Perché su tutta la Terra, eccetto che all’equatore e ai poli, e perchè sulla Terra in qualunque epoca dell'anno, salvo che a quella degli equinozii, i giorni non sono eguali alle notti.

../8 ../10 IncludiIntestazione 15 ottobre 2019 75% Da definire

Joseph Norman Lockyer - Astronomia (1904)
Traduzione dall'inglese di Giovanni Celoria (1904)
Perché su tutta la Terra, eccetto che all’equatore e ai poli, e perchè sulla Terra in qualunque epoca dell'anno, salvo che a quella degli equinozii, i giorni non sono eguali alle notti.
Capitolo primo - 8 Capitolo primo - 10

[p. 43 modifica]

§ IX.

Perchè su tutta la Terra, eccetto che all’equatore e ai poli, e perchè sulla Terra in qualunque epoca dell’anno, salvo che a quella degli equinozii, i giorni non sono eguali alle notti.

40. Da tutto ciò che si è detto e dimostrato nei numeri precedenti si è potuto stabilire essere ben fondata la congettura che la Terra giri intorno al Sole, mantenendo il suo centro sopra una linea pressochè circolare chiamata eclittica.

Ho detto poc’anzi che l’equatore della Terra è inclinato sul piano dell’eclittica, ed ora proverò che questa inclinazione ed il congetturato moto della Terra intorno al Sole bastano a rendere ragione della diversa durata dei giorni e delle notti.

41. L’anno si divide in quattro stagioni: Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Questo fatto si [p. 44 modifica]collega intimamente colla diversa durata del giorno, sicchè ne troveremo la ragione nella spiegazione stessa di questa diversa durata.

42. Osservate la figura 10. S è il Sole, lontanissimo dalla Terra che è raffigurata nel circolo PEP’E’. La OS è una retta che passa per i loro centri e può quindi rappresentare di profilo o in proiezione il piano dell’orbita terrestre. Fig. 10. L’equatore EE’ è inclinato a questo piano e per conseguenza ad esso piano inclinato è pure l’asse di rotazione della Terra.

Il mezzo circolo superiore EPE’ appartiene all’emisfero nord della Terra, l’inferiore appartiene all’emisfero sud; a destra della linea o del diametro ab’ è l’emisfero oscuro, quello che ha notte; a sinistra quello per il quale è giorno.

Studiamo bene la configurazione presentataci dal disegno. Ecco: la Terra ruota nel verso della freccia: vedete voi i punti h, c? Essi, durante il [p. 45 modifica]giorno, percorrono ciascuno un arco di cui hr, cp sono le rispettive metà e di notte percorrono ciascuno un arco più grande di cui rh’, pc’ sono pure le rispettive metà; in altri termini, nella raffigurata posizione della Terra, i luoghi h, c dell’emisfero boreale hanno i giorni più brevi delle notti.

Che cosa avviene intanto per l’emisfero australe? Precisamente il contrario, giacchè i luoghi m, d di esso, la semplice ispezione della figura ne persuade, hanno i giorni più lunghi delle notti.

43. Ho detto poco fa che i due piani dell’equatore e dell’eclittica sono inclinati l’uno rispetto all’altro, che per conseguenza l’asse di rotazione, ossia l’asse polare della Terra, è pur esso inclinato al piano dell’eclittica.

La misura dell’inclinazione dell’asse polare è, naturalmente, in necessaria relazione coll’obliquità dell’eclittica, e questa essendo invariabile (o almeno potendosi in queste nozioni elementari ritener come tale), anche l’inclinazione dell’asse di rotazione è sempre eguale a sè stessa. Ma nello stesso tempo, ed è facile intenderlo, il circolo di illuminazione della Terra, rappresentato nel disegno da ab’, è sempre perpendicolare al piano dell’eclittica, rappresentato in proiezione da SO. Ne segue che l’asse di rotazione PP’ non può mai fare in nessun caso col piano del circolo d’illuminazione un angolo maggiore di quello che l’equatore fa coll’eclittica, mentre può benissimo in certi casi, che avremo occasione di esaminare un po’ più innanzi, trovarsi in quel piano stesso.

Pertanto, posto che nella configurazione rappresentata nel disegno si supponga che l’angolo della linea aO colla retta OP sia il massimo, cioè eguale all’obliquità dell’eclittica, la posizione della Terra [p. 46 modifica]nel disegno considerata si riferisce a quel punto del cielo annuale in cui cade per noi il giorno più corto, seguito dalla più lunga notte, punto che dicesi Solstizio d’inverno1 per il nostro emisfero, e che evidentemente per l’emisfero opposto rappresenta invece il Solstizio d’estate.

