Aristide/Parte I
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PARTE PRIMA.1
SCENA PRIMA.
Cortile reale con fontana.
Aristide e Carino che dorme.
Nell’empia reggia a riveder la sposa?
Mille della sua fede
Prove mi diè. Ma prigioniera oppressa,
Temo che la sua fè non sia la stessa.
Scoprasi dunque... Ma che miro! Al suolo
Prosteso il servo mio riposa in pace?
Ehi, Carino, Carino.
Aristide. Perchè fuggi così?
Carino. Ahi, che mi sento
L’anima distillar per lo spavento.
Aristide. Non mi conosci ancor? Son io pur quello...
Carino. Vattene per pietà, demonio fello.
Aristide. Son pur quel tuo padron...
Carino. Il mio padrone
È Aristide di Grecia, e non Plutone.
Aristide. Aristide son io.
Carino. Lasciate un poco
Che meglio vi contempli. Agli occhi, al naso,
Alle spalle, alla vita, ai piedi, al tergo,
Alla voce senz’altro io vi discerno.
Adunque morto siete,
E lo spirito vostro andò all’inferno.
Aristide. No che vivo son io.
Questi neri colori
Son da me finti ad arte.
Carino. Per qual cagion?
Aristide. Per iscoprir la fede
Della consorte mia.
Carino. Male, malissimo.
Vi ponete, padrone, a un gran cimento.
Chi sapere e veder troppo desia,
Spesso discopre quel che non vorria.
Aristide. Dimmi, sei noto al re?
Carino. Sì, mi conosce
Per un servo d’Arsinoe.
Aristide. Eccolo appunto.
Guarda non mi scoprir; con la tua morte
Pagheresti 2 il delitto. (si ritira
Carino. Non temete, signor, ch’io starò zitto.
SCENA II.
Xerse3 e detti.
Ardo d’amor. Ma se sovvienmi4 ch’ella
Moglie è di quel per cui vacilla il regno,
S’accende nel mio cor l’ira e lo sdegno5.
Che farò? Sì, risolvo
Bearmi in lei pria che tramonti il giorno;
Ma vuò che il regio affetto
A me sia di piacere, a lei di scorno.
Carino.
Carino. Signor Sire,
Che comanda da me?
Xerse. Tu questo foglio
Reca ad Arsinoe.
Carino. Oibò.
Xerse. Come?
Carino. Non voglio
Che mi venghi sul dorso un qualche imbroglio.
Xerse. Prendilo, temerario. Io vuò che tosto
Ad Arsinoe lo porte,
O incontrerai nel mio furor la morte.
Carino. Carino meschinello,
Ora sei fra l’incudine e il martello.
Xerse. Risolviti, se no...
Carino. Signor, lo prendo.
Di già far il mezzano
È l’ uso familiar del cortigiano.
Xerse. Alla donna superba
Dirai, che se sottrarsi
Pensa dal mio volere, invan lo spera,
Ch’io son re vincitor, lei prigioniera.
Ma che son vincitor;
Che adoro il suo sembiante.
Ma tema il mio furor;
Che posso, e voglio.
Dille che a mia grandezza
Sua femminil fierezza
È lieve scoglio6).
SCENA III.
Aristide e Carino.
Aristide. A me quel foglio.
Carino. No, per amor del Cielo,
La mia vita è in periglio.
Aristide. Servo indegno, infedel, con questo ferro
Esanimarti io voglio7.
Carino. Per pietade la vita, eccovi il foglio.
Aristide. Infelice, che intesi!8
Ama la sposa mia Xerse crudele,
E con la forza ardisce
Violentarla il superbo! Eterni Dei,
Giuro di vendicar gli oltraggi miei.
Con questa spada
Farò che cada
L’empio inumano,
Barbaro re.
Voglio svenato
Quel dispietato,
Che levar tenta
La sposa a me.
SCENA IV.
Carino, poi Bellide.
Il mio paziente umore 9
Punto non si confà col suo furore 10.
Bellide. Quel giovine garbato, ehi, dove andate?
Carino. Dove che il re mi manda,
Ma con lei resterò, se mel comanda.
Bellide. Siete molto gentil.
Carino. Tutto per lei.
Bellide. Avete moglie?
Carino. No, ma la vorrei.
Bellide. (Come a genio mi va!)
Carino. (Quanto mi piace!)
Bellide. (Questo appunto sarebbe il mio bisogno).
Carino. (Vorrei dirle11 che l’amo, e mi vergogno).
Bellide. Perchè state sì muto?
Carino. Io non ardisco;
Per altro...
Bellide. Via, parlate.
Carino. Se il genio mio non fosse troppo ardito,
Esser vorrei...
Bellide. Che cosa?
Carino. Il suo marito.
Bellide. Volesse pur il Cielo
Che indegna non foss’io di tanto onore,
Ma temo che di me prendiate gioco.
Carino. Io, signora, per voi son tutto foco.
Nel fissarmi in quel bel viso
Fui colto, ferito, ed ucciso12;
Vorrei, ma temo;
So che non merito,
Chieder non so.
Bellide. Chiedete pur, chiedete,
Io son di buone viscere;
Tutto concederò quel che volete.
Carino. Chiedo la vostra mano.
Bellide. Eccola pronta.
Carino. Dunque son vostro sposo.
Bellide. Io vostra sposa.
Carino. Oh felice successo!
Bellide. Oh bella cosa!
Carino. Ma non vorrei che queste vostre viscere
Che furono per me tanto amorose,
Fossero in simil guisa altrui pietose.
Bellide. Mi meraviglio. Non son io di quelle,
Che prendono marito
Per goder libertà. Son donna onesta:
Porterete il mio onor sopra la testa.
Carino. Bene, così mi piace.
Bellide. Sarem d’accordo.
Carino. | a due | E ci godremo in pace | |
Bellide. |
Per il contento.
Carino. Nelle mie viscere
La gioia io sento.
Bellide. | a due | Andiamo a pascere | |
Carino. | Il nostro amor. |
Violini e flauti.
Carino. Via, che si tocchino
Violette e cembali.
Bellide. Trombette e timpani.
Bellide. | a due | Che ci accompagnino | |
Carino. | Un minuè. |
Fine della Prima Parte.
Note
- ↑ Nella prima edizione, Venezia, Valvasense, 1735, non esiste divisione in Parti e le scene sono tutte di seguito.
- ↑ Ed. Valvatente: Pagaresti.
- ↑ Nell’ed. Zatta (t. 35, I della cl. IV, 1794): Serse.
- ↑ Edd. Tevernin e Zatta: soviemmi.
- ↑ Zatta: fiamma di sdegno.
- ↑ Segue nell’ed. Valvasense: Dille etc.
- ↑ Manca questo verso nelle edd. Tavernin, Olzati e Zatta; e dopo ferro seguono dei puntini.
- ↑ Nell’ed. Valvasense c’è qui, e dopo superbo, l’interrogativo.
- ↑ Nelle edd. Tev., Olz. e Zatta: amore.
- ↑ Nelle cit. edizioni: favore.
- ↑ Nel testo: dirli.
- ↑ Così Valvasense. Nell’ed. Tevernin si legge: Langue in seno il cor ucciso; e nell’ed. Zatta: Langue in seno il cor conquiso.