Breve dissertazione contra gli errori de moderni increduli/Parte Seconda/Capitolo 2
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CAP. II.
Della Divinità delle Sacre Scritture.
Non l’hanno certamente i Gentili, presso i quali (come abbiam veduto) appena v’è restata un’ombra della Religion Naturale, adorando essi più Dei contro la natural ragione, e con culto pieno di superstizioni abbominevoli.
Non l’hanno i Maomettani, mentre i loro dogmi sono vani, ridicoli, e contraddittorj. Questi son già compresi, come si sa, nell’Alcorano, dove l’empio Maometto fra gli altri errori pone la felicità del Paradiso in godere i piaceri brutali della carne. Di Più dice ch’egli è il Maestro dato da Dio agl’Israeliti, i quali, se a lui non avran creduto, saran da esso aggiudicati a gravissimi supplicj. Dice che’l suo camelo risusciterà, e salirà in Cielo a regnare con lui. In tanti luoghi poi si contraddice: poichè in uno dice che quelli i quali dalla retta via son traviati, non saran mai perdonati da Dio: ed in un’altro dce che i Demonj dovranno convertirsi per lo suo Alcorano. In un luogo dice che i morti tutti dovranno risorgere, ed in un’altro che niuno mai risorgerà. In un luogo dice che dee pregarsi per gl’Increduli, in un’altro lo nega. Ma la maggior contraddizione si è quella, dove dice che Gesu-Cristo è vero Profeta, e’l vero Messia promesso da Dio, e che ’l suo Vangelo è lume e confermazione del Testamento; ma poi nega esser Egli Figliuolo di Dio; sicchè lo rende vero impostore, mentre Gesu-Cristo si è dichiarato tante volte, e chiaramente per vero Figliuol di Dio, come ci attestano i sacri Vangelisti, che da Maometto sono insieme chiamati Santi.
Non l’hanno finalmente i Giudei, peirchè questi aspettano ancora il Messia, che la Religione Cristiana prova già venuto, come tra poco vedremo. Oltreché gli Ebrei, sebbene un tempo ebbero la vera Religione, nulladimeno dopo la venuta del Messia, da loro negata con perversa: ostinazione, son caduti in tanta cecità, che al presente la Religione che professano è forse più che l’altre piena: d’errori, superstizioni, e bestemmie contra Dio; mentre i Talmuddisti (quali si professano gli Ebrei odierni) dicono fra le altre inezzie, che alcuni Rabini una volta sdegnati contra di Dio, perchè in certa disputa Egli diè sentenza a favore del loro Emulo, lo scomunicarono: onde Iddio quasi riconoscentdo l’errore fatto, sorridendo con piacevolezza loro disse, Filii mei me vicerunt. (Gault. Sec. VI. in Thalmud. Er. 9) Dicono di più, che Dio da tempo in_tempo va ad un luogo solitario a far gran pianti, per aver distrutto il Tempio, e disperso il Popolo di Gerusalemme; e che quante volte se ne ricorda, si batte il petto con ambe le mani, e sparge due lagrime sull’Oceano. Di più, ch’Egli spende tre ore del giorno nello studio della Legge Mosaica, e l’ultime tre ore le spende a divertirsi con un pesce chiamato Leviatanne; che perciò una volta in questo tempo ad un certo Rabino riuscì d’ingannarlo, poichè si fece portare in morte dal Diavolo alle porte del Paradiso, dove furtivamente passò. Di più dicono, che Dio è reo d’un gran peccato, per aver sottratta ingiustamente parte di luce alla Luna, ed averla data al Sole, e che però ravvedutosi del male fatto, comandò poi a’ Giudei nella Legge, che per espiare detto peccato, essi offerissero a nome di Lui special sacrificio in ogni Novilunio.
Se dunque la Rivelazione è stata necessaria agli Uomini, come di sovra abbiam provato, e fuor della Cristiana, niuna Religione l’ha ricevuta, almeno intieramente; Dunque la sola Religione Cristiana ha la vera ed intiera Revelazione, la quale apparisce a lei data da’ Libri del Vecchio e Nuovo Testamento.
