Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Stanislao Corsetti

Stanislao Corsetti

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Marcantonio Colonna Giovanni Costa

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CORSETTI STANISLAO


Consigliere Municipale





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li uomini, che videro svolgersi i tempi della schiavitù d’Italia, che udirono i gemiti di un popolo, cui o in nome di Dio la volontà e la libertà era tolta, o nell’autorità di straniere dinastie, o nella selvaggia prepotenza di chi il caso facea dispotico della forza, o nelle barbare invasioni di Teutoni, di Galli, e d’Ispani, o nel tirannico assolutismo del prete; — gli uomini che contemplarono la patria nel tempestoso mare delle politiche rivoluzioni, travolta sovente dalle onde sanguinose, e nel suo naufragio essere abbandonata alla morte; gli uomini che le tenebre della ignoranza e della viltà videro sollevarsi d’intorno per coprire la luce della civiltà, che la caduta segnava dei despoti, e la trama svelava di chi un regno desiderava eterno nel mondo, facendosi sgabello della vana superstizione, delle chimere della fantasia umana, del sentimento di una religione piena di misteriose paure; quegli uomini, che tanta nequizia, e tanta jattura sulla patria videro pesare, mandarono un grido, per iscuotere i petti italiani, e incitarli alla lotta del progresso, alle battaglie mortali contro il demone sterminatore d’ogni più bella, più grande, più sublime opera, che l’ordine dei tempi civili reclamasse — il risorgimento degli oppressi fratelli dal fatale letargo di inazione politica, morale, civile. — E questo grido raccolsero nobilissimi cuori, anime grandemente italiane, e colla face ardente della libertà, unità, e indipendenza del proprio paese gli occhi dischiusero del popolo addormentato e sulla terra italiana incominciò la battaglia tra l’oppressore e l’oppresso, tra il padrone e lo schiavo, tra la vita e la morte. — E coloro che a queste lotte, [p. 78 modifica]presero parte, ben meritano che una parola di storia li scolpisca, e duole che molti rimangansi ignorati, perocchè mancò l’occasione onde una penna patriottica parlasse di loro. — E noi scrivendo di quei cittadini, che al comunale Consiglio di Roma appartengono, ci adopriamo a questo vuoto riparare, presentando cioè queglino, che acquistarono appunto per le opere loro una parola di storia. — E tra questi oggi notiamo Stanislao Corsetti, di che diremo in brevissimi tratti la vita. —

Nasceva egli in Roma nell’ottobre dell’anno 1806.

Suo padre Giovanni fu uomo saggio, onesto, e della famiglia amantissimo, onde volle il proprio figlio istrutto in tutte quelle virtù, che adornano il cuore dell’uomo. — Epperò Stanislao Corsetti non solo bevve al fonte di una perfetta educazione i precetti del buono ed onesto vivere, ma sì anco la mente rafforzò negli studî, e nel cuore ripose il germe di ogni nobile e retto sentire —

I tempi volgevano gravi, pesanti, e muti d’ogni luce serena, e d’ogni raggio, che la patria allegrasse, quando per la morte di Gregorio XVI saliva al trono pontificale Papa Pio IX, e fu come ad una notte tenebrosa succedesse il più bello e limpido giorno, imperciocchè il novello Papa si pronunciò di subito per la causa della civiltà e del progresso, e rivelando sentimenti liberali faceva intendere essere in cima de’ suoi desiderî la liberazione d’Italia dallo straniero dominio, e la prima gemma che egli poneva nella sua tiara, era l’amnistia dei proscritti politici, e la promulgazione di molte istituzioni liberali, onde fu che il Generale Garibaldi da Montevideo diriggeva al Nunzio pontificio queste parole — «Dal momento in cui ci giunsero le prime muove dell’esaltazione al trono del sovrano pontefice Pio IX, e dell’amnistia, che concedeva ai poveri proscritti, con una simpatia ed un interesse sempre crescente, noi contammo i passi che il capo supremo della Chiesa ha fatto sulla via della gloria e della libertà. Le lodi, il cui eco era giunto fino a noi dall’altra parte dei mari, il fremito col quale l’Italia accoglie la convocazione dei Deputati, e vi applaude, le saggie concessioni accordate alla stampa, l’istituzione della guardia civica, l’impulso dato all’istruzione popolare ed all’industria, senza contare le innumerevoli cure, tutte dirette al miglioramento, al benessere delle classi povere, ed alla formazione di una nuova amministrazione, tutto infine ci convinse esser finalmente uscito dalla nostra patria l’uomo, il quale comprendendo i bisogni del suo secolo, aveva sapuio, giusta i dettami della nostra augusta religione, sempre nuovi, sempre immortali, e senza derogare alla loro autorità, piegarsi all’esigenza dei tempi.» —