Noi vedremo fra poco che una seconda posizione, simile e simmetrica a quella or ora considerata, corrisponde per noi all’epoca della massima durata del giorno, e per l’emisfero opposto all’epoca della sua durata minima.

Intanto che cosa avviene ai poli della Terra? La figura lo mostra: entro un piccolo spazio intorno al polo P nord, compreso nel circoletto aa’ ossia sulla calotta polare aa’P, si ha notte per tutte le 24 ore del di che consideriamo; si ha giorno invece per tutte le 24 ore entro uno spazio eguale, compreso nel circoletto bb’ intorno all’altro polo P’ ossia sulla calotta polare australe bb’P’

44. Lo studioso può qui, osservando attentamente la figura 10, persuadersi che, qualunque sia l’angolo compreso fra la linea Oa e la retta OP (che sappiamo variar soltanto tra zero e il valore dell’obliquità), l’equatore resta pur sempre diviso per metà dal circolo d’illuminazione proiettalo in ab’, e che per conseguenza un paese situato sull’equatore deve aver sempre, come ha infatti, il giorno eguale alla notte.

45. Fra le varie giaciture che si potrebbero colla fantasia attribuire all’asse di rotazione, vi sarebbe quella per cui riuscisse perpendicolare al piano proiettato in SO, fig. 10, dell’eclittica. Ma oltre che quest’ipotesi non risponde ai fatti testè [p. 47 modifica]dimostrati, essa cade tosto da sè appena si rifletta un momento alle conseguenze che avrebbe per noi questa ipotetica condizione di cose.

Se essa infatti corrispondesse alla realtà, tutti i luoghi della Terra, percorrendo nella rotazione Fig. 11. diurna dei circoli divisi per mezzo da quello d’illuminazione, avrebbero costantemente i giorni e le notti di egual durata, cioè a dire sempre una stessa stagione simile a quella che oggi si ha in primavera ed in autunno. Ne deriverebbe una uniforme e graduale variazione di climi dall’equatore ai poli, temperandosi alquanto gli ardori dei paesi [p. 48 modifica]vicini ai tropici, e mitigandosi i freddi delle regioni prossime ai poli per la presenza del Sole sugli orizzonti polari in ogni giorno dell’anno, ne deriverebbe che le zone temperate non fruirebbero più dei calori canicolari a cui la nostra vegetazione va debitrice della sua rigogliosità.

Benchè l’eguaglianza del giorno e della notte al 22 di marzo e al 22 settembre sia un fatto che si potrebbe anche spiegare supponendo l’asse terrestre perpendicolare all’orbita della Terra, questa supposizione non è però ammissibile, perchè darebbe necessariamente luogo a fatti che in realtà non avvengono.

46. Debbo ora dichiarare che l’asse di rotazione della Terra, oltre all’essere inclinato sul piano dell’orbita terrestre, si mantiene anche sempre parallelo a sè stesso, intanto che la Terra ruota intorno ad esso asse e ad un tempo gira lungo la sua orbita intorno al Sole.

Possiamo noi stessi verificare facilmente questo importante fatto.

La Terra ruota, lo dimostrammo, intorno a sè medesima e la sua rotazione produce il moto apparente diurno della vôlta celeste. Rotatorio è il moto reale della Terra, rotatorio quindi dev’essere il conseguente molo apparente della vôlta celeste.

La rotazione reale della Terra si fa intorno ad un asse (asse polare o terrestre), e intorno ad un asse (asse celeste) deve farsi pure la rotazione apparente del cielo.

Ruotando la Terra, tutti i suoi punti descrivono circoli perpendicolari al suo asse di rotazione tranne due, i poli terrestri, che rimangono fermi, e lo stesso deve avvenire apparentemente del cielo; tutti i punti di questo devono apparentemente [p. 49 modifica]descrivere circoli perpendicolari all’asse celeste, due soli esclusi i quali rimangono fermi e che per analogia dovran dirsi i poli del cielo. E poichè la rotazione apparente del cielo è determinata dalla rotazione reale della Terra, l’asse della rotazione apparente celeste deve essere determinalo da quello della rotazione reale terrestre; e poichè il cielo abbraccia e chiude da ogni parte la Terra, l’asse celeste non può essere altro che l’asse terrestre prolungato, e dove quest’asse prolungato tocca la vôlta apparente del cielo debbono esservi i poli celesti.

Tutte queste cose sono letteralmente confermate dai fatti.

Osserviamo il cielo per una notte intera, e vedremo appunto le sue stelle percorrere altrettanti circoli paralleli fra di loro e tutti perpendicolari alla direzione dell’asse terrestre prolungalo. Osserviamolo meglio, e vedremo nei paesi nostri alto sul nostro orizzonte circa 45 gradi, mezz’angolo retto, un punto del cielo che rimane fermo tutta la notte; è uno dei poli celesti, il polo nord.