La suddetta pruova ella, è fortissima, ma è solamente negativa; veniamo ora alle pruove positive. Per prima, la stessa rettitudine e santità delle leggi che ha la Religion Cristiana, fa vedere ch’ella è Divina. Tutte le altre Religioni (come si è veduto) son piene di errori: la sola Cristiana è tutta retta e ragionevole, poichè in quanto alle cose di Fede, benchè insegni Misterj superiori alla ragione, niente nulladimanco insegna ripugnante alla ragione; essendo per altro giusto che Dio esigga da noi, che soggettiamo l’intelletto a credere ciocchè non comprendiamo col nostro basso intendimento, dando fede alla sua Divina Parola. In quanto poi a’ costumi, ben intendiamo che tutto è giusto e doveroso, così per ciò che iguarda Dio, come per quello che s’a partiene al Prossimo, ed a noi stessi: tutto è in tale armonia ed ordine, che meglio non può pensarsi o desiderarsi. Chi non vede, quanto è giusto che noi veneriamo un Dio, onorandolo ed amandolo sovra ogni bene, giacch’Egli è un Bene infinito? Quanto giusto che ciascuno ami e tratti i suoi Prossimi come sestesso, e com’Egli desidera d’essere amato e trattato dagli altri? Così certamente si evitano tutte le ingiustizie, e dissenzioni; ed all’incontro colla carità si conserva la pace comune. Quanto giusto poi che noi, per conservare la pace, e ’l buon ordine in noi stessi, ci asteniamo dalle intemperanze, dalle dissonestà, dalle superbie, dalle impazienze, e da’ mali desiderj o compiacenze?
Per secondo si prova la verità della Religion Cristiana, e delle Divine Scritture dalle Profezie, fatte in esse Scritture, ed indi avverare nel tempo e modo predetto. Ed è certo che la Profezia, essendo prescienza e predizione degli avvenimenti futuri, ed anche delle future azioni e cogitazioni libere, non può essere che da Dio, ch’è di Sapienza infinita, e sa le cause di tutti gli effetti, e contiene tutti i tempi nella sua eternità.
Innumerabili son le Profezie registrate precisamente nel Vecchio Testamento, e poi avverate a’ suoi tempi; ma noi ci contentiamo di notar qui brevemente quelle sole che riguardano la venuta del Messia; perché di quest non può dubitarsi che sieno state verameme enunciate nel Vecchio Testamento; mentrechè se mai da’ Cristiani fossero state maliziosamente aggiunte (come alcuno volesse opponere ), ed inserite ne’ suo libri, certamente gli Ebrei, i quali negano la venuta del Messia, e da’ quali queste Scritture sono a noi pervenute, certamente le negarebbero, e notarebbero le mutazioni, e false aggiunzioni fatte da’ Cristiani. Ma gli Ebrei non le negano: solamente essi sconciamente le interpetano a loro capriccio per altre persone, e non per lo Messia: opponendosi in ciò a’ Rabini che furono prima di Gesu-Cristo, i quali senza dubitarne spiegarono tutte queste Profezie del Messia, secondo credono i Cristiani, come dimostrano l’Oezio de Demostr. Evang. ed il Calmet nella sua Dissertazione del Messia.
Vi è per prima la Profezia di Giacobbe (Gen. cap. 49.) che dicea così: Non auferetur sceptrum de Juda, et Dux de fœmore ejus, donec veniat qui mittendus est; et ipse erit expectatio gentium. In questa Profezia dunque si predisse che ’l Messia sarebbe allora venuto, quando Giuda, cioè quelli della Tribu di Giuda avessero perduto il Regno, o sia il Dominio supremo, significato per lo Scettro. E ciò ben si avverò nella venuta di Gesù Nazareno a tempo dell’Imperador Ottaviano, poiché la Tribu di Giuda fino all’anno 4o. prima della Nascita del Messia, sempre ebbe Principi e Giudici, che ritennero la podestà suprema del governo; ma dopo, il Senato Romano diede loro per Re Erode di Nazione straniera; Ed indi l’Imperadore, avendo rilegato Archelao figlio di Erode, ridusse la Giudea in Provincia, trasferendo la podestà civile al Procuratore da lui mandato. Ed a tempo di Tito, quando questi distrusse Gerusalemme, e’l Popolo de’ Giudei si disperse, anche la podestà Ecclesiastica fu loro tolta.
Per secondo vi è la Profezia di Daniele che dicea così: Septuaginta Hebdomades abbreviate sunt super Populum tuum, et super Urbem sanctam tuam, ut consummetur prævaricatio, et finem accipiat peccatum, et delatur iniquitas, et adducatur justitia sempiterna, et impleatur visio, et Prohetia, et ungatur Sanctus sanctorum. Scito ergo, et animadverte: Ab exitu sermonis, ut uterum ædificatur Jerusalem usque ad Christum Ducem Hebdomades septem, et Hebdomades sexaginta duæ erunt (alle quali aggiunte le sette qui antecedentemente nominate, e l′una che appresso si annunzierà, compongono le 7o. settimane che a principio della Profezia stanno predette), et rursum ædificabitur platea, et muri in angustia temporum. Et post Hebdomadas sexaginta duas occidetur Christus; et non erit ejus Populus, qui negaturus est. Et Civitatem, et Sanctuarium dissipabit Populus cum Duce venturo; et finis ejus vastitas, et post finem belli statuta desolatio. Confirmabit autem pactum multis Hebdomada una; et in dimidio Hebdomadis deficiet Hostia et Sacrificium; et erit in Templo abominatio desolationis; et usque ad consummationem, et finem perseverabit desolatio.
