Busto Arsizio - Notizie storico statistiche/Parte I/XVI

Cap. XVI

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XVI.


Primo passo della nostra rigenerazione (1848) — Epidemia (1852) —
Cholera morbus (1854-55) — Guerra dell'indipendenza (1859) —
Prima festa dello Statuto nel 1860.


Anche i Bustesi fin dal bel principio del 1848 presero parte alle dimostrazioni patriotiche contro lo straniero, astenendosi, per esempio, ad imitazione de'cittadini, dal fumare sigari nell'intento di pregiudicare le finanze dello Stato.

Giunta quindi nel borgo la notizia della rivoluzione scoppiata in Milano il 18 di marzo, alcuni Bustesi, quasi [p. 114 modifica]memori di quanto avevano operato i loro antenati nella battaglia di Legnano, impugnarono pieni d'entusiasmo le armi, corsero fin sotto le mura della metropoli, e furono tra i primi ad entrare in castello abbandonato dagli Austriaci.

D'altra parte il conte Francesco Arese, di carattere schietto ed energico, recavasi intanto a Torino a sollecitare pe'i sollevati l'ajuto dell'esercito regio, e il giorno 20 ne vedeva sfilare una brigata nella piazza Castello in mezzo agli applausi del popolo piemontese e prender la via per le frontiere. Corse allora il conte a Novara per recare a suoi concittadini il grato annunzio; ma saputo esser chiuse le porte di Milano, e l'ingresso resovi quasi impossibile pe'l blocco degli Austriaci, postosi a capo di una colonna di volontarj piemontesi e lombardi, passò presso Oleggio il Ticino, e per Busto1 e la Castellanza si diresse armato su la città.

Ma in tanta copia di storie contemporanee credo vano ripetere i fatti di quel primo passo della nostra rigenerazione, e però mi ristringo a ricordar que' soli che, a compimento del presente lavoro, riguardano il nostro borgo.

Reduce l'esercito piemontese dai cruenti campi di Custoza (1848, 5 di luglio), dopo una lotta gloriosa, sebene infelice, di quattro mesi, la Lombardia ricadde un'altra volta sotto il governo austriaco. Allora cominciarono le vessazioni contro chi aveva spiegato maggior fermezza di opposizione. Busto fu occupato militarmente due volte con miccia accesa. La prima occupazione fu eseguita con molta cautela, anzi con paura; la seconda [p. 115 modifica]avvenuta il 30 di settembre fu aggravata dallo stretto assedio dalle 6 antimeridiane fino al mezzodì. Li Austriaci avevano per fine l'arresto di varie persone in voce d'autori o d'istigatori di rivolta, e l'investigazione di magazini d'armi. Furono inquisiti il dottor Donato Travelli, Pietro Pagani, Pietro Tosi ed il sac. Luigi Falciola, ecc.2. Il colonnello ungherese Schantz, uomo cortese e di buon cuore, s'accorse tosto della falsa deposizione che aveva attirato sopra il borgo quel nucleo di milizie in numero di tre mila tra cavalli e fanti con sei cannoni, oltre molti gendarmi e i due poliziotti Garimberti, padre e figlio.

Spedì in quello stesso giorno avviso al generalissimo Radetzky, di cui ecco in succinto la risposta. Primo, rovistasse tutto il paese casa per casa se v'erano armi; secondo, non trovatele, rimettesse in libertà i prigionieri, e desistesse (ciò che il colonnello aveva già fatto) dal compire l'arresto di trenta e più individui che erano in nota. V'ebbe un fatto unico di armi rinvenute, e fu in casa del sac. don Paolo Bonomi. Il suo arresto, la minacciatagli imminente fucilazione, indi la prigionia di due mesi in castello finirono con la totale sua liberazione, essendo scusato per pazzo3.

Nel 1849 prima della guerra rinovata dal Piemonte contro l'Austria, questa vedendo minacciata l'integrità dell'impero, non sapeva più a qual mezzo ricorrere per far raccolta di nuove milizie. Le autorità [p. 116 modifica]governative si rivolsero al clero, perchè eccitasse i giovani di varie provincie dell'impero e segnatamente quelle della Stiria a farsi gregarj dell'esercito, promettendo loro, a simiglianza di quanto operarono li antichi conquistatori, una lauta messe su le sustanze de'vinti. E perciò li Stiriani, uomini superbi di sè stessi, chiamati per antonomasia i cappellit dalla foggia onde coprivano il capo, allorchè passarono per Busto, s'astennero dal recarvi danno, ma ebbero a dire: Bustesi, i vostri terreni e le vostre case sono state promesse a noi in ricompensa: l'imperatore lo ha detto. Fatale promessa! perchè il 23 di marzo di quell'anno stesso dovettero far terribile prova di sè nel combattimento alla Bicocca, dove i loro cadaveri copersero una via profonda, ammucchiati come fascine di legna rovesciate da un carro. Tanto spazzo di gente fece la scheggia di ben appostato cannone! Quel luogo fu da'Piemontesi quattro volte preso e altretante perduto, finchè l'arrivo del principal corpo nemico decise la sorte dell'armi, e l'esercito sardo si ritirò sotto le mura di Novara, dove toccò il noto disastro, e caddero da eroi i generali Perrone e Passalacqua.

