Parte II

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Parte I Nota storica

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PARTE SECONDA.

SCENA PRIMA1.

Arsinoe, Cireno, poi Aristide.

Arsinoe. Lasciami, traditor.

Cireno.   Resisti invano.
Arsinoe. Dove pretendi, indegno,
Guidar un’infelice?
Cireno.   Al re che t’ama.
Arsinoe. Invan Xerse lo spera,
E tu lo speri invan, crudo ministro.
Cireno. Tuo malgrado verrai.
Aristide.   (Numi, che veggo!)
Arsinoe. Pria di mancar di fede
Ad Aristide mio, sarò di morte.
Aristide. (Oh bella fedeltà, cara consorte!) (a parte
Cireno. Superba, al braccio mio...
Aristide.   Lasciala, indegno.
Cireno. Temerario, chi sei?
Aristide.   Alla tua voce
Risponderà il mio brando.
Arsinoe. Numi del Cielo, a voi mi raccomando. (si ritira 2
Cireno. Questo colpo ricevi.
Aristide.   Ahi cruda sorte! (cade3
Cireno. Chi provoca Cireno, abbia la morte.
Ma la donna dov’è? Fuggì, disparve;
Rinvenirla saprò. Xerse l’adora,
Ma l’amo al pari4 anch’io,
Onde voglio in un punto
Al suo core servir, dar pace al mio.

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  Son vassallo, e son amante;

  Ho divisi5 col regnante
  Per colei - gli affetti miei,
  E sospiro anch’io mercè.
  Fan contrasto entro il mio core
  Il dovere con l’amore,
  La passion con la mia fè.

SCENA II6

Arsinoe, Bellide, Aristide.

Arsinoe. Partì l’indegno, ed il meschino al suolo

Cadde per mia cagion. Chi mai l’indusse
All’opra generosa? Ecco opportuna
Bellide a me sen vien. Fida compagna
Delle sventure mie, soccorri questo
Ch’or si muore per me.
Bellide.   Cieli, che miro!
Zitto, padrona mia, gettò un sospiro.
Arsinoe. Vanne; da quella fonte
Le fresche acque raccogli,
Aspergi il volto suo. Chi sa? potrebbe
Risvegliarsi così.
Bellide.   Dove si tratta
Di far la carità,
Donna di me più pronta non si dà.
Arsinoe. Volesse il Ciel che ritornasse in vita
Colui che l’onor mio
Generoso difese.
Bellide.   Eccovi un nappo
Pieno d’acqua gelata.
Arsinoe. Via, l’opera compisci.
Bellide.   Oimè! mi sento

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Nel mirarlo sì brutto un gran spavento.

Arsinoe. Via, non temer, non ti starò lontana.
Bellide. Par il diavolo proprio in forma umana.
Arsinoe. Eh Bellide, coraggio.
Bellide. Che mai sarà? Le donne per natura
Del diavolo non sanno aver paura.
Ecco, gli bagno il volto:
Poverin, poverino,
Par che respiri un poco.
Oh che acqua prodigiosa!
Voglio, quando è così, crescer la dosa.
Ma che veggo? Signora, oh che portento!
Si rischiara il color dal lato manco:
Il volto è mezzo nero e mezzo bianco.
Arsinoe. Qualche inganno tem’io. Finti colori
Saranno quelli al certo.
Aristide.   Oimè!
Bellide.   Sentite,
Ch’egli respira forte.
Aristide. Chi mi toglie alla morte? (s'alza
Arsinoe. Alla voce, all’aspetto, ancorchè informe,
Aristide mi sembra.
Bellide.   Al certo è desso.
Arsinoe. Oh felice avventura!
Bellide.   Oh bel successo!
Aristide. Che mirate, occhi miei? Quest’è la sposa.
Arsinoe. Sì, bell’idolo mio,
La tua7 sposa son io; sì, quella sono,
Che costante al tuo8 amor ricusa un trono.
Aristide. Cara, ti stringo al seno.
Bellide.   Al giorno d’oggi
Credetemi, signor, è una gran sorte,
Ritrovar fedeltà nella consorte.

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Aristide. Ma chi a te mi scoprì?

Arsinoe.   L’acque del fonte
Onde asperso tu fosti,
Ti coloriro in parte.
Bellide.   Eh, non v’è male.
Sembrate un mascheron di carnovale.
Aristide. Oimè, che fia? Se discoperto io sono,
Xerse mi ucciderà. Lascia ch’io vada
Il volto a colorir.
Arsinoe.   Potrai lasciarmi
Nel periglio così?
Aristide.   Fra brevi istanti
Ritornerò. Non dubitar9; destino
In questo giorno istesso
O liberarti, ovver morirti appresso.
Arsinoe. Ma la ferita tua...
Aristide.   Più non la sento;
Non temer, sarà lieve.
Arsinoe, addio; ci rivedremo in breve. (parte

SCENA III10.

Arsinoe, Bellide.

Arsinoe. Misera, che sarà?

Bellide.   Non vi affliggete;
Già per marito avete
Un bravo greco, valoroso e scaltro,
E se questo mancasse,
Ne troverete11 in breve tempo un altro.
  A una donna spiritosa
  Non può mai mancar marito;
  Sol chi fa la schizzignosa

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  Suol morir con appetito.

  Chi sta troppo sussiegata
  Disprezzata - ognor sarà.
  La catena altrui soave
  E l’usar finezze a tempo,
  Ma chi sta sempre sul grave,
  Odio solo imprimerà. (parte

SCENA IV12.

