Azioni egregie operate in guerra/1688

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I là passò il Caraffa in Transilvania, per esigere dall’Abaffi l’intero accordato col Duca di Lorena. Ma perchè se ne prolungava il pagamento, Egli, giunto nella Capitale, armò la Piazza con dieci Cannoni. Schierò alcuni reggimenti, e dichiarò al primo Ministro della Transilvania, che colla forza avrebbe riscosso il pattuito. Soddisfatto interamente, contenne le milizie in severa disciplina, onde niuno ebbe a lamentarsene. L’Abaffi mandogli in regalo un Cavallo riccamente bardato, e un sacchetto d’Ungheri. Il Generale accettò quel Cavallo; Rifiutò l’oro per sè, e lo comprese nelle Contribuzioni [p. 214 modifica]dovute. Trattò poi i Nobili, ed inferiori con somma gentilezza. A’ primi tributava le onoranze confacenti al loro grado. Cogli altri si rendeva popolare, affabile, e conversevole. Si comperò l’affezione dell’Abaffi, e del suo Favorito, a modo che conseguì di metter presidio anche in Cronstat a’ confini della Valacchia, ed in altri Forti. Ottenne un dono di trenta mila tumuli di grano per gratitudine al buon ordine, e disciplina, con cui regolò le Soldatesche, onde da tutti si godesse una piena quiete. Ed in vero quello deve dirsi ottimo Conquistatore, che sa l’arte, ed ottiene non solo di espugnare le Città, ma ancora di conquistare, e conservarsi fedeli i nuovi sudditi.

La comunicazione della Transilvania cogli altri Stati Austriaci si rendeva difficoltosa per le varie Piazze, che tuttavia possedevano i Turchi di là dal Tibisco. Applicò il Caraffa ad aprirne una nuova assai comoda, e breve lungo il Maros, fiume navigabile. Assediò Lippa, che domina quelle acque. Espugnò per assalto la Città, e cogli incendj delle bombe costrinse la Fortezza di quattro buoni Baluardi, ed altri ripari a cedere colla prigionia del Presidio. Nè vi spese, che tre soli giorni. Distribuì a’ Soldati la ricca preda, ivi ritrovata. Ma perchè l’avarizia d’alcuni tentava di spogliare le donne, e i fanciulli, a’ quali aveva concessa la libertà, Egli giustamente sdegnato, ne uccise alcuni di propria mano.

Aveva terminati i suoi giorni il General Commissario Conte Rodolfo Rabatta estremamente affaticato nel maneggiare quella laboriosa carica con inalterabile fedeltà, e prudentissima economia1. La di lui dignità era ambita da molti soggetti cospicui. L’Imperatore la destinò al Conte Caraffa. Ma questi con umilissime suppliche, e con implorare la mediazione degli Amici in Vienna, s’industriò di declinarla. Cagionò maraviglia, ch’Egli rifiutasse ciò, che tanti pretendevano. Cesare replicò il comando, estese a maggior ampiezza la di lui autorità. Confermò a lui il governo della Ungheria superiore, e della Transilvania, colla facoltà di sostituire altri Generali, come fece, lasciando la direzione dell’armi nella prima al Conte Ottavio Nigrelli Cavalier Ferrarese, e nella seconda al General Co. Federico Veterani. A’ primi di Luglio colla maggior parte delle truppe, e con grosso contante si mosse verso l’esercito, che si radunava sul Danubio. In Seghedino fu trattenuto da una flussione negli occhi, liberato dalla quale proseguì il viaggio. Perchè le Soldatesche non perdessero tempo, le premise col General Piccolomini.