Per fortuna vicinissima a questo polo v’è una stella lucida, facilmente riconoscibile, che appartiene alla configurazione di stelle detta costellazione dell’Orsa minore, e alla quale appunto per ciò si dà il nome di stella polare.

Osserviamo una, due, tre notti di seguito, osserviamo per un anno intero il cielo, e vedremo ogni notte il polo celeste nord nella stessa posizione rispetto alla stella polare, e, poichè questa è una stella fissa, dedurre ne dobbiamo che il polo celeste nord, determinato come già dicemmo dal prolungamento dell’asse polare terrestre, non solo non si muove col moto apparente e di ogni giorno della vôlta celeste, ma per tutto l’anno corrisponde [p. 50 modifica]allo stesso punto dello spazio e in quello resta immobile2.

Questo fatto deve giungere inaspettato al lettore che riflette. Detto abbiamo che la Terra ruota intorno ad un suo asse, e che contemporaneamente ed incessantemente si sposta con grande velocità nello spazio. Se la terra cambia di posizione nello spazio, anche il suo asse polare cambiar deve la sua posizione nello spazio; e poichè in ogni istante l’asse polare terrestre determina l’asse celeste, cambiare deve di posizione nello spazio anche l’asse celeste; e poichè i due poli del ciclo sono determinati dall’asse celeste, anch’essi cambiare devono di posizione in cielo.

Il fatto ci avverte invece che e l’uno e l’altro polo celeste durante un anno non mutano punto di posto. Ora come mai questo avviene?

Avviene per le due ragioni seguenti: primo, perchè la vôlta celeste è a distanza infinitamente grande dalla Terra, tanto grande che rispetto ad essa il diametro dell’orbita percorsa dalla Terra attorno al Sole può considerarsi come una quantità trascurabile, come un punto; secondo, perchè l’asse della rotazione terrestre si sposta bensì con la Terra incessantemente nello spazio ma rimane sempre parallelo a sè stesso, ossia prende posizioni successive le quali tutte sono parallele fra loro.

47. È un fatto importantissimo, come già dissi, questo del parallelismo dell’asse polare della Terra nei diversi luoghi dello spazio da questa occupati [p. 51 modifica]successivamente, e senza di esso non potrebbe spiegarsi così semplicemente come si fa la varietà delle stagioni, l’ordine della loro successione, la loro dipendenza dalla variabile durala del giorno.

48. Nella figura 10 il Sole era rappresentato alla sinistra della Terra, nella figura 12 è invece alla destra, e ciò perchè nel frattempo la Terra ha compiuto un mezzo giro intorno al Sole. Fig. 12.

Poniamo le figure 10 e 12 di fronte; esse rappresentano due posizioni prese dalla Terra a sei mesi d’intervallo, ed in esse le due linee PP’ sono parallele fra di loro, e tali sono disegnale appunto per quello che si è appena dimostrato, che cioè l’asse della rotazione terrestre, in qualunque punto dell’orbita si consideri la Terra, è sempre parallelo a sè stesso.

Vediamo ora che cosa succede: adesso, fig. 12, nell’emisfero settentrionale gli stessi punti h, c, [p. 52 modifica]prima considerati nella fig. 10, percorrono sotto la luce solare archi più grandi di quelli percorsi nella oscurità, ed hanno per conseguenza il giorno più lungo della notte. Adesso nell’emisfero meridionale i luoghi d, m, contrariamente a quanto facevano nella fig. 10, percorrono durante il giorno archi più brevi che durante la notte. Adesso la calotta attorno al polo nord nel piccolo spazio compreso entro il circolo aa’ ha giorno per 24 ore continue, mentre ha notte di 24 ore invece lo spazio eguale che, limitato da bb’ circonda il polo sud.

Questa posizione della Terra, in cui la linea, ba’, che segna la proiezione del circolo d’illuminazione, fa di nuovo il massimo angolo (obliquità) coll’asse di rotazione, corrisponde all’estate, più precisamente al solstizio estivo del nostro emisfero e al solstizio d’inverno dell’emisfero australe.

Fra questa posizione della Terra e quella rappresentata nella figura 10 v’è pertanto un assoluto contrasto; lo stato cioè delle cose è nelle due figure invertito, come invertite sono le condizioni climatologiche che noi esperimentiamo nelle due stagioni d’inverno e d’estate.

Riflettete bene alla differenza fra le nostre condizioni climatologiche in queste due epoche dell’anno ed esaminate di nuovo le figure 10 e 12.

