Astronomia/Capitolo sesto/1
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§ I.
Come la fotografia divenne un nuovo metodo di osservazione astronomica.
258. La fotografia costituisce oggi un nuovo metodo di misura, un vero e nuovo metodo di osservazione astronomica.
Numerosi ostacoli si dovettero superare per riuscire a un tale risultato, per stringere in connubio fecondo la fotografia e l’astronomia, quella uno fra i moderni trovati dell’ingegno umano, la più popolare fra le invenzioni del nostro tempo, questa la più antica, la più solitaria e forse la più aristocratica fra le scienze.
259. Un primo ostacolo a superare sta nella mobilità estrema del Sole, della Luna, dei pianeti, delle stelle, di tutti gli astri in generale.
Si vince questo ostacolo per mezzo di un meccanismo quasi di orologeria, il quale dà alla lente, che raccoglie i raggi luminosi partiti dall’astro, un movimento analogo e sincrono a quello dell’astro stesso, sicchè e lente ed astro movendosi di conserva, l’immagine dell’astro finisce per rimanere lungamente fissa nel fuoco della lente. Sono ormai comuni e varii questi congegni meccanici, detti in linguaggio tecnico montature parallatiche, che dànno al cannocchiale un movimento sincrono ed analogo a quello degli astri che si vogliono osservare.
260. Un secondo ostacolo complesso, e che praticamente si risolve in diversi ostacoli parziali, dipende dalla natura stessa dell’astronomia.
Essa vuole osservazioni, ed osservare non vuol dire vedere o rappresentare, ma è sinonimo di misurare. Le immagini date dalla fotografia, in quanto mirano a tornar utili all’ustronomo, devono avere, non come le immagine fotografiche ordinarie, la sfumatura e la grazia di un contorno artistico, ma la precisione netta e cruda di un contorno geometrico; devono avere dimensioni e caratteri tali che su di esse l’astronomo possa vedere quello a cui l’occhio anche armato di potente telescopio non arriva per ragioni fisiologiche od altro, possa fare misure che superino o almeno uguaglino in precisione quelle per altra via ottenibili.
261. Non basta quindi all’astronomo fotografare la piccola immagine che si forma al fuoco di una lente ordinaria, ridurre in seguito a dimensioni maggiori questa immagine, e sui successivi ingrandimenti suoi eseguire alla fine le misure. Coll’ampliarsi dell’immagine fotografica si ampliano ad un tempo i difetti propri della fotografia, nè le misure prese su immagini successivamente ampliate coi procedimenti proprii del fotografo possono ispirare fiducia.
A riuscire precise le misure devono essere fatte sulla immagine direttamente incisa dai raggi luminosi, e poichè la precisione vuole ad un tempo, che queste misure sieno eseguite su immagini sufficientemente grandi, necessità vuole che nella fotografia celeste si ricorra ad una disposizione ottica tale, che porti sulla lastra fotografica un’immagine dell’astro di sufficienti dimensioni.
262. Per ottenere grandi immagini non vi sono che due mezzi: impiegare una lente di breve distanza focale, ed ampliare l’immagine necessariamente piccola formantesi al suo fuoco, facendo che i raggi da essa immagine emananti attraversino un apparato ottico speciale prima di arrivare alla lastra fotografica sensibile; impiegare una lente di lunga distanza focale, capace di dare senz’altro un’immagine avente le dimensioni richieste, e là dove si forma quest’immagine porre la lastra sensibile.
Sul primo principio è fondata la costruzione dei così detti foto-eliografi, divenuti celebri per le applicazioni che se ne son fatte specialmente in Inghilterra.
Sul secondo principio è fondala oggi la costruzione della più gran parte degli strumenti destinati in astronomia ad osservazioni fotografiche, di quelli in ispecie usati nella fotografia delle stelle.
263. Già fu detto che l’immagine fotografica deve in astronomia avere un contorno preciso, netto, geometrico.
Nel paragrafo sesto del capitolo quarto fu detto anche che un raggio di luce il quale attraversa un prisma di vetro si decompone nei colori diversi dell’iride.
Quello che là si disse per un prisma, vale per ogni mezzo rifrangente, e per ogni lente; anche nell’attraversare una lente di vetro la luce si decompone nei colori diversi onde essa risulta, e poichè ad ogni colore corrisponde una speciale distanza focale, una lente dà di un corpo luminoso immagini diverse, diversamente colorate e situate in piani diversi.
Per poter usare con vantaggio delle lenti rifrangenti, fu necessario studiare il modo di riunire e di scolorare le immagini formantisi al loro fuoco, fu necessaria la scoperta dell’acromatismo delle lenti. Senza di essa sarebbe stato impossibile ottenere, per mezzo di una lente rifrangente, l’immagine scolorata, precisa dei contorni di un oggetto.
264. Ora l’acromatismo necessario alla precisione dell’immagine non è lo stesso per l’immagine luminosa e per la fotografica.
Per ottenere un’immagine otticamente precisa, bisogna cercare di riunire, di fondere quasi insieme tutti i raggi diversamente colorati dello spettro, ma più specialmente quelli che fanno sull’occhio un’impressione più viva, e che partono dalla regione dello spettro colorata in giallo.
La precisione dell’immagine fotografica richiede invece che insieme sieno riuniti quei raggi che emanano dalla regione dello spettro dotata di maggior potenza chimica, che agiscono sulla lastra fotografica sensibile con maggiore efficacia, e che appartengono alla zona dello spettro colorata in violaceo.
Le lenti ordinarie costrutte per i nostri cannocchiali non possono quindi essere senz’altro applicate alla fotografia, e specialmente alla fotografia astronomica. Si voglia usare un foto-eliografo oppure un cannocchiale di lunga distanza focale, bisogna costrurre nel primo caso l’apparecchio ottico destinato ad ampliare l’immagine data dalla lente obbiettiva, nel secondo caso costrurre la lente obbiettiva stessa in modo che sia chimicamente acromatica.
E l’uno e l’altro problema fu felicemente risolto, ed oggi specialmente, per le lenti chimicamente acromatiche, si hanno metodi sicuri e diversi di costruzione.
A Iena, in Germania, dopo un lungo e ostinato lavoro, si sanno oggi fabbricare nuove paste vitree i cui indici di rifrazione vanno da 1.5019 a 1.9626 e che oggi permettono, nel caso limitato di diametri non superiori ai 15 cent. circa, la costruzione di obbiettivi dal punto di vista dell’acromatismo perfetti, obbiettivi dagli ottici e dai fotografi apprezzatissimi.
265. Dal momento che all’astronomia occorre di fare misure direttamente sulle immagini fotografiche, bisogna che queste sieno di dette misure suscettibili; bisogna che le immagine fotografiche non subiscano col tempo trasformazioni dovute al contrarsi della pellicola sensibile: bisogna che non esista irradiazione fotografica, che cioè l’immagine fotografica di un oggetto vivamente luminoso non ne oltrepassi il vero contorno geometrico; bisogna infine che la precisione possibile ad ottenersi con misure fatte su prove fotografiche sia quale è richiesta dalle esigenze astronomiche.
I progressi fatti dalla tecnica fotografica nella costruzione delle lastre sensibili, le esperienze fatte sulle prove fotografiche date da queste lastre non lasciano dubbio che a tutte le esigenze di un’osservazione astronomica la fotografia è ora in grado di soddisfare.