Astronomia/Capitolo sesto/2
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§ II.
Fotografie della Luna, di Giove e di Saturno.
266. Oramai la fotografia è il mezzo più efficace di cui la scienza possa disporre nella costruzione delle carte della Luna, e nello studio dei dettagli della superficie lunare.
L’esperienza ha dimostrato che parti della Luna ugualmente brillanti e luminose, uguali in altre parole del punto di vista ottico, tali non sono dal punto di vista chimico; che nelle immagini lunari fotografiche la luce e l’ombra non corrispondono in ogni caso alla luce e all’ombra delle immagini ottiche; che la fotografia rende di frequente visibili dettagli i quali sfuggono all’occhio.
Vi sono difficoltà speciali ad ottenere una bella fotografia della Luna; la parte ad esempio di superficie lunare più vicina, nelle fasi, al suo lembo oscuro si ottiene solo con grande difficoltà; talora a ricavare distintamente l’immagine delle regioni illuminate da un raggio solare molto obliquo si richiede un’esposizione da cinque a sei volte più grande di quella che basta per altri tratti apparentemente non più luminosi ma più favorevolmente illuminati; gli altipiani dell’emisfero australe della Luna si possono fotografare molto più facilmente che i bassi fondi, comunemente detti mari, i quali abbondano nell’emisfero lunare opposto.
Malgrado queste ed altre difficoltà di ordine diverso, il lavoro ostinato degli ultimi quarant’anni riuscì ad ottenere in Europa e in America fotografie lunari che ormai possono dirsi perfette1.
267. La fotografia poco o nulla contribui ad accrescere le cognizioni nostre sulla costituzione fisica dei pianeti. Quello che a questo riguardo sappiamo lo si deve alla Spettroscopia e all’osservazione diretta fatta con potenti cannocchiali: per la fotografia sono troppo piccoli i diametri apparenti dei pianeti; sono troppo piccoli gli ingrandimenti dei quali i fotografi possono con vantaggio usare; sono troppo minuti per una prova fotografica i dettagli che importa studiare sulle superfici di Marte, di Giove, di Saturno, dei pianeti in generale.
Due sono i casi nei quali la fotografia ha sull’occhio umano un vantaggio innegabile: il caso in cui si tratta di rappresentare un oggetto debolmente luminoso, una pallida nebulosa del cielo ad esempio: il caso in cui si tratta di rappresentare un oggetto intensamente luminoso come il Sole, o un oggetto lucido che rapidamente si muova. Nell’un caso il fotografo riesce nell’intento suo prolungando quanto è necessario la posa; nell’altro riesce aumentando la sensibilità della lastra, e riducendo ad un istante, a una frazione di minuto secondo, la durata dell’esposizione.
Nei casi intermedii fra i due estremi considerati, nel caso di Marte ad esempio, non di rado l’occhio e l’osservazione diretta vincono ancora oggi i metodi fotografici.
Fotografie di pianeti, di Giove e di Saturno in ispecie, furono in luoghi diversi eseguite, ed esse valsero a dimostrare che nella luce dei corpi celesti lo splendore e l’azione chimica, altrimenti detta potere attinico, non si corrispondono esattamente.
Lo splendore di Giove, ad esempio, in alcune circostanze fu stimato un terzo dello splendore generale della Luna, ed il potere attinico della sua luce fu contemporaneamente trovato uguale a quattro o cinque sesti di quello della luce lunare; Saturno in generale impiega 12 volte il tempo che Giove a produrre una fotografia di ugual perfezione, e, ciò malgrado, qualche volta in brevissimo tempo si riusci ad ottenere contemporaneamente la fotografia di Saturno e della Luna, proprio nell’istante in cui il pianeta emergeva di dietro al disco lunare.
Note
- ↑ Sono apprezzatissime fra gli astronomi le fotografie lunari fatte in America all’osservatorio Lick sul Monte Hamilton col grande cannocchiale di 36 pollici di apertura; le altre fatte all’osservatorio di Parigi e che formano l’ornamento precipuo dell’opera “Atlas phototgraphique de la Lune publié par l’observatoire de Paris exècutè par MM. M. Loewy et P. Pouiseux„ Paris, Imprimerie nationale, opera arrivata oggi al suo settimo fascicolo.