di trine, con due piccoli pugni stretti che si agitavano inconscientemente fuori dalle fascie, si sentì tutta intenerita, e pianse di commozione baciando quel nuovo fratello.

Il giorno stesso scrisse alla Paola:

“Rinuncia all’idea di abbandonarci per sempre. Torna fra noi. Dio ci ha mandato un fratellino, piccino e bello come il bambino Gesù. Me lo lasciano tenere a battesimo da me. Ma se tu vieni ti cederò questa gioia, e lo chiameremo Paolo, e sarà il tuo fratellino. Quando il Signore ne manderà un altro quello sarà il mio...„

La rigida novizia strappò la lettera, e rispose che era più ferma che mai nel suo proposito di farsi monaca.

Infatti, otto mesi dopo pronunciò i voti. [p. 195 modifica]


Col volto pallido, gli occhi sempre bassi, l’aspetto rigido, suora Paola Immacolata è ora la monaca più fredda e severa del convento.

Le educande tremano dinanzi a lei, che aspra, nervosa, eccitabile, aggrava tutte le mancanze e le punisce con un rigore eccessivo ed inesorabile.

Quando il signor Cantinelli va a farle una visita traverso la grata del parlatorio, e la trova gelida, indifferente, completamente staccata da lui, dalla Bianca, e che non parla mai dei nuovi fratellini che non vide neppure, torna a casa dicendo:

— Era una vera vocazione. Il suo cuore era tutto per Dio e per la religione. Non ha altri amori. Era una vera vocazione.

La Bianca è la sola che, nella sua [p. 196 modifica]semplice bontà, vede qualche cosa di anormale che non capisce, ma sente, nell’anima di sua sorella; e dice crollando il capo:

— Chissà! Forse se fosse stata allevata diversamente...