L’asse terrestre inclinato sul piano dell’orbita della Terra dovendo in ogni punto di essa orbita mantenersi sempre parallelo a sè stesso, fa si che nell’inverno (posizione della fig. 10) il polo nord della Terra si trova pendere dalla parte opposta al Sole, e che nell’estate (posizione della figura 12) esso si trova inclinato invece verso il Sole; ne segue che i due poli della Terra devono avere, ed hanno difetti, uno alla volta alternativamente per sei mesi giorno continuo e per sei altri mesi notte altrettanto continua. [p. 53 modifica]

49. Ora, con un semplice ragionamento, considerando, se vogliamo, soltanto il nostro emisfero, si può intendere come debbanvi necessariamente essere due epoche nell’anno, nelle quali tutti i luoghi della superficie terrestre indistintamente devono avere giorni e notti di uguale durata. Fig. 13.

Se si deve infatti, nel giro di circa sei mesi, dalla minima lunghezza del giorno, passare gradatamente e quasi insensibilmente alla massima, se nell’intervallo stesso di tempo si deve con vece inversa passare dalla massima alla minima lunghezza della notte, è pur necessario che arrivi [p. 54 modifica]quel momento in cui le durate del giorno e della notte siano eguali. E poichè il moto della Terra nella sua orbita è sensibilmente regolare e uniforme, quel momento deve cadere verso la metà fra i due solstizii: quel momento è l’Equinozio di primavera (22 marzo). La parola equinozio suona: Fig. 14. eguaglianza delle notti su tutta la Terra, e infatti in tutti i paesi della Terra (salvo che nelle immediate adiacenze dei poli) si hanno in tale epoca giorni di 12 ore e notti di 12 ore.

Una cosa simile deve accadere nel tragitto dall’estate all’inverno, ossia nella seconda metà dell’anno, quando i giorni, dopo esser stati i più lunghi, vanno decrescendo fino a raggiungere la loro [p. 55 modifica]durata minima, intanto che le notti variano in modo opposto; accade infatti, e verso la metà del secondo periodo considerato dell’anno abbiamo l’Equinozio di autunno (22 settembre), epoca nella quale di nuovo i giorni diventano, quanto a durala, eguali alle notti. Fig. 15.

50. Riassumiamo tutto quanto si è detto fin qui e osserviamo un po’ più dappresso una qualunque delle due posizioni della Terra che corrispondono agli equinozii.

Consideriamo la vicina fig. 14. La grande linea ovale è l’eclittica, sul cui piano immaginiamo di trovarci in piedi col corpo nell’emisfero nord del [p. 56 modifica]cielo; essa è percorsa dalla Terra nel verso delle saette. La Terra occupa su di essa, nel disegno, le quattro posizioni caratteristiche, per dir così, del suo moto, rappresentate in T1 T2 T3 T4. In dette quattro posizioni gli assi polari terrestri sono Fig. 16. inclinati al piano dell’orbita e paralleli fra di loro; il punto p segna il polo nord in ciascuna posizione e la linea abc l’equatore; vi prego di pôr mente alla giacitura del circolo d’illuminazione che divide la parte illuminata della Terra da quella in ombra.

51. Prendiamo in esame le posizioni T2 e T4. [p. 57 modifica]che corrispondono, come si scorge facilmente, agli equinozii.

Gli assi terrestri p, p sono disposti in modo, a motivo del loro parallelismo, da giacere nel piano del circolo d’illuminazione, e questo per conseguenza passa precisamente per i poli della Terra.

Da questa condizione di cose necessariamente deriva che nelle posizioni T2 e T4 un punto qualunque fra l’equatore e i due poli percorre, durante la rotazione della Terra, un circolo diviso per metà da quello d’illuminazione, così come avverrebbe se l’asse polare terrestre fosse perpendicolare all’eclittica. Consegue ancora che nelle posizioni stesse il giorno e la notte durano ciascuno 12 ore in tutti i luoghi della Terra, così come si è detto al capo 49. Solo per i luoghi vicinissimi al polo boreale, nella posizione T2 della Terra, comincia il gran giorno di sei mesi, e per i luoghi prossimi al polo sud esso finisce, mentre l’opposto accade nella posizione T4.

Le figure 11, 13, 15, 10, rappresentano la Terra così come sarebbe veduta dal Sole nei due solstizii e nei due equinozii.

Note

  1. La parola solstizio deriva da Solis statio, cioè fermata del Sole.
  2. Si fu qui astrazione dal moto proprio delle stelle fisse e dal moto del polo ogni anno piccolissimo, moti che diventano percettibili solo dopo osservazioni prolungate per decine e centinaia d’anni.