Fu dunque predetto in questa Profezia, che 'l Messia dovea venire e morire fra lo spazio di 70 Settimane. Ogni settimana, secondo la sentenza comune, abbracciata dagl’Interpreti e Teologi (checchè si dicano alcuni pochi), importa sette anni: sicchè fanno in tutto anni 490. Or giusta la Profezia questi anni debbon cominciare a numerarsi dal tempo che uscì l’Editto dell’Imperador Persiano, il quale diè il permesso a Neemìa di reedificare la Città el Tempio di Gerosolima. Questo Editto poi, alcuni dicono essere stato concesso da Dario Istaspide: altri da Artaserse Longimano, ma altri dicono dall’anno 7. del Regno di questo Monarca, altri dal vigesimo, ch’è l’opinione più comune (come può vedersi in Natale d’Alessandro, e presso Calmet nella Dissertazione sovra Daniele), secondo la quale è già venuta a succedere la morte di Gesu-Cristo nel fine dell’ultima settimana; poichè (come sta indicato in Esdra lib. 2. cap. 2.) nell’anno 20. di Artaserse fu eseguito il suo Editto; e quest’anno 20. di Artaserse (secondo la Cronologia di Eusebio, di Tucidide, e d’altri) accadde nell’anno ducento settanta di Roma, che fu l’anno 487. antecedente all’anno 29. dell’Era Volgare. Del resto qualunque opinione si tenga del principio delle settimane, dond’egli debba computarsi, tutti concordano che la differenza non è più che di sette in dieci anni; essendochè sebbene altri segnano l’anno 7. altri il 20. d’Artaserse, nulladimeno in ciò non v’ha forse alcuna, o almeno vi è poca differenza, mentre i primi segnano il tempo in cui Artaserse cominciò a regnar solo, i secondi il tempo in cui regnò insieme con Serse suo Padre. Sicché quantunque siano diverse le opinioni degli Autori, tutte nulladimanco convengono, che le 70. Settimane vadino a finire circa i tempi della morte di Gesu-Cristo. E ciò dee bastarci, poichè l’adempimento della Profezia non solo ha da conoscersi dal computo degli anni, ma anche dagli altri segni speciali prenunziati, come dalla distruzione di Gerusalemme, e dalla dispersione de’ Giudei, avvenute già dopo la morte del Messia, come stava predetto. E questi sono i fatti sostanziali, a’ quali principalmente è diretta la Profezia; onde vedendo già, che quelli sono avverati, non dobbiamo metterci in dubbio per la diversità delle opinioni de’ Cronologi, i quali, trattandosi di tempo così lontano, e del computo di tanti anni, non è maraviglia che si dividano. Tanto più che neppure può fissarsi con certezza, quale sia stato l’anno preciso della morte di Gesu-Cristo, per tante altre opinioni che vi sono. Sicchè concludiamo in ciò doversi seguire per vera quella sola opinione che s’accorda co’ fatti già accaduti, e co’ fatti che da niuno son contrastati.
Di più v’è la Profezia d’Ageo nel cap. 2. dove si legge che ’l Profeta animò gli Ebrei a rifabricare il Tempio, perchè ivi sarebbe venuto il Messia a glorificarlo: Confortare Zorobabel.... veniet desideratus cunctius gentibus; et implebo domum istam gloriä, dicit Dominus exercituum. Magna erit gloria domus istius novissimæ, plusquam primæ: et in loco isto dabo pacem. Dunque predisse il Profeta, che quello sarebbe stato l’ultimo Tempio, ma ch’esso sarebbe stato più glorioso del primo: non per l’oro o per l’argento, ma perchè ivi sarebbe venuto il Messia desiderato, che l’arebbe glorificato colla sua presenza, e col dare nel medesimo la pace a tutte le genti. Or questo Tempio è stato già distrutto dopo la morte di Gesu-Cristo; se dunque durante questo Tempio dovettero tali fatti avvenire, in qual’altro tempo noi li troveremo avvenuti, fuori del tempo della morte di Gesu.Cristo?