Sotto il comando del Marescial Caprara si raccoglieva ad Esech l’esercito Imperiale. Nell’Inverno passato governò Egli la Schiavonia. Diede ordini al Baron Tingen, che munisse gagliardamente i Castelli migliori, e spianasse i ripari de’ luoghi deboli. Sopra tutto invigilasse, [p. 215 modifica]perchè i Turchi non trasportassero viveri in Zighet, nè in Alba Reale. Alla primavera passò in Esech, per accalorare le nuove fortificazioni, che vi si alzavano. Comandò a’ Colonnelli, che distaccassero tante milizie, quante componessero un corpo di dieci mila uomini. Appena quattro mila ne ricevette. Disegnò un campo, per cui allogiarli. Radunò frumento in copia, e gran quantità di materiali, per fabbricar ponti. Pioggie continuate, e fiumi d’acqua ritardarono l’uscita de’ reggimenti da’ Quartieri. Capitatone un numero sufficiente s’incamminò il Caprara più basso. Occupò Illoch, abbandonato da’ nemici. Coll’opera dell’Haisler, e del Vallis espugnò Titul. Attendeva il Serenissimo di Lorena, ma febbri contumaci l’obbligavano al letto; e però S. A. E. di Baviera assunse il comando dell’Esercito. Consegnò al Principe di Baden un corpo di truppe, per invadere la Bossina. Ed egli generoso al sommo, ed animoso s’appigliò al passaggio del Savo, e all’attacco di Belgrado. La fortuna, che sovente protegge le risoluzioni coraggiose, prosperò il tragitto con rara felicità in faccia a’ Monsulmani. L’Elettore sempre presente a tutto incaloriva, affrettava, e per fino dava mano a’ preparativi, e all’esecuzione dell’ardita impresa. Colla medesima sollecitudine, e fervore promosse l’oppugnazione di Belgrado. E se i Cannoni fossero calati prontamente, la Città era assai prima soggiogata. Abbattute le mura poco forti, l’Elettore sotto gli occhi suoi, e coll’avvicinarsi assai d’appresso alle offese nemiche, sino all’esser ferito di freccia, incammino prosperamente l’ultimo tentativo. La guarnigione fece un fuoco spaventoso, per cui rimasero uccisi l’un dopo l’altro due Generali, che comandavano l’attacco. Ma replicati gli sforzi, fra un nembo di palle avversarie, i Cesarei salirono sulla breccia, e ne cacciarono i difenditori. Si credeva, che in quel posto non vi fusse se non un recinto solo, guadagnato il quale, rimanesse spalancato l’ingresso alla piazza. Ma contra l’espettazione s’incontrò un secondo fosso con in mezzo folta, e ben intesa palificata, dopo la quale s’ergeva un secondo muro. Conveniva per tanto formar un alloggio con materiali, e con questi coprirsi, e stabilire il piede sulle prime ruine. I materiali, creduti non necessarj, mancarono; perciò le Soldatesche, esposte affatto al bersaglio furioso della ritirata, meditavano di dar addietro2. Allora il Co. Vittorio Solari Cavalier Piemontese si fece avanti a tutti. Colla voce, e coll’esempio d’imperterrita fortezza gli animò a star costanti; finchè giungessero i Gabbioni, sacchi di terra, ed altri materiali, chiesti in diligenza. L’esempio di generosa fermezza, e le parole coraggiose del Conte tennero salde le truppe Alemanne, sin a tanto che avanzarono i Guastadori col necessario, da collocare avanti, e da riparare in qualche modo i colpi nemici. Alzato in fretta un parapetto di fascine, terra, ed altro, furono ritirati i feriti, e fatto sottentrare a’ stanchi a al[p. 216 modifica]tri battaglioni freschi. Attento il Co. Guido Staremberg, ad investigare cogli occhi, se v’era modo da calare nel fosso ulteriore, scoprì sulla sinistra la discesa non tanto ardua. Egli il primo si gettò abbasso. A gara lo seguitarono molti altri. Colle mani spiantarono i pali. Co’ cadaveri degli estinti resero meno profondo il fosso. Combatterono ferocemente. Quelli della diritta, commossi anch’essi fecero il medesimo. Tutti s’andavano aggrappando, per salire sull’ultimo recinto alquanto più basso. Vi giunsero. Sbaragliarono, quanti lo difendevano; nè trovando più ostacolo, s’impadronirono di Belgrado. I Turchi ch’ebbero tempo, si ricovrarono nel Castello. Indi si resero prigionieri.

Sopravanzava tutto l’intero Autunno per operare, e dalla Corte venivano ordini, perchè si andasse avanti. Il Sig. Elettore applaudito da tutto il Mondo Cattolico per l’acquisto felicemente condotto, ritornò a Vienna. Il Caprara, rimasto in capo, disegnava di prevalersi della confusione, e dello spavento disseminato tra’ Barbari, coll’avanzarsi a Nissa, ed impossessarsi di quella Città, indi di Nicopoli sul Danubio; quando una nuova guerra aperta sul Reno, chiamò alla difesa delle proprie Contrade le Soldatesche di Baviera, di Svevia, e di Franconia.

Nella Bossina il Principe di Baden aveva combattuto contra il Bassà di quella Provincia. Si diede a credere, che in numero assai minore fussero gli Ottomani. Ma quando si presentò in faccia loro, li rinvenne da quindici mila in circa; quando Egli non contava che tre mila Cavalli, e quattro Cannoni. La necessità, e la volontà de’ Soldati ansiosi di combattere, impegnò il conflitto. Sotto di lui militavano due Generali Italiani, il Co: Castelli, e il Piccolomini3. Il primo comandava sulla diritta, il secondo sulla sinistra. Il Principe si riservò l’accorrere da per tutto. Scielse un sito, in cui non potesse esser preso di fianco. Gl’Infedeli con impeto furibondo si lanciarono più volte addosso a’ Cristiani, i quali, come se fossero un muro saldissimo, si resero impenetrabili. Dato il segno di assalire, sbaragliarono gli Spay, e gli misero in rivolta affatto. Circondati poi i Gianizzeri, gli atterrirono miseramente, sicchè molti gettarono le armi. Molti, meditando la fuga attraverso a’ boschi, e alle paludi, furono trucidati da’ Dragoni, che posero piede a terra. Dieci volte quasi tutti i Soldati Imperiali scaricarono l’armi da fuoco. Tale fu la stabilità, con cui costantemente pugnarono. Lo stesso Baden potette asserire, d’aver uccisi cinque Barbari. Tutto il bagaglio, e doviziose spoglie arricchirono i Vincitori, de’ quali nemmeno ducento mancarono. Alzò gran grido questa Vittoria, per essersi riportata dalla sola Cavalleria contra truppe quattro volte superiori di numero, tra’ quali un corpo [p. 217 modifica]considerabile di Gianizzeri a piedi. Ma l’eccellente maestria, tanto del Baden, quanto de’ due Generali Italiani nel maneggiare, nello stabilire, e nello spingere con cariche robustissime le Corazze Alemanne al conflitto, indi rimetterle prontamente, ove Essi le comandavano, rendevano le medesime insuperabili, e sicurissime di vincere. Prodezze eguali le vedremo effettuate nell’anno seguente

  1. P. Filamondo suddetto tomo 2 pag. 65.
  2. P. Vagner tomo 2 pag. 51.
  3. P. Vagner tomo 2 pag. 52.