Il re Carlo Alberto inviò allora al Feld-Maresciallo Radetzky il generale Cossato, affine di ottenere un armistizio. Tornato questi la sera stessa di quel giorno apportatore di condizioni incompatibili, il re convocò un consiglio di guerra, pe'l quale si convinse essere impossibile riprendere le ostilità ed opporsi efficacemente al nemico. Udito adunque il parere del consiglio, così parlò: — “Ho sempre fatto ogni possibile sforzo da 48 anni a questa parte per il vantaggio dei popoli; mi è dolorosissimo vedere le mie speranze fallite, non tanto per me, quanto per il paese; non ho potuto trovare la morte su'l campo di battaglia, come l'avrei [p. 117 modifica]desiderata; forse la mia persona è ora il solo ostacolo ad ottenere dal nemico una equa convenzione; e siccome non vi è più mezzo di continuare le ostilità, io abdico in quest'istante la corona a favore del mio figlio Vittorio, nella lusinga che, rinovando le trattative con Radetzky, il nuovo re possa ottenere migliori patti e procurare al paese una pace vantaggiosa. Ecco ora il vostro re!„ disse, indicando il duca di Savoja4.

La servitù politica della Lombardia era così di bel nuovo decisa; nè per un lustro appresso mai le sorrise speranza di migliori destini. Io però, fedele al propostomi disegno, m'affretto se ben con dolore a ripigliare il modesto racconto de'fatti di Busto, perocchè qui pure m'è d'uopo ragionar di sventure.

La prima metà del 1852 fu per Busto e le circostanti terre molto asciutta e secca. Il giorno 26 di luglio, successo ad un'abondantissima pioggia, il dottor Ercole Ferrario fu chiamato a veder sette ammalati, che presentavano identici sintomi di morbo epidemico e nel 27 otto altri. Il numero degli affetti s'accrebbe fino al 10 di settembre, essendo pervenuti in questo giorno a settantasei. Da quel dì non vi furono nuovi casi fino al prossimo 27 in cui infermossi ancor uno. Altri sei dal 28 di settembre al 4 di ottobre, il Ferrario considera siccome li ultimi, da poichè ne'malati che sorvennero non si ebbero più i sintomi che distinguevano quella malatia. Il morbo da prima attaccò quasi solo persone dai 20 ai 32 anni, e, salvo rare eccezioni, sani per lo innanzi e assai robusti; poscia assalì anche garzonotti d'ogni tempra e stato di salute, indi giovinetti e ragazzi, [p. 118 modifica]e in fine individui d'età matura dai 35 ai 50 anni: due soli fra li attaccati erano oltre i 60 anni. Maggior fu il numero dei malati fra li uomini che fra 1e donne, delle quali non risparmiò nè le gravide, nè le lattanti. Quanto alle professioni percosse indistintamente agricultori, tessitori, artigiani ed agiati. Ma se non guardò alle condizioni personali, parve prediligesse certe località; così, per atto d'esempio, fece strage in Savico5.

Fu osservato che malatie di questo genere molto simili alla ricordata sotto il 1587, si manifestano presso di noi al rinovarsi delle alterazioni atmosferiche, e segnatamente quando l'aria durata a lungo asciutta si muta quasi d'un tratto per abondante pioggia in umida e fredda.

Il cholera del 1854 colpì in Busto 96 persone, tra cui si ebbero 18 guariti e 78 morti. Quello dell'anno successivo infierì assai più, e sopra una popolazione di 12,120 anime presentò 221 casi, 90 guarigioni e 131 morti. Il primo ad essere colpito fu un certo Pietro Candiani d'anni 17 già calzolajo, ed in allora girovago venditore di gelati. Dopo avere imperversato per più di otto giorni nelle cascine, il morbo asiatico si sviluppò a poco a poco anche nel paese ora in questo, ora in quel quartiere fino a che divenne generale6.

Le speranze d'Italia, ridestatesi allorchè il Piemonte [p. 119 modifica]prese parte alla guerra di Crimea, furono suggellate con la lega da esso stretta con Francia.

Incominciata nel 1859 la guerra dell'indipendenza, non passarono presso Busto truppe di sorta, salvo una colonna dell'Urban forte di 4000 soldati avviati a Varese per combattere il Garibaldi. Alcuni cacciatori Tirolesi entrarono nel nostro borgo per farvi raccolta di pane, carne e vino, ma sproveduti di denaro e con la sola carta di bono. Per avventura in quell'istante sonavan le campane a Benedizione e que'difidenti, appuntate le armi, arrestarono tre curiosi conducendoli seco a Varese e di poi a Verona. Di ritorno da Varese, l'Urban entrò in Busto il 4 di giugno verso le ore 5 pomeridiane con più di 3000 uomini, mettendo in forte apprensione li abitanti.

