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ARISTIDE 19

SCENA IV.

Carino, poi Bellide.

Carino. Il padron da una parte, ed io dall’altra:

Il mio paziente umore 1
Punto non si confà col suo furore 2.
Bellide. Quel giovine garbato, ehi, dove andate?
Carino. Dove che il re mi manda,
Ma con lei resterò, se mel comanda.
Bellide. Siete molto gentil.
Carino.   Tutto per lei.
Bellide. Avete moglie?
Carino.   No, ma la vorrei.
Bellide. (Come a genio mi va!)
Carino.   (Quanto mi piace!)
Bellide. (Questo appunto sarebbe il mio bisogno).
Carino. (Vorrei dirle3 che l’amo, e mi vergogno).
Bellide. Perchè state sì muto?
Carino.   Io non ardisco;
Per altro...
Bellide.   Via, parlate.
Carino. Se il genio mio non fosse troppo ardito,
Esser vorrei...
Bellide.   Che cosa?
Carino.   Il suo marito.
Bellide. Volesse pur il Cielo
Che indegna non foss’io di tanto onore,
Ma temo che di me prendiate gioco.
Carino. Io, signora, per voi son tutto foco.
  Nel fissarmi in quel bel viso
  Fui colto, ferito, ed ucciso4;

  1. Nelle edd. Tev., Olz. e Zatta: amore.
  2. Nelle cit. edizioni: favore.
  3. Nel testo: dirli.
  4. Così Valvasense. Nell’ed. Tevernin si legge: Langue in seno il cor ucciso; e nell’ed. Zatta: Langue in seno il cor conquiso.