Ed il Corsetti nel bollore dei suoi giovani anni, nell’ardore de’ suoi sentimenti liberali plaudiva al pontificato di Pio IX, confidando, che dischiudesse [p. 79 modifica]le vie della gloria e della felicità della patria, ed assumeva quindi il comando del 7.° Battaglione della guardia civica, in cui grandemente si distinse e seppe il cuore de’ suoi militi affezionarsi. — Però nel mentre parea che le cose d’ltalia volgessero a migliore destino, Pio IX circondato dalla perversa setta dei gesuiti, e dei retrogradi, che amavano pascere i di loro malvagi istinti sulla mansuetudine e sulla ignoranza de’ popoli, revocava l’alta missione data agl’italiani di liberare il proprio paese, e fuggitosi a Gaeta, di colà invocava sopra Italia la barbara invasione di soldatesche straniere. — Sorgeva impertanto la Romana Repubblica, e la causa italiana fieramente sostenendo, faceva appello a tutti i cittadini, perchè concorressero al trionfo della libertà sopra la schiavitù, della civiltà sopra l’oscurantismo. — E di vero tutti gli animi dei patriotti infiammavansi, e all’ultima prova si apparecchiavano del sacrificio e della suprema vendetta. — La soperchiante forza dell’armi francesi venne minacciosa contro Roma — e l’ora successe in cui italiani e francesi si misurarono con le armi, e di sangue fu ampiamente bagnata la terra antica degli eroi, il suolo dei Bruti, dei Gracchi, degli Scipioni. — Il battaglione comandato dal Corsetti fè prodigi di valore, ed egli fu sempre primo nelle file ad incuoramento de’ suoi militi, che per verità si mostrarono degni del nome italiano, e rivelarono come nel loro petto non sia morta l’antica virtù. — Fu perciò che il Corsetti quale Comandante, rilasciò quindi certificato a tutti quei valorosi, che si erano distinti nel combattimento, e a richiesta del Generale Cleter, consegnò pur nota di coloro, che sopratutti si erano anco maggiormente distinti. — E dappresso a tali dichiarazioni del Comandante, s’ebbero quei prodi la medaglia per i benemeriti della liberazione di Roma. — Le bajonette straniere, per maggioranza di numero, avendo trafitto a morte la Romana Repubblica, schiudevano a Pio IX il cammino, pel suo ritorno a Roma, e una catena di lunghi dolori stringeva nuovamente i patrioti italiani. — Per il Corsetti incominciò una vita di persecuzioni, di vessamenti, d’affanni. — Imperocchè la polizia papale non solo lo teneva incessantemente d’occhio, ma lo perseguia con domiciliari perquisizioni, e aveagli perfino interdetto l’uscita dalle mura della città, e siccome uno de’ più grandi nemici del pontificio regime lo riguardava, onde stavan sempre sulle orme di lui gli sgherani del Papa-Re, i satelliti di una polizia composta d’uomini corrotti e venduti. — In quella condizione di esistenza durando, quanto abbia il Corsetti dovuto soffrire è agevole il comprendersi. — Il sole del 20 settembre 1870 disgombrò anche a lui la tenebra del lungo travaglio, e Roma capitale d’Italia fu salutata come il termine di lunghi martirî, come il compimento dell’unita, e indipendenza della patria. —

Il Comandante del 7.° Battaglione della guardia civica, che nel 1848-49 [p. 80 modifica]avea combattuto per la difesa di Roma, che aveva rilasciato quindi brevetti di valore ai suoi militi, il cittadino onesto e sinceramente liberale, l’uomo che ha fermezza di carattere, nobiltà di sentimento, ed una rara intelligenza, il Corsetti era immediatamente dai proprî concittadini, alla trattazione delle cose comunali destinato, eleggendolo Consigliere comunale. — Ed egli ben risponde a questa prova di stima e di affetto, chè assiduo è sempre alle comunali sedute, e prende interesse sommo e cura precipua in tutto quanto riguarda il bene della città, in tutto ciò che si riferisce al prosperamento del proprio paese —

Al Corsetti furon conferite le medaglie al valor militare, e bench’egli, modesto com’è, soltanto trovi compenso nell’aver combattuto per la difesa di Roma, per aver oprato a prò della patria, nulladimeno noi spesso osservando alcuni crociferi babbei, a chiamarli col Giusti, tra noi stessi diciamo: dunque le illustri decorazioni di collari e commende, i titoli insigni sono riserbati per coloro soltanto, che si curvano nella polvere delle corti, e si strisciano a piedi delle nullità altolocate, o vanno distinti per meriti guadagnati all’ombra di personaggi chiarissimi, che fortuna trae per i capegli, e sono gloriosi per splendore di caste e per vacuità di mente e di cuore? — non piuttosto esser debbono rare distinzioni, e sol concesse a coloro, che in alcuna degna opera le meritarono? — ma cui giova lo entrare in questo argomento, che oggi darebbe materia ai più lieti epigrammi, alle più saporite satire? — Noi questo accennammo per dire come siffatte onoranze vadano oggi cadendo abbasso. —

Il Corsetti pago di poter tributare la modesta sua opera alla patria, come può, vive nella quiete serena della famiglia. Egli si serbò sempre marito affettuoso di quella gentildonna, che fu la signora Donatilla Lezzani, ed è padre amorosissimo di un figlio virtuoso, e di una ornatissima figlia. —

Noi potremmo anche con maggior diffusione parlar del Corsetti, siccome discendente da antenati illustri, che in più parti della penisola in fatti d’armi si distinsero, onde anche il patriziato fiorentino ne ottennero, ma allo scopo di questa biografica pubblicazione, giovi aver notato lo Stanislao Corsetti come italiano schiettamente liberale, come cittadino ornato di bei pregi e degno perciò di essere raccomandato alla memoria postera e contemporanea. —