Arsinoe sola.

Ah, se mi toglie il Cielo

La dolce compagnia del caro sposo,
Tolgami ancor la vita;
Egli dell’amor mio fu il primo oggetto,
Ei l’unico sarà mio dolce affetto.
  Tortorella a cui tolse la morte
  L’infelice diletto consorte,
  Finchè il duolo riserbala in vita,
  Piange sempre, nè più si marita,
  Per serbar al suo sposo la fè.
  Idol mio, se di te resto priva,
  Finché vuole il destino ch’io viva,
  Più conforto al mio core non v è. (parte

SCENA V13.

Atrio magnifico con archi e statue.

Bellide e Carino.

Bellide. Maritino mio caro,

Or che uniti ci siamo in matrimonio,
Non vuò più che serviamo;

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La vita del servir troppo è stentata,

Non conferisce a gente maritata.
Carino. Ma come viveremo?
Bellide.   Oh che ignorante!
D’una donna industriosa sei marito,
E puoi temere che ci manchi il vito14?

SCENA VI15.

XERSE, Guardie e detti.

Xerse. Olà.

Carino.   Bellide, aiuto.
Xerse. Dimmi, recasti il foglio?
Carino. Signor sì, signor no. (Che brutto imbroglio!)
Xerse. Ad Arsinoe, fellon, non l’hai recato?
Carino. Dirò la verità: mi fu rubbato.
Xerse. Servo indegno, morrai. Tosto uccidete,
Miei custodi, il ribaldo.
Carino.   Aimè meschino!
Bellide. Temerari, insolenti,
Se alcuno farà oltraggio al mio consorte,
Saprò con le mie man darvi la morte.

SCENA ULTIMA.

Arsinoe, Carino e detti; poi Aristide.

Arsinoe. Sire, pietà.

Carino.   Signore,
Costei resiste ardita,
E superba t’oltraggia e ti disprezza.
Arsinoe. Difendo l’onor mio.

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Xerse.   Tanta fierezza16

Inutile sarà. Se non consenti
Soddisfar le mie brame,
Prosontuosa, morrai.
Aristide17.   Ma la sua morte
Cara ti costerà.
Xerse.   Che miro? Incauto,
Nella mia reggia stessa
Vieni vittima indegna al sacrificio18?
Aristide. Venni, barbaro, venni
Dalle tue insidie a liberar la sposa:
S’altra via non mi resta,
Per salvar l’onor mio, che la sua morte,
Per le mie mani stesse
La mia sposa morrà. Sazia, crudele,
L’ira nel sangue mio;
Uccidimi, se vuoi, ma nell’onore
Non m’oltraggiar.
Xerse.   Cotanto
A te preme la sposa e l’onor tuo?
Aristide. Sì, darei per entrambi e sangue e vita.
Xerse. Questa sola cagion qui ti condusse?
Aristide. A costo ancor del mio periglio estremo.
Xerse. Va, che degno tu sei
D’una sorte miglior. Chi vide mai
Tant’amor, tanto zelo,
Per l’onor, per la sposa? Un raro esempio
Tu sei de’ maritati. Un raro esempio
Alle spose sarà la tua consorte;
Che sì facil non è, come si crede,
Una moglie trovar di tanta fede.
Carino. (Il re, per quel che io sento, è molto scaltro).
Bellide. (Il re deve saperne più d’ogni altro).

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Aristide. Che risolvi perciò? (a Xerse

Xerse. Sì bella coppia
Io disunir non voglio:
Itene pur felici,
Bastami sol per ricompensa al dono,
Che assicuri la pace a questo trono.
Aristide. Io della Grecia19 in nome,
Un’eterna amistade oggi prometto.
Cireno. Io, che provai nel petto
Per Arsinoe fedel fiamme d’amore,
Con l’esempio del re smorzo l’ardore.
Aristide. Vieni, sposa diletta.
Arsinoe.   Al sen ti strìngo.
Xerse. Amici, andiamo al tempio,
E sia la vostra fede altrui d’esempio.

  Tutti.

  Viva la pace d’amor giocondo,
  Che non v’è al mondo
  Gioia maggior:
  Viva la pace, viva l’amor.
  In voi s’accenda la bella face
  Del dio Cupido,
  Costante e fido:
  Viva la pace, viva l’amor.


Fine.


Note

  1. Nell’ed. Valvasense, non essendovi la divistone in due Parti, è questa la scena V.
  2. Questa didascalia c’è solo nell’ed. Valvasense.
  3. Anche questa didascalia è nell’ed. Valvas.
  4. Nelle edd. Tevernin e Zatta è stampato per errore: l’amo pari.
  5. Ter. e Zatta: E divisi.
  6. Nell’ed. Valvas. è sc. VI.
  7. Nelle edd. Tev. e Zatta, per errore: sua.
  8. Tev. e Zatta: suo.
  9. Tev. e Zatta: Ritornerò, non dubitar.
  10. Nell’ed. Valvas. è sc. VII.
  11. Valvas.: trovarete.
  12. Nell’ed. Valvas. è sc. VIII.
  13. Sc. IX nell’ed. Valvasense.
  14. Così il testo, per la rima.
  15. Sc. X nell’ed. Valvasense.
  16. Nell’ed. Valvas. c’è qui l’interrogativo.
  17. Nelle edd. Valvas., Tev., Zatta è qui stampato per errore: Arsinoe.
  18. Valvas.: sagrifizio.
  19. Con le edd. Tevernin e Zatta. Nell’ed. Valvasense: grazia.