Erano que'soldati tutti stanchi ed affamati, cercavano i Francesi con la punta delle baionette fin ne'pagliaricci delle spose: si attendarono tutti fuori delle mura, e misero a contributo il borgo d'ogni oggetto loro occorrente per vivere. Conducevano seco quattro prigionieri civili, de'carri e la cassa di guerra. La matina della domenica, mentre la più parte degli Austriaci dormiva, era desto un prigioniere di Varese accusato d'aver occiso un gendarme nelle cinque giornate di Milano. Il sac. Luigi Falciola con tre altri borghigiani gli accennavano di scendere dal veicolo su cui stava e avvicinarsi a loro, risoluti di salvarlo. Non si potè ottenere, perocchè il pover'uomo, se bene tenesse aperti li occhi, era forse il più istupidito ne'sensi. Verso le quattro pomeridiane per l'improvisa partenza di tutte le milizie alla volta di Castellanza e Legnano, Busto era libero. Vuoi che venisse loro il segno dalle sentinelle appostate coi cannocchiali su'l campanile, vuoi che i militi a piedi e a cavallo di varie uniformi transitanti pe'l borgo [p. 120 modifica] annunziassero una disfatta o vero ordini superiori officiali; comunque sia, il fatto era che i Franco-Sardi avevano messo in fuga il nemico a Magenta, rimanendo 15,000 Austriaci fuori di combattimento, e 5000 prigionieri.

Le campane, fatte legare il giorno prima dall'atterrito Urban, furon sciolte di bel nuovo; e un drappello di cavalleria proveniente da Verghera attraversò Busto quietissimo qual retroguardia del fiero duce, su le cui orme s'incamminava per riparare al quadrilatero. L'ultima visita degli Austriaci ai Bustesi fu il successivo lunedì, quando l'Urban, stanziato forse per subitaneo contrordine fra le campagne di Castellanza e Legnano, mandò soldati fra loro a far nuova provigione di cibi e di vino.

Al nuovo stato di cose tenne dietro un sensibile rialzo nel prezzo de'comestibili. Questo fu causa che nell'agosto del 1859 alcuni tessitori del borgo, ad imitazione di altri industriali del Milanese, cercassero un aumento al loro stipendio, spingendo i loro reclami fino a trascendere ad atti d'insubordinazione e di violenza nel vicino villaggio della Castellanza, dove si recarono a suon di tamburo e a bandiera spiegata. Un'altra dimostrazione più pacifica e in via legale era già accaduta nel 1854 per li stessi motivi.

È per sè chiaro che al leale conservatore delle libere istituzioni, e fautore del progressivo loro sviluppo, deve la nazione una perpetua riconoscenza. Perciò i Bustesi, in memoria delle proclamate guarentigie dei diritti civili e politici degli Italiani, vollero che alla Piazza altre volte detta del Conte o degli Offici fosse imposto l'augusto nome di Vittorio Emanuele. Interprete di questi sensi sta ora su la parete esterna della sede [p. 121 modifica]de’ publici offici un’iscrizione in pietra del tenore che segue:

A RICORDANZA PERENNE
DEL GIORNO XIII MAGGIO MDCCCLX
NEL QUALE PER LA PRIMA VOLTA XI MILIONI
DI LIBERI ITALIANI
PER VALORE CONCORDIA E CIVILE SAPIENZA
IN UN UNICO STATO FELICEMENTE RIUNITI
SI FESTEGGIAVA LO STATUTO
PALLADIO DI LIBERTA’, VESSILLO D'INDIPENDENZA
PEGNO DI RISCATTO AGLI ALTRI FRATELLI
IL COMMUNE DI BUSTO ARSIZIO
LA GIA’ PIAZZA DEGLI OFFICI CHIAMANDO
DEL NOME VENERATO E CARO DI VITTORIO EMANUELE
CHE ORMAI TUTTA ITALIA SALUTA SUO RE
QUESTO MONUMENTO DECRETAVA.

Note

  1. Vedi Milano e i Principi di Savoja di Antonio Casati, pagina 155. Torino, 1853.
  2. Questi fu in tempo a sottrarsi con la fuga lasciando così al ricercatore di polizia il solo letto caldo; sicchè il Commissario Garimberti diceva: Oh lo troveremo noi!
  3. A ciò potè dare appiglio l'inconsiderato contegno del Bonomi nel nascondere le armi, poichè, collocatele in un canale di tetto, esse furono tosto vedute dalle scolte che appostate su le prossime alture e sui campanili stavano coi loro cannocchiali esplorando il borgo.
  4. Vedi Notizie su la vita di Carlo Alberto, del Conte Senator Luigi Cibrario, ministro di Stato, a pag. 134.
  5. La ricerca della causa del morbo, il metodo della cura e le norme che al verificarsi di consimili casi valgano a sviarne il pernicioso effetto, si possono leggere nella Relazione di un'epidemia che si osservò in Busto Arsizio nel 1852 dal testé nominato dottor fisico, inserta negli Annali Universali di Medicina (genajo del 1853).
  6. Era direttore dell'ospitale il dottor fisico Angelo Lualdi che vi era stato nominato fin dal 1852. Continuò in tale carica con molto zelo ed intelligenza per otto anni consecutivi.