Lascio le altre molte Profezie così del Vecchio, come del Nuovo Testamento, perchè supposta la verità già provata di quelle solamente che abbiamo addotte, è superfluo il provare l’esistenza e l’avveramento delle altre. Il voler dubitare poi, se le suddette Profezie sieno state scritte prima, o dopo de’ fatti avvenuti, e se veramente scritte da’ Profeti, come si legge nella Sacra Scrittura, ciò non può scusarsi da una gran temerità: poichè i loro libri comunemente sono stati ricevuti sempre come genuini, onde per privargli di questo antico e certo possesso, dovrebbesi da Contrarj provare con ragioni chiare e certe, che sieno essi apocrifi . Gli stessi nemici più infesti della Religion Cristiana, come Celso, Porfirio, Giuliano, etc. non hanno lor contesa la loro genuinità. Oltrechè domandiamo, quali altri mai poteano essere gli Autori veri di questi questi libri, fuori de’ Profeti nella Scrittura nominati? Non certamente i Gentili. Non gli Ebrei, mentre in questi libri vi sono tante cose di loro obbrobrio: e di più vi sono le suddette Profezie, che chiaramente provano la venuta del Messia ch’essi negano; onde non poteano gli Ebrei essere autori di ciò ch’eglino con tanto impegno ributtano. Non i Cristiani, per la ragione già mentovata di sovra, poiché i Giudei ne avrebbero certamente appurata la falsità, e così si sarebbero ben liberati dagli argomenti che i Cristiani da’ libri de’ Profeti contro di loro ricavano.
Di più provasi la Divinità della Religione Cristiana con i Miracoli nelle stesse Scritture registrate. I veri Miracoli son quelli che eccedono la virtù naturale, onde non posson farsi che da Dio: il quale all’incontro non può approvare con Miracoli una Dottrina che sia falsa. Perlochè quella Religione in cui si trovano veri Miracoli, specialmente se sian fatti in confermazione della di lei dottrina, quella dobbiamo tenere certamente per vera. Dicono i Contrarj, che noi non sappiamo dove arrivi la virtù della Natura, e la forza de’ Demonj. Ma rispondiamo: In quanto alla Natura, è vero che noi non conosciamo tutti i suoi effetti, ma nonpertanto ben ve ne sono alcuni che secondo la stessa ragion naturale, ed attesa l’uniforme sperienza delle cose, possiamo conoscere non esser possibile che avvengano se non per forza Divina, come il vedere il mare dividersi in due parti, facendo le stesse acque l’ufficio di mura per lasciar libera la terra al passaggio, come avvenne agl’Israeliti: il vedere il Sole che ferma il suo Corso al comando d’un Uomo, come avvenne a Giosuè: il vedere da una pietra sgorgare un torrente d’acqua al tocco d’una verga, come avvenne a Mosè: il veder risorgere a vita un defunto corrotto da quattro giorni, come accadde in persona di Lazaro: il veder saziato un Popolo di cinque mila persone con cinque pani e due pesci, come avvenne colà nella Palestina: il vedere un’Uomo risorgere dopo tre giorni della sua morte, ed uscire da un sepolcro chiuso, e custodito da molta gente, ed indi alla presenza d’un gran Popolo salire al Cielo, come avvenne a Gesu-Cristo. Chi mai può dire, o immaginarsi, che tali miracoli sian succeduti per virtù della Natura?
In quanto poi alla forza de’ Demonj, concediamo che Dio permette alle volte ch’essi operino alcuni prestigj (come operarono per mezzo de’ Maghi di Faraone): i quali per altro non sono veri miracoli, ma illusioni, le quali non hanno nè sussistenza, nè durata, come l’ebbero i Miracoli di sovra mentovati. Ma non permette mai Dio che tali prestigi si facciano da’ Demonj in conferma d’una falsa Dottrina, onde gli Uomini s’inducano poi a credere errori contra la vera Fede. Sicchè trovando noi tanti veri Miracoli operati in conferma della Dottrina della Religion Cristiana, e niuno in conferma della Dottrina dell’altre, dobbiamo dire ch’ella sola è la vera.
Che poi i Miracoli di sovra rapportati (oltre tanti altri per brevità omessi) sian veri ed indubitabili, si prova dalle stesse Divine Scritture in cui sian registrati, essendochè parte di essi son descritti nel Vecchio Testamento, la veracità del quale già di sovra si è provata; e parte nel Nuovo, in cui vengon riferiti da’ Discepoli di Gesu-Cristo, i quali andando incontro a’ tormenti ed alla morte per la verità della Fede, non potean certamente per fine umano intender d’ingannare i Popoli: o almeno non potean pensare d’ingannare i Giudei, i quali, se i fatti non fossero stati veri, chiaramente avrebbero fatto conoscer l’inganno, nè se ne sarebbero tanti convertiti. Tantochè ì nemici de’ Cristiani, come Svetonio, Celso, Giuliano, Porfirio, Luciano, questi parlando de’ Miracoli di Gesu-Cristo, cercarono bensì d’attribuirgli ad opere, del Demonio, ma non ebbero ardire di negare la verità